venerdì 15 marzo 2013

Compagno Romano

Perché la Russia di Putin non può processare Stalin
risponde Sergio Romano Corriere 14.3.13


Ho letto che nella ricorrenza della battaglia di Stalingrado, che iniziò il 23 agosto 1942 e terminò il 2 febbraio 1943, Volgograd ha ripreso per 6 giorni il suo vecchio nome. Il provvedimento è partito da Putin. È certamente una pagina gloriosa e la gloria fa dimenticare i crimini. Si combatté casa per casa, muro per muro, finestra per finestra. È solo grazie all'eroismo di alcune migliaia di soldati dell'Armata Rossa, all'arrivo del Grande Freddo e alla strategia del generale sovietico Zhukov che la Sesta armata corazzata della Wermacht venne sconfitta. Fu una delle più sanguinose battaglie della storia umana. Se i nostri media non fossero sommersi dai nostri guai questa denominazione avrebbe già scatenato i benpensanti.
Silverio Tondi

Caro Tondi,
Nelle maggiori società dell'Europa occidentale la critica del fascismo e del nazismo fu amplificata dai grandi movimenti studenteschi fra il 1967 e il 1968. Quei moti furono in buona parte una rivolta generazionale contro i padri, colpevoli tra l'altro di avere favorito o tollerato il fascismo, il nazionalismo, l'imperialismo, il colonialismo, l'antisemitismo. Comincia allora un processo al passato che coinvolge tutte le democrazie e persino la Chiesa cattolica. Nei decenni successivi le classi al potere dovettero, in una forma o nell'altra, fare ammenda per i peccati commessi dai loro predecessori e recitare il confiteor.
In Russia questo fenomeno non ha mai avuto luogo. Non poté accadere nel 1968, quando ogni movimento popolare sarebbe stato immediatamente represso dal sistema sovietico. Non accadde dopo il suo collasso perché la morte dell'Urss non fu provocata da una insurrezione popolare, ma da una grande operazione trasformista al vertice di un regime fallito. Gli uomini che andarono al potere dopo le dimissioni di Gorbaciov non erano liberali o socialdemocratici. Appartenevano alla classe dirigente dello Stato comunista e avevano capito prima di altri che l'Urss era ormai da molto tempo gravemente ammalata. Non avevano alcun interesse a promuovere epurazioni in cui sarebbero stati inevitabilmente coinvolti. Non volevano soffiare sul fuoco di una potenziale guerra civile fra i discendenti delle vittime e i discendenti dei persecutori. Fu permessa la nascita di alcune associazioni della memoria, fra cui quella (Memorial) fondata da Andrej Sacharov e Elena Bonner. Ma fu impedito che le purghe e il gulag diventassero il tema di un grande esame di coscienza nazionale.
Vladimir Putin è un ex funzionario del Kgb ed è stato presidente, dopo il collasso sovietico, dell'organizzazione che ne custodisce orgogliosamente l'eredità. Non sarà lui, naturalmente, l'uomo politico che metterà il comunismo sul banco degli imputati. Non dimentichi infine, caro Tondi, che fra Hitler e Stalin esiste una fondamentale differenza. Entrambi sono responsabile di grandi catastrofi e spaventosi massacri. Ma Stalin ha guidato il suo popolo contro l'invasore, si è dimostrato un eccellente stratega, ha regalato ai suoi connazionali la fierezza della vittoria, ha esteso le frontiere della patria. Non è necessario essere stati comunisti o filo comunisti per comprendere che è molto difficile per la Russia buttare via il «meraviglioso georgiano» senza rinunciare ad alcune fra le pagine migliori della sua storia.

Da Gorbaciov a Putin, Mosca ancora nel guado

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