domenica 10 marzo 2013
Medicina del medioevo
di Armando Torno Corriere Salute 10.3.13
Arnaldo di Villanova (in catalano Arnau de Vilanova) si incontra nella
storia della medicina e non manca in quella dell'alchimia; spunta nei
repertori di filosofia, ha persino un suo posto nella botanica, è
importante per comprendere talune correnti della spiritualità e della
teologia medievali. Potremmo aggiungere che ebbe anche incarichi
politici o meglio diplomatici, ma forse è il caso di limitarsi a
ricordare che fu uno di quegli spiriti medievali umanisti ante litteram.
È da evidenziare il fatto che lasciò tracce del suo sapere anche in
farmacologia, in chimica e in astrologia. La sua data di nascita è posta
tra il 1234 e il 1240, ma della prima parte della sua vita conosciamo
pochissimo, tanto che è persino difficile stabilire con certezza la sua
città di nascita (il toponimo Villanova era diffuso in Italia, Spagna e
Francia, anche se — nonostante i suoi studi universitari a Montpellier e
a Parigi — ha lasciato opere in catalano e latino). La data della morte
oscilla, a seconda delle fonti, tra il 1311 e il 1313. Finì i suoi
giorni al largo di Genova, nel 1312. Si stava recando ad Avignone per
curare papa Clemente V, uno dei suoi illustri pazienti. Perché occuparsi
di Arnaldo? Per un semplice motivo: Antoine Calvet ha raccolto le opere
alchemiche a lui attribuite, mettendo così a disposizione i suoi
scritti medico-profetici con testo e traduzione francese.
Viaggiatore instancabile, aveva appreso sia l'ebraico che l'arabo. Tra i
suoi allievi spicca il celebre mistico spagnolo Raimondo Lullo, che le
storie della filosofia ricordano anche come Doctor Illuminatus. La sua
fama di medico fu tra le più grandi; curò quattro Papi: Innocenzo V
(1276), Bonifacio VIII (1294-1303), Benedetto XI (1303-1304) e Clemente V
(1305-1314). Non solo, a questo dottore, allievo delle scuole di
Montpellier e Parigi, si affidarono diversi re, a cominciare dai due
d'Aragona, Pietro III il Grande (1276-1285) e Giacomo II il Giusto
(1285-1327), sino a Roberto d'Angiò (1309-1343) di Napoli; né sarebbe
mancato in Sicilia Federico II d'Aragona (1296-1337). Nel suo Breviarium
practicae, che ebbe una prima edizione a stampa a Venezia nel 1483, si
possono trovare osservazioni sulle malattie conosciute al tempo: Arnaldo
aveva utilizzato per la bisogna raggruppamenti che consideravano i
sintomi fisici, funzionali e soggettivi; soprattutto egli si concentrava
sulle cause, che differenziava in determinanti (eziologiche),
antecedenti (ereditarie) e congiunte. Le sue opere di medicina,
comunque, vennero più volte ristampate, anche se in edizioni incomplete:
da quella di Lione del 1504 alla parigina del 1509 o alla veneziana del
1514. Per tutto il XVI secolo Arnaldo è considerato un riferimento,
come prova del resto ancora l'impressione degli scritti uscita a Basilea
nel 1585. Del resto, i suoi molteplici interessi lo ponevano
continuamente al centro dell'attenzione: per esempio, in botanica si
dedicò allo studio dei semplici (ovvero alle varietà vegetali con virtù
medicamentose) ; il suo nome resta legato a taluni usi terapeutici delle
piante e all'utilizzo della teriaca (antico rimedio che si usava contro
il veleno da morsi di serpente). Nè va dimenticato che, grazie agli
interessi alchemici, resta un punto di riferimento quando si parla
dell'estrazione dell'alcol dal vino o per l'essenza di terebentina
(un'oleoresina che si ricava per incisione della corteccia di una pianta
della famiglia delle anacardiacee: si usava per le affezioni
bronchiali). Come se ciò non bastasse, al suo nome, per varie ragioni,
si rimanda parlando degli acidi solforico, muriatico e nitrico (anche
se, quasi sicuramente, si è limitato soltanto a scriverne) ; comunque il
suo Commentario al regime salernitano, che venne già stampato nel 1479,
ebbe una diffusione notevolissima. Infine — è qualcosa che oggi
potrebbe farci sorridere ma allora fu un'indicazione preziosa — nel suo
Libellus de improbatione maleficiorum, anche se ammetteva la realtà
degli incantesimi, parlò dell'esistenza di cause morbose nelle
manifestazioni di stregoneria. Il suo sapere medico, pur restando quello
di un vero maestro, sconfinava, come per molti personaggi del mondo
medievale e umanistico, in numerose discipline: Arnaldo non riuscì a
tenersi lontano da considerazioni escatologiche sulla fine del mondo o
dai pronostici riguardanti l'avvento dell'Anticristo (da lui previsto
nel 1367). Diremo, tra l'altro, che ispirandosi alle dottrine di
Gioacchino da Fiore e Pietro di Giovanni Olivi scrisse una Expositio
Apocalypsis e, appunto, un De adventu Antichristi: non occorre
aggiungere altro per spiegare la denuncia dei teologi di Parigi e, dopo
la sua morte nel 1316, la condanna dell'Inquisizione di Tarragona.
Non si limitò comunque a questo: nel 1304 presentò a papa Benedetto XI
un progetto per la riforma della Chiesa, invocante povertà, purezza,
umiltà e carità. L'improvvisa morte del Pontefice, il 7 luglio di
quell'anno, impedisce di conoscere gli esiti dell'iniziativa. Ma tale
fine è avvolta da fumi e incertezze: gli storici parlano di un'acuta
dissenteria, talune fonti religiose sostengono l'avvelenamento. In
quest'ultimo caso spunta il nome di un francescano, Bernard Délicieux,
il quale ebbe occasione di scrivere ad Arnaldo che, stando alle profezie
di Gioacchino da Fiore, la morte del Papa sarebbe avvenuta proprio nel
1304: il poverino fu incolpato senza eccessive difficoltà. Altre fonti
religiose, registrate soprattutto nelle storie della Chiesa o del papato
di età rinascimentale e barocca, ricordano che il vicario di Pietro in
questione morì a causa di una scorpacciata di fichi trattati in
precedenza con polvere di diamante. Come «sistematore» di un simile
piatto venne chiamato in causa Guglielmo di Nogaret, cancelliere di
Filippo il Bello, passato alla storia quale autore dello schiaffo a
Bonifacio VIII. Un atto che non commise, o almeno si trattò di una
sberla morale, non fisica: i suoi scritti rivendicavano l'autonomia del
potere regio rispetto a quello pontificio.
Per tornare ad Arnaldo di Villanova, aggiungiamo che ostinatamente
ripropose il progetto a papa Clemente V (1305-1314), successore di
Benedetto XI: questa volta sua santità non gradì l'orizzonte di
ristrettezze paventato per la Chiesa e fece mettere in prigione il
medico zelante. D'altra parte, il nepotismo di Clemente V fu dei più
forti, tanto che cinque membri della sua famiglia vennero creati
cardinali e ad altri lasciò somme ingenti. In prigione Arnaldo non restò
per molto, giacché nel 1309 sarà richiamato dal medesimo Papa, grazie
alle sue indiscutibili capacità mediche, per le cure di cui necessitava.
E quel sant'uomo gli aggiunse un incarico all'Università di
Montpellier.
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