domenica 27 maggio 2012

Paura eh? Come far prendere altri voti a Grillo

Grillo, il segno del comando  colpisce la democraziaOggi si decide il futuro Ma attenti alle pulsioni che hanno covato nella crisi e nel berlusconismo
di Michele Ciliberto  l’Unità 27.5.12


Che cosa sta succedendo nel fondo del nostro Paese, a cosa allude il successo del movimento di Grillo, cosa significa? Si tratta di qualcosa di superficiale e di epidermico, destinato a durare lo spazio di un mattino, o rappresenta qualcosa di più profondo, con cui occorre misurarsi, al di là di quello che si possa pensare di Grillo e del suo movimento?
Penso che per fare un’analisi adeguata occorra partire da un punto che molti commentatori ed analisti politici tendono a oscurare, se non a dimenticare. Occorre, in altri termini, partire dalla crisi e dalla decomposizione delle forme della rappresentanza democratica nell’epoca del berlusconismo; in sintesi, occorre partire dalla lunga crisi della democrazia italiana.
Ricordiamo a chi sembra averlo dimenticato di cosa si tratta: dissoluzione di ogni funzione effettiva del Parlamento; predominio dell’esecutivo sul legislativo; lotta sistematica al potere giudiziario e alla sua autonomia; formazione di un ceto politico senza arte né parte, totalmente autonomo da ogni forma di controllo, imposto alla "volontà popolare" sulla base di una legge elettorale scellerata, tuttora in vigore, che non si riesce a togliere di mezzo. In breve: un distacco fra "governanti" e "governati" quale non si era mai visto nella storia dell'Italia repubblicana.
Il successo di Grillo nasce di qui, da un sentimento di rivolta nei confronti di tutto questo, acuito e potenziato dalla crisi sociale dell'Italia, dalla situazione internazionale, dal venir meno dei vecchi blocchi sociali e delle tradizionali appartenenze politiche. Oggi l'Italia è entrata in una fase di movimento e di sconvolgimento da cui può scaturire qualunque cosa.
Ma non è con Grillo che la nostra democrazia può uscire dalla lunga crisi che, prima in forma strisciante poi in modo clamoroso, la attanaglia fin dagli anni Ottanta. Cosa significhi Grillo sul terreno della democrazia è dimostrato da quello che può sembrare un "dettaglio" insignificante, e che invece è profondamente rivelatore di un "senso comune " che comincia a diffondersi. Quando il neo-eletto sindaco di Parma ha osato dire che i parmensi avevano votato lui e non Grillo, la comunità dei grillini si è scatenata sul web, come un solo uomo, ricordando all'ingrato che aveva vinto Grillo, che a Parma si era imposto il movimento, che Pizzarotti avrebbe fatto bene a ricordarlo se non voleva essere scomunicato.
Un "dettaglio", certo. Ma come hanno già detto Goethe e Flaubert, è nei "dettagli" che si nasconde la verità. In questo caso, la violenta reazione alla battuta del neo-sindaco di Parma di sapore inquisitoriale getta luce su cosa si agita nel fondo del movimento grillino: una forte pulsione "comunitaria ", una fortissima pulsione alla democrazia diretta, con la drastica trasformazione della figura del "rappresentante " in quella del "delegato" che può essere revocato in ogni momento dalla "comunità" che gli ha dato la delega.
Sono, l'una e l'altra, pulsioni letali per la democrazia rappresentativa e sono state causa e matrici di involuzioni autoritarie e dispotiche che hanno seminato, in genere, rovine nella vita dei popoli. Grillo però ed è questo il punto centrale comincia a dar voce a pulsioni di strati importanti della società italiana, incubate e potenziate dal berlusconiamo e dalla sua crisi, di cui sono frutti diretti. Come Berlusconi ha del resto compreso: con la proposta dell'elezione del Presidente della Repubblica con doppio turno, alla francese, ha fiutato subito il vento, cercando di mettere la vela al vento che soffia anche in altre parti dell'Europa .
Al fondo, quello che abbiamo di fronte in forma perfino più acuta e più aspra del passato è dunque il problema, sempre e ancora aperto, della democrazia nel nostro Paese. E qui non ci sono dubbi sulla battaglia che bisogna fare: come non c'è governo politico senza mediazione, così non c'è democrazia senza rappresentanza. Come ci ha spiegato Kant, nella democrazia diretta c'è la radice del dispotismo, della fine cioè di ogni democrazia. Allo stesso modo nelle ideologie "comunitaristiche" c'è la dissoluzione dell'individuo, della persona, della sua autonomia e libertà.
Ma se Grillo trova gente che lo ascolta vuol dire che interpreta istanze reali, ed esse concernono, in primo luogo, il problema del rapporto fra "governanti" e "governati" nella lunga crisi del berlusconismo in cui l'Italia è ancora immersa. Da questo punto di vista, c'è qualcosa di profondo che accomuna Grillo e Berlusconi: sono causa ed effetto della stessa crisi.
Sarebbe bene che gli apprendisti stregoni lo capissero e imparassero a non giocare con il fuoco (salvo poi lamentarsi per essersi scottati). Ma soprattutto è necessario che le forze del cambiamento abbiano tutta la consapevolezza della posta in gioco: riuscire a stringere in forme nuove, e in un circolo virtuoso, impetuose e ormai incoercibili esigenze di partecipazione e forme della democrazia rappresentativa è diventato, oggi, il problema immediato e ineludibile dell' Italia. Chi non lo capisce è veramente cieco: è qui che si decide il suo futuro .


