sabato 23 marzo 2013

Per comprendere il nazismo è importante la filosofia ma anche un po' di storia non sarebbe male


Adolf Hitler. Una emozione incarnata per una interpretazione filosofica del nazionalsocialismoMassimo De Angelis: Adolf Hitler. Una emozione incarnata. Per una interpretazione filosofica del nazionalsocialismo, Rubbettino, pagine 183, € 16

Risvolto
Adolf Hitler, il movimento nazionalsocialista, e il rapporto di questo con il bolscevismo sono qui rivisitati alla luce del pensiero delle emozioni. Attraverso la rilettura di "Essere e Tempo" di Martin Heidegger e approfondita ricognizione dell'opera di Ernst Nolte, si individua nella "paura" e, più in profondità, nella "angoscia" di fronte al "nulla" l'emozione fondamentale che improntò di sé quel movimento politico e un'intera epoca. Si coglie così lo stretto rapporto filosofico tra il pensiero di Heidegger e il nazionalsocialismo e il significato filosofico della guerra civile europea. Attraverso questa chiave si giunge a una comprensione originale del perché Hitler è ancora, per la Germania e per l'Europa, un "passato che non passa" e in quale senso l'Olocausto rappresenta davvero un crimine "unico" contro l'uomo. Prefazione di Ernst Nolte. 

Hitler, lo sgomento del nulla
di Antonio Carioti Corriere 23.3.13

C'è chi pensa che la storia del Novecento, in particolare quella dei regimi totalitari, non si possa spiegare senza indagarne i retroscena filosofici. Ne era convinto il pensatore cattolico Augusto Del Noce e lo sostiene da sempre lo storico tedesco Ernst Nolte. Sulla loro scia si colloca il saggio Adolf Hitler. Una emozione incarnata (Rubbettino, pagine 183, € 16), nel quale Massimo De Angelis presenta il nazionalsocialismo come espressione dell'angoscia prodotta dai processi di modernizzazione, cioè dalla «trascendenza» intesa nel senso di Nolte, come superamento dei limiti, di natura teoretica o pratica, che l'umanità si trova di fronte.

Il comunismo marxiano, osserva De Angelis, vuole portare a compimento il moto della società borghese verso la dissoluzione dei legami tradizionali e al tempo stesso rovesciarne il senso, ponendo fine allo sfruttamento e all'alienazione del lavoro che discendono dal primato del profitto nell'economia capitalista. Assai diversa è la posizione dell'ideologia hitleriana, che si schiera invece radicalmente «contro il progresso»: ciò che essa non sopporta, la condizione cui reagisce con violenza inaudita, è «il sentirsi dell'uomo necessariamente in divenire».
Qui De Angelis mostra una notevole audacia teorica. Infatti va oltre la riflessione di Nolte sul piano filosofico, come riconosce lo stesso studioso tedesco nella prefazione del libro, poiché collega direttamente il nazismo al pensiero di Martin Heidegger, alla sua visione dell'uomo come «immerso sin dall'inizio nel niente». Nel terrore generato dalla «oscillazione tra l'essere e il nulla» andrebbe dunque ricercata l'origine della furia annientatrice del Terzo Reich, che non a caso si scagliò in primo luogo contro gli ebrei, un popolo segnato dalla «esperienza dello sradicamento» e divenuto il simbolo della «contingenza e ambivalenza dell'essere».

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