martedì 11 dicembre 2012
Economisti liberal stupiti dal fatto che il capitalismo funzioni come il capitalismo
di Paul Krugman Repubblica e The New York Times 11.12.12
L’economia
americana, sotto molti punti di vista, è ancora adesso gravemente
depressa. Eppure gli utili societari stanno raggiungendo cifre da
record. Come è possibile? Semplice: gli utili si sono impennati come
frazione del reddito nazionale, mentre i salari e le altre retribuzioni
della manodopera sono in flessione. La torta non sta crescendo come
dovrebbe, ma il capitale se la passa bene arraffandone una fetta sempre
più grossa, a discapito della manodopera.
Un momento: stiamo forse
parlando ancora una volta di capitale in contrapposizione a lavoro? Non è
un argomento obsoleto? Un soggetto quasi marxista di cui parlare,
passato di moda nella nostra moderna economia dell’informazione? Beh,
questo è quanto molti pensavano. Per la scorsa generazione i discorsi
sull’ineguaglianza non si sono concentrati per lo più sul capitale in
contrapposizione a lavoro, ma su questioni di distribuzione tra
lavoratori, e quindi o sul divario esistente tra i lavoratori più
istruiti e quelli meno istruiti o sui redditi in forte rialzo di un
pugno di superstar nel campo della finanza e di altri settori. Questa
sì, in effetti, potrebbe essere storia passata.
Più specificatamente,
se è vero che i pezzi grossi della finanza stanno ancora agendo da
banditi – in parte perché, come ormai sappiamo, alcuni di loro
effettivamente lo sono –, il divario retributivo tra i lavoratori che
hanno un’istruzione universitaria e quelli che non l’hanno (che si acuì
molto in modo particolare tra gli anni Ottanta e i primi Novanta) da
allora non è variato granché. In verità, i lavoratori neolaureati
avevano redditi statici addirittura prima che la crisi finanziaria
colpisse. Sempre più spesso, gli utili stanno aumentando a spese dei
lavoratori in genere, compresi i salariati che hanno le qualifiche
ritenute adatte a portare al successo nell’economia odierna.
Perché
sta accadendo questo? Il meglio che posso dire è che vi sono due
spiegazioni plausibili, ed entrambe potrebbero essere vere in parte. La
prima è che la tecnologia ha preso una piega che colloca in posizione di
netto svantaggio la manodopera. L’altra è che stiamo assistendo agli
effetti di un palese aumento del potere dei monopoli. Provate a pensare a
queste due ipotesi come a una maggiore importanza conferita ai robot da
una parte e ai signori della rapina dall’altra.
Parliamo di robot: è
fuor di dubbio che in alcuni settori industriali di alto profilo la
tecnologia sta rimpiazzando sempre più lavoratori di tutti i generi o
quasi. Per esempio, una delle ragioni per le quali da qualche tempo
alcuni processi produttivi di articoli hi-tech stanno tornando negli
Stati Uniti è che ormai il componente di maggior valore di un computer,
la scheda madre, è fabbricato in pratica da robot, e di conseguenza la
manodopera asiatica a prezzi stracciati non costituisce più un motivo
valido per produrlo all’estero.
In un libro appena pubblicato e
intitolato Race Against the Machine (La corsa contro le macchine), Erik
Brynjolfsson e Andrew McAfee dell’Mit sostengono che la stessa cosa sta
avvenendo in molti campi disparati, compresi servizi quali la traduzione
e la ricerca legale. Negli esempi da loro addotti in particolare
colpisce il fatto che molti posti di lavoro soppressi richiedono alte
competenze e sono ben retribuiti. Ne consegue che lo svantaggio della
tecnologia non è limitato ai mestieri più umili.
E tuttavia:
innovazione e progresso possono danneggiare davvero un gran numero di
lavoratori o addirittura i lavoratori in genere? Spesso mi imbatto in
affermazioni secondo le quali ciò non può accadere. In verità, invece,
può accadere eccome, e illustri economisti sono consapevoli di tale
probabilità da almeno due secoli. David Ricardo è un economista
dell’inizio del XIX secolo famoso per lo più per la sua teoria del
vantaggio comparato, che costituisce uno dei capisaldi del libero
commercio. Ma nel medesimo libro del 1817 nel quale Ricardo illustrava
quella teoria c’è anche un capitolo su come le nuove tecnologie della
Rivoluzione industriale ad alto impiego di capitale di fatto avrebbero
potuto peggiorare le condizioni dei lavoratori, quanto meno per un po’.
Gli studiosi moderni puntualizzano che le cose in realtà sono andate
avanti così per parecchi decenni.
Che dire dei signori della rapina?
Di questi tempi non si parla molto del potere dei monopoli.
L’applicazione delle leggi anti-trust durante gli anni della presidenza
Reagan è stata per lo più abbandonata e da allora non è mai ripresa
davvero. Eppure Barry Lynn e Phillip Longman della New America
Foundation sostengono – in modo convincente, dal mio punto di vista –
che la crescente concentrazione di aziende potrebbe costituire un
fattore determinante ai fini della stagnante richiesta di manodopera,
dato che le
corporation usano il loro potere monopolistico in netta
espansione per aumentare i prezzi senza passarne gli utili ai propri
dipendenti.
Ignoro in che misura la tecnologia o il monopolio possano
spiegare la svalutazione della manodopera, in parte perché si parla
molto poco di quello che sta accadendo. Tuttavia, penso che sia corretto
affermare che lo spostamento del reddito dalla forza lavoro al capitale
non è ancora entrato nel nostro dibattito nazionale.
Quello
spostamento, peraltro, è in corso, e ha implicazioni ragguardevoli. Per
esempio, vi sono forti pressioni, lautamente finanziate, a favore della
riduzione delle aliquote fiscali applicate alle grandi società. È
davvero questo che intendiamo lasciare che accada nel momento in cui gli
utili sono in forte aumento a detrimento dei lavoratori? E che dire
delle pressioni volte a ridurre o abolire del tutto le imposte di
successione? Se stiamo per tornare a un mondo nel quale è il capitale
finanziario – e non le qualifiche professionali o il livello di
istruzione – a determinare il reddito, vogliamo davvero rendere ancora
più facile ricevere in eredità la ricchezza?
Come ho premesso, questo
dibattito non è ancora iniziato sul serio. In ogni caso, è ora di
iniziarlo, prima che i robot e i signori della rapina trasformino la
nostra società in qualcosa di completamente irriconoscibile.
(Traduzione di Anna Bissanti) © 2012, The New York Times
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