il Fatto 26.5.12
L’intervista. Piero Ignazi, politologo
“Sopravviveranno se andranno a destra”
di Andrea Scanzi


Piero Ignazi, politologo sessantenne con cattedra di Politica Comparata all’Università di Bologna, nei suoi libri ha parlato di “nuovi radicali”, “polo escluso”, “utopia concreta”, “post fascisti” e “seduzione populista”. Nessuna di queste immagini, secondo lui, possono oggi essere accostate al Movimento 5 Stelle. “La loro non è utopia e neanche populismo. Sintetizzando la definirei protesta pragmatica, enfatizzata e spettacolarizzata da Grillo”.
Il Movimento 5 Stelle durerà?
Troppo presto per dirlo. È già successo che sia finita quasi subito, ad esempio con l’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini. Di sicuro, se durerà, dovrà cambiare. Affrontando una fase di istituzionalizzazione che sarebbe inevitabile a fronte di un chiaro successo alle prossime elezioni politiche. Se vogliono sopravvivere, devono istituzionalizzarsi. Non c’è altra strada.
Gli scontri interni, spesso incentrati sul ruolo dominante di Grillo, non sembrano per loro incoraggianti. Da cosa dipende la sopravvivenza?
Da molti aspetti, tra cui un dato a favore del Movimento: l’ampia fascia di elettorato libero. Soprattutto nel centrodestra. E proprio da lì dipenderà il successo definitivo. Nel programma del Movimento 5 Stelle ci sono sicuramente più idee associabili alla sinistra che non al liberismo berlusconiano, ma adesso la loro sfida è fare il pieno nel centro-destra.
Catalizzando i voti della Lega e non solo, a giudicare dal ballottaggio di Parma.
Tra gli elettori del centrodestra c’è molta ostilità. E il Movimento di Grillo la attira fatalmente. È un aspetto fondamentale. A quel punto, e Parma è emblematica, una parte di elettorato berlusconiano vota Grillo per fare un dispetto alla sinistra (che è sempre un bel motivo per loro). E l’altra parte lo vota perché avverte qualcosa di affine.
L’erosione dei voti a sinistra è già finita?
No. Il nucleo fondante rimane quello: i fedelissimi di Grillo sono principalmente delusi di sinistra. Ma i sostenitori della prima ora dei 5 Stelle non avrebbero mai portato alle cifre attuali. Il segretario del Pd di Bologna, commentando la vittoria risicata a Budrio, ha ammesso chiaramente che la situazione è molto meno rosea di quanto si vuol far credere.
Bersani pensa il contrario.
La sua retorica è comprensibile, vuole infondere entusiasmo e sicurezza. Il Movimento 5 Stelle, per avere successo, ha bisogno di un tessuto culturale denso: persone che leggono, che navigano in Rete, che si informano. L’Emilia Romagna è il teatro perfetto e le elezioni, sin dal 2010, ne sono la prova. Ma ripeto: se il botto vero ci sarà, sarà a destra. A sinistra Grillo può rosicchiare ancora qualcosa, ma non molto di più. A destra c’è invece tanto spazio da occupare.
Per il Pd, e per molti intellettuali, il Movimento 5 Stelle fa leva su populismo e demagogia.
È semplicistico. La protesta c’è e Grillo fa i suoi show, ma dietro ci sono molte idee positive. E concrete. Non si limita allo sterile abbaiamento alla Luna di Bossi. Penso all’attenzione per l’ambiente, per Internet. O alla lotta alle spese folli della politica.
Il programma è un po’ specifico. Forse di nicchia.
Erano specifici anche i programmi dei partiti veri, fino a vent’anni fa. Soprattutto sui temi ambientali. Poi si sono allargati e ramificati. Non sempre in meglio.
Perché il Movimento 5 Stelle è fortissimo e del Popolo Viola si sente parlare molto meno?
Credo che le due cose siano legate, anzi sono convinto che gran parte della società civile abbia trovato in questa realtà politica ciò che cercava. Indebolendo anzitutto Sinistra e Libertà e Italia dei Valori. Sono comunque felice che Grillo mi abbia dato ragione su un punto.
Quale?
In molti libri ho scritto che, in Italia, la nuova fase di protesta sarebbe rimasta in ambiti pienamente democratici. Grillo lo ha ribadito e dimostrato: in Francia votano Le Pen, in Grecia i neo-nazisti, da noi il Movimento 5 Stelle.

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