Adolf Hitler, il movimento nazionalsocialista, e il rapporto di questo con il bolscevismo sono qui rivisitati alla luce del pensiero delle emozioni. Attraverso la rilettura di "Essere e Tempo" di Martin Heidegger e approfondita ricognizione dell'opera di Ernst Nolte, si individua nella "paura" e, più in profondità, nella "angoscia" di fronte al "nulla" l'emozione fondamentale che improntò di sé quel movimento politico e un'intera epoca. Si coglie così lo stretto rapporto filosofico tra il pensiero di Heidegger e il nazionalsocialismo e il significato filosofico della guerra civile europea. Attraverso questa chiave si giunge a una comprensione originale del perché Hitler è ancora, per la Germania e per l'Europa, un "passato che non passa" e in quale senso l'Olocausto rappresenta davvero un crimine "unico" contro l'uomo. Prefazione di Ernst Nolte.
C'è chi pensa che la storia del Novecento, in particolare quella dei regimi totalitari, non si possa spiegare senza indagarne i retroscena filosofici. Ne era convinto il pensatore cattolico Augusto Del Noce e lo sostiene da sempre lo storico tedesco Ernst Nolte. Sulla loro scia si colloca il saggio Adolf Hitler. Una emozione incarnata (Rubbettino, pagine 183, € 16), nel quale Massimo De Angelis presenta il nazionalsocialismo come espressione dell'angoscia prodotta dai processi di modernizzazione, cioè dalla «trascendenza» intesa nel senso di Nolte, come superamento dei limiti, di natura teoretica o pratica, che l'umanità si trova di fronte.
Nessun commento:
Posta un commento