lunedì 15 ottobre 2012
Tradotto un importante testo di Pierre Bourdieu
Un premio per chi decifra il testo del risvolto [SGA].
Risvolto
Com’è possibile il riconoscimento e la decifrazione del significato
globale delle cupole, delle somme teologiche, della composizione grafica
dei testi? E, circolarmente, in base a quale criterio è possibile
assumerli come segni o significanti di concordanze logiche che
attraversano differenti sistemi simbolici piuttosto che come semplici
coincidenze cronologiche? Ecco i temi di cui si occupa Bourdieu in
questo breve scritto. Il problema di una teoria della conoscenza che
abbia al proprio centro sia la costituzione degli oggetti di conoscenza
che la loro decifrazione oggettiva viene così affrontato in modo
diretto e senza ritualismi. Tuttavia, prendendo a pretesto il dibattito
interno alla filosofia dell’arte, tale operazione viene compiuta senza
ignorare lo scarto fra i significati non solo estetici che un artista
attribuisce intenzionalmente ad un’opera e i significati che un
interprete è in grado di decifrare e di “costruire”. In esso si gioca
il tentativo – tutto svolto su un filo esilissimo di argomentazione
teso fra il paradosso e la regressione all’infinito – di cogliere una
alternativa possibile e percorribile al riduzionismo metodologico e
all’intuizionismo, “agli amici della terra” e ai “fisiognomici”.
Quel pensiero stupendo di cattedrali e manoscritti
Il movimento che porta dall'intuizione all'immaginazione nasce all'interno di specifiche relazioni sociali Pensato inizialmente come postfazione a Erwin Panofsky, il saggio è un'analisi del lavoro cognitivo
APERTURA - Fabrizio Denunzio il manifesto 2012.10.13 - 11 CULTURA
Il 25 ottobre del 1967, in un breve articolo dal titolo Le parole e le
immagini, pubblicato su «Le Nouvel Observateur», Michel Foucault
salutava con entusiasmo l'apparizione simultanea di due libri di Erwin
Panofsky. In quello stesso anno, del grande storico dell'arte tedesco,
comparivano in Francia gli Studi di iconologia e Architettura gotica e
filosofia scolastica. Di quest'ultimo in particolare, Foucault segnalava
che Pierre Bourdieu ne fosse l'artefice in quanto aveva riunito i due
saggi che davano il titolo al libro e li aveva commentati. Segnalazione
che, a guardarla a fatti avvenuti, ha qualcosa del profetico, visto che
sarà lo stesso Foucault, agli inizi degli anni Ottanta del Novecento,
con Raymond Aron, a sostenere l'ingresso del sociologo al Collège de
France.
Il commento a cui si riferisce il filosofo, in realtà è la
Postfazione che Bourdieu fece seguire alla sua traduzione dei due saggi
di Panofsky. Finalmente oggi, a quasi quarantacinque anni di distanza,
questo breve scritto è stato pubblicato in italiano con l'impegnativo
titolo Il problema del significato nelle scienze strutturali (a cura di
Carmelo Lombardo, Kurumuny, pp. 80), impegnativo perché, rispetto alla
«secchezza» dell'originale, rappresenta già di per sé
un'interpretazione.
Molto probabilmente Bourdieu si appoggiava al
titolo del libro di Panofsky per rendere «immaginabili» al lettore i
contenuti della sua Postfazione che, molto sinteticamente, consisteva
nel «rendere ragione del parallelismo osservato nell'evoluzione
dell'arte gotica e del pensiero scolastico». A tale riguardo, l'opera di
Panofsky si dimostrava decisiva non solo perché rilanciava l'intera
questione, ma soprattutto per il suo carattere fortemente sperimentale e
innovativo rispetto alle correnti teoriche dominanti nella storia
dell'arte: «Mentre il metodo strutturale si accontenta generalmente di
stabilire (il che non è poca cosa) le omologie che si stabiliscono tra
le strutture dei differenti sistemi simbolici di una società e di
un'epoca e i principi di conversione formale che consentono di passare
dalle une agli altri (...) Erwin Panofsky si sforza di scoprire la
"connessione (...) concreta" che rende completamente e concretamente
ragione della logica e dell'esistenza di queste omologie».
