domenica 17 marzo 2013
Quando Marx ed Engels parlavano di oppio, intendevano proprio l'oppio
Il fatto però che ci si debba riferire a questo fenomeno per parlare di "lato oscuro" della rivoluzione industriale, come se fosse l'unico, è significativo [SGA].
I bambini drogati ai tempi di Dickens
Il lato oscuro della rivoluzione industriale nei rapporti dei medici inglesi
di Lucio Villari Repubblica 16.3.13
Leggiamo
le seguenti parole non con lo spirito e l’assuefazione di oggi, ma con i
sentimenti di un attento viaggiatore straniero nell’Inghilterra del
1845: «Una volta feci il viaggio per Manchester in compagnia di un
borghese e gli parlai delle pessime e malsane costruzioni, delle
condizioni orribili dei quartieri operai, dichiarando di non aver mai
visto una città costruita peggio. Quell’uomo ascoltò tutto ciò
tranquillamente, poi mi salutò dicendo: «And yet, there is a great deal
of money made here» cioè «eppure qui si guadagna una gran quantità di
soldi, buon giorno, signore». Sembra una pagina di Dickens (in
quell’anno in vacanza in Italia). L’autore era in realtà un
ventiquattrenne industriale tedesco, Friedrich Engels, che nel 1845
pubblicò a Lipsia una inchiesta condotta nelle città, nelle grandi
fabbriche, nelle campagne, nelle piccole imprese artigiane, nelle
miniere inglesi. Quell’inchiesta diventerà un classico della storia del
pensiero politico (Le condizioni della classe operaia in Inghilterra. In
base a osservazioni dirette e fonti autentiche) e il titolo richiama le
“osservazioni dirette” necessarie a conoscere la verità. A quel tempo,
“vedere” le cose non era semplice perché a molti mancavano precisi
riferimenti ideologici e politici, era diffuso però un disagio morale di
fronte a quell’evidente situazione sociale, e in particolare gli
scrittori e i romanzieri non potevano far finta di nulla. Quattro anni
dopo, infatti, nel 1849, Charlotte Brontë con il romanzo Shirley
toccherà il punto dolente della diffusa disoccupazione dei tessitori
(«la miseria genera odio», diceva la intelligente borghese Brontë), e
nel 1854 Dickens, dopo la colorita descrizione letteraria dei bassifondi
di Londra dell’Oliver Twist, affronterà in Tempi difficiliil problema
studiato da Engels. Ma ventidue anni passeranno prima che Marx dilati il
quadro di quelle condizioni di vita dei lavoratori e del loro ambiente
sociale nello scenario scientifico più ampio del Capitale. Tuttavia,
Engels, Marx, Brontë, Dickens non erano soli. C’erano anche i medici, e
altri scrittori, da Thomas Carlyle (con Past and Present del 1843) a
Thomas de Quincey (con The Logic of Political Economydel 1844) che
“osservavano” da tempo il degrado incredibile e in particolare certi
aspetti di quello sviluppo economico che ormai restano soltanto tra le
pagine della storia Uno di questi era il lavoro delle donne e dei
bambini, la cui immissione nella produzione sostituiva gradualmente il
lavoro maschile, molto più costoso. «Tre fanciulle di tredici anni —
scriveva de Quincey — con salari dai sei agli otto scellini la
settimana, hanno preso il posto di un solo uomo maturo con un salario
dai diciotto ai quarantacinque scellini». La conseguenza di questa
sostituzione di soggetti fu la progressiva disarticolazione della
struttura familiare degli operai inglesi, la diffusione eccezionale
dell’alcolismo (nel 1844 a Glasgow la domenica si contavano trentamila
operai ubriachi e a Manchester fiorivano un migliaia di jerry shops e di
taverne), l’introduzione delle droghe tra gli adulti e, con la
complicità delle madri lavoratrici, tra i bambini.
La droga: fu
questa l’agghiacciante scoperta dei medici. L’oppio e il laudano si
spacciavano in dosi massicce ma non clandestinamente. Gli stupefacenti
facevano parte dei prodotti del mercato dal quale gli operai si
rifornivano normalmente. Meglio dell’alcol, l’oppio dava un sostegno
all’organismo simulando uno stato di efficienza fisica. Ma lo
sfruttamento eccessivo del lavoro delle donne spingeva molte operaie non
solo a occuparsi sempre meno dei loro neonati (che venivano lasciati,
nel corso della giornata, a se stessi o a vicini di casa), ma a
stordirli con droghe speciali per renderli inerti e controllabili.
Queste droghe speciali per lattanti si trovavano in confezioni normali
presso i negozianti. Il maggior successo lo ebbe uno sciroppo dal nome
Godfrey’s cordial, a base di oppio. Fu l’inizio di un infanticidio di
massa e la mortalità infantile tra i figli degli operai crebbe a livelli
altissimi. I medici, insospettiti, scoprirono una relazione tra l’alta
mortalità e l’uso dello sciroppo. Nel 1861 a Londra un’inchiesta
sanitaria ufficiale attribuì la mortalità allo stato di denutrizione e
di abbandono affettivo dei bambini, e a un «intenzionale avvelenamento
da oppiacei» da parte delle madri. «L’inchiesta ha mostrato che, mentre
nelle circostanze descritte i bambini muoiono per la negligenza e la
sregolatezza dovuta alle occupazioni delle loro madri, le madri
divengono snaturate verso i loro figli non preoccupandosi molto per la
loro morte e perfino prendendo misure dirette per provocarla». In una
successiva inchiesta del dottor Henry Hunter (Sixth Report on Public
Health) pubblicata a Londra nel 1864, era detto: «Il grande fine di
alcuni intraprendenti mercanti all’ingrosso è di promuovere la vendita
degli oppiacei. I droghieri li considerano infatti l’articolo di più
facile smercio». L’esempio veniva dall’alto: l’oppio era divenuto una
voce della produzione industriale inglese così redditizia che in quegli
anni con un atto di violenza imperiale l’Inghilterra aveva imposto con
le cannoniere all’India e soprattutto alla immensa Cina di acquistare
tonnellate di oppio. L’opposizione della Cina aveva provocato, appunto,
la “guerra dell’oppio”. Ma le vittime interne inglesi erano soprattutto
tra i più innocenti. Al quadro estremo delle condizioni di “atrofia
morale”, di squilibrio individuale e sociale provocato dal modo come
veniva gestito il lavoro nelle fabbriche il rapporto del dottor Hunter
diede il tocco finale. I lattanti ai quali si somministravano oppiacei
«si accartocciavano come piccoli vecchietti, o raggrinzivano come
scimmiette».
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