lunedì 28 maggio 2012
Un episodio significativo della Guerra Fredda culturale
E la Cia ci provò con Sartre: contro l’Urss
1958,
un numero speciale di Paris Review in difesa di Pasternak. Ora si
scopre da dove venivano i fondi per la rivista «al di sopra delle parti»
di Maurizio Molinari
La Stampa 28.5.12
Durante la Guerra fredda la Cia sfruttò l’apolitica Paris Review come
strumento per la proiezione del «soft power» americano in Europa: a
rivelarlo è Salon.com sulla base di alcuni documenti conservati negli
archivi della Morgan Library di New York. A gettare nuova luce sul ruolo
della «più grande piccola rivista della Storia», come la definì Time, è
una corrispondenza fra Nelson Aldrich, il direttore di base a Parigi, e
GeorgePlimpton, capo dell'ufficio di New York.
È il 1958, il Nobel per la Letteratura è stato assegnato allo scrittore
russo Boris Pasternak per il Dottor Zivago ma poiché il testo è uscito
clandestinamente dall’Urss, il Cremlino lancia una violenta campagna di
propaganda contro l’autore, che è obbligato a declinare con una lettera
al comitato di Oslo in cui ammette che sono state le pressioni
sovietiche a determinare la decisione. Per Plimpton si tratta di
«un’occasione da cavalcare» e propone a Aldrich di realizzare un numero
ad hoc, o magari un pamphlet, con i contributi dei maggiori scrittori
viventi per difendere Pasternak e condannare l’Urss. I nomi che
suggerisce sono quelli di Sartre, Aragon, Neruda, Waugh. E poi, in fondo
alla lettera, aggiunge che i fondi per pagare la pubblicazione
potrebbero arrivare dal «Congress for Cultural Freedom».
Il punto è che all’epoca questo «Congresso per la libertà culturale»
altro non era che un’organizzazione creata dalla Cia per finanziare in
Europa attività tese a contrastare l’influenza sovietica nei Paesi
alleati. Altri documenti relativi a Paris Review documentano frequenti
contatti con il Congress for Cultural Freedom sin dalla fondazione della
rivista nel 1953, incluse alcune occasioni in cui si parla di attività
congiunte, come ad esempio condividere le spese dei viaggi di lavoro di
giornalisti della rivista in Europa. Da qui l’impressione che Paris
Review possa essere nata con l’avallo della Cia nel bel mezzo della
Guerra fredda riuscendo a diventare una delle operazioni culturali più
riuscite, in quanto avrebbe ospitato scrittori come Roth, Naipaul,
Boyle, Jones, Moody, Kerouac, Carroll, Franzen e Eugenides,
guadagnandosi la credibilità di magazine al di sopra delle parti.
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1 commento:
Il numero uscì?
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