Ora, per
quanto sia il complesso concetto di habitus ad assicurare il
collegamento tra arte gotica e pensiero scolastico, i protagonisti veri e
propri di questa Postfazione rimangono degli oggetti concreti: chiese e
libri, cattedrali gotiche e manoscritti medievali, finestre e grafica
redazionale.
A dispetto del titolo italiano che relega il saggio di
Bourdieu nella categoria dei libri «specialistici» ad uso e consumo
degli scienziati sociali, Il problema del significato nelle scienze
strutturali va ben al di là di un pubblico di esperti. Infatti, «cerca»
lettori nei settori più diversificati perché, essendo un testo di
Bourdieu, è interdisciplinare, è un saggio in cui la sociologica cammina
con la filosofia, la storia dell'arte e la teoria della conoscenza.
Certo,
l'habitus gioca un ruolo decisivo nell'interpretazione che Bourdieu dà
di Panofsky poiché è quel «sistema di schemi interiorizzati» che,
fondando «l'unità della civiltà del XIII secolo», finisce con l'essere
comune tanto all'architetto gotico che al copista di manoscritti. In
altri termini, se le chiese e i libri di questo periodo presentano delle
omologie strutturali ciò è dovuto al fatto che l'agente architetto e
l'agente copista in fin dei conti lavorano con idee che hanno
interiorizzato dalla cultura del tempo. In più, bisogna tenere conto del
fatto che il concetto di habitus è uno di quelli a cui Bourideu, anche
in seguito a questa breve Postfazione, legherà il suo intero dispositivo
sociologico. Esistono, quindi, fondate ragioni teoriche per aver scelto
come titolo l'impegnativo Problema del significato nelle scienze
strutturali. Eppure, così facendo si priva il lettore della concretezza
immediata garantita da oggetti come le cattedrali gotiche e i
manoscritti medievali. Questo richiamo al concreto, però, non vuole per
nulla svalutare l'eccesso di teoria su cui punta il titolo italiano
della Postfazione. Tende semplicemente a salvaguardare quel senso
pratico della ricerca sociologica a cui Bourdieu non ha mai smesso di
riferirsi e che, ancora oggi, costituisce la fonte di maggiore interesse
per una sociologia culturale di matrice marxista.
La concretezza di
oggetti come le cattedrali e i manoscritti che si costruiscono con
l'attività lavorativa ha come suo correlato teorico un'idea di oggetto
che si costruisce con il lavoro cognitivo. Contro quelle correnti della
critica d'arte che affidano la comparazione degli oggetti di studio ai
dati immediati che trovano nell'intuizione e, allo stesso tempo, contro
la mentalità positivista che vuole sottoporre quegli stessi dati ad una
verifica empirica, Bourdieu ricorda che gli oggetti si costruiscono «con
un'analisi metodica e un lavoro d'astrazione». Agli intuizionisti che
idealisticamente credono di trovare gli oggetti già belli e fabbricati
così come si presentano alla coscienza, ai positivisti che
materialisticamente chiedono di verificarne l'esistenza con prove
scientifiche, Bourdieu oppone il lavoro pratico svolto dal soggetto per
costruire il suo oggetto.
In questa lotta che apparentemente si
disputa nel campo della storia dell'arte tra intuizionisti e
positivisti, in realtà Bourdieu ha trovato l'occasione per
riattualizzare il senso profondo della I tesi su Feuerbach nella quale
Marx vedeva fronteggiarsi gli idealisti e i materialisti volgari in
merito al modo in cui intendere l'oggetto e, prima di Bourdieu,
individuava nella prassi, nell'oggettività del lavoro soggettivo, una
nuova forma di materialismo che finalmente sapesse coniugare il
soggettivismo degli idealisti (l'oggetto come creazione esclusiva del
soggetto) e l'oggettività dei materialisti (l'oggetto come cosa da cui
il soggetto è assolutamente escluso).
A ben guardare, allora,
attraverso cattedrali gotiche e manoscritti medievali Bourdieu è tornato
ad interrogarsi sul posto che deve occupare la prassi trasformativa del
lavoro cognitivo nel marxismo contemporaneo.
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