domenica 10 marzo 2013

Un libro su Spinoza e un'impegnativa ambizione


Massimo Adinolfi, <em>Continuare Spinoza. Un’esercitazione filosofica</em>
Quello che più lascia perplessi è questa apertura fuori tempo massimo dell'Unità nei confronti della retorica heideggeriana, palese nelle parole del recensore [SGA].

Massimo Adinolfi: Continuare Spinoza. Un’esercitazione filosofica, Editori Internazionali Riuniti, 2012

Risvolto
Si può essere felici? La filosofia può aiutarci a diventarlo? Secondo Spinoza non si tratta d’altro: beatitudine dell’animo. Questa è la meta di chiunque si accosti
alla filosofia. Ma che farcene della sua indicazione? Che farcene di Spinoza oggi? Questo libro – strano, impervio, ostico e perfettamente accessibile al contempo,
tecnico e documentato ma anche spensierato, addirittura scanzonato – propone di insistere, di “continuare” sulla via di Baruch, il filosofo maledetto, alla ricer-
ca della vita benedetta. Così, attraverso un ininterrotto e vertiginoso stream of consciousness filosofico l’autore ci guida nei meandri di un pensiero labirintico
– a tratti esaltato, a tratti allucinato, a tratti sospeso in una commovente apnea mistica – dove l’intuizione si accompagna al rigore logico, per poi subito disgiungersene cambiando piano nell’enorme edificio della mente umana. Libro dotto, libro specialistico, libro da leggere con estrema e fermissima attenzione, ma anche libro da leggere tranquillamente con la testa altrove, con un’attenzione fluttuante pronta a cogliere improvvise associazioni di concetti, immagini, citazioni, allusioni nel frastuono di un pensiero che non coincide mai con la prima persona singolare: questo insolito commento all’Etica di Spinoza accenna a un nuovo, o forse antichissimo, modo di fare filosofia e di essere felici. Non più cogito ergo sum, bensì cogito ergo est. È da fuori che il pensiero sgorga. Da qui, dal mondo. Benedire il mondo, dire-bene il mondo, il nostro mondo, l’unico che c’è, appare allora come l’esercizio stesso di una filosofia che non si pone fuori dal mondo ma decide di muoversi assieme al mondo. La felicità? Una questione di portamento,a questo punto. Nulla di più. Nulla di meno.


Continuando Spinoza per proseguire a scoprire il mondo
Un libro di Massimo Adinolfi riporta l’attenzione sul grande filosofo e sulla sua analisi

di Vincenzio Vitiello l’Unità 10.3.13


L’INTERESSE PER SPINOZA È IN COSTANTE CRESCITA: NE TESTIMONIANO LE RECENTI EDIZIONI ITALIANE DELL’OPERA OMNIA, QUELLA DI FILIPPO MIGNINI per Mondadori, e l’altra, con originale a fronte, di Andrea Sangiacomo, presso Bompiani; i fascicoli speciali del Pensiero (2011/1) e di Teoria (2012/2) dedicati appunto al filosofo olandese; i libri di Sini (Archivio Spinoza) e di de Giovanni (Hegel Spinoza. Dialogo sul moderno), di cui ci siamo occupati su questo giornale alcune settimane orsono, e più recentemente il saggio di Massimo Adinolfi, dall’impegnativo titolo: Continuare Spinoza. Un’esercitazione filosofica (Editori Internazionali Riuniti, 2012). Un libro, questo, fuori degli schemi della cultura filosofica tradizionale. Adinolfi, infatti, non «analizza» Spinoza, non lo spiega, né lo «contestualizza»: lo continua. Fa filosofia con Spinoza. La sua «scrittura» è pienamente conforme all’esercizio: il libro non ha note, né divisioni in capitoli e paragrafi. Certo discute le principali interpretazioni che del pensiero del filosofo olandese sono state date da filosofi e da storici, ma nella forma di un dialogo ininterrotto, meglio ancora di un transito continuo da pensiero a pensiero, senza pause come in un unico respiro; e senza ritorni, dacché riflettere per Adinolfi non è piegarsi sul già fatto, al contrario è andare-innanzi, proseguire. Il pensiero come vita. Ove il primato spetta alla vita, non al pensiero. Di qui la critica radicale d’ogni logicismo e gnoseologismo: ciò da cui muove la filosofia non è il pensiero, ma il mondo. E mondo è ciò che Spinoza chiama «sostanza», che non attende il pensiero che la dimostri, perché è la dimostrazione che sta nella sostanza-mondo, e ne dipende. Questo il senso della definizione spinoziana del pensiero quale attributo della sostanza. Attributo al pari del corpo (o estensione) pur esso espressione del mondo. Qui l’ordo e la connexio tra idee (pensiero) e cose (corpo), non indica un parallelismo tra due, ma l’esporsi della sostanza-mondo in forme diverse, che non sono due, più che una, essendo l’idea pensiero del corpo, nel senso soggettivo ed oggettivo del genitivo, e quindi il corpo espressione «materiale», estesa del pensiero. Palese l’influenza della interpretazione spinoziana di Sini, che si mostra anche nell’insistenza di Adinolfi nell’affermare il carattere di evento della sostanza. Continuare Spinoza ha anche questo significato: togliere alla sostanza ogni e qualsiasi stabilità, fissità. Sostanza è movimento, divenire, transito. Dio, la sostanza spinoziana, è solo nei modi, nelle affezioni, e cioè: non genericamente nel mondo, bensì negli enti. Ché mondo non è il contenitore degli enti, ma l’eterno transitare negli enti, eterni pur essi in e per questo transitare. In e per questo farsi ente del mondo, farsi cose della sostanza. Eterno è l’ente nel flusso della vita, nel flusso eracliteo della Lebenswelt, del mondo della vita. Continuare Spinoza è quindi continuare a pensare, e continuare a pensare è continuare a vivere. In ciò il conatus di Spinoza: la volontà e la potenza di essere, di ek-sistere dell’ente nel mondo, del mondo nell’ente. Spinoza – afferma Adinolfi – ribalta il rapporto essenza-esistenza: è l’esistenza la base, il fondamento dell’essenza. «Viva chi vita crea!» – possiamo ripetere con Goethe a commmento di queste pagine personalissime, in cui avverti la potenza del pensiero di Spinoza.
E tuttavia a libro chiuso vien fatto di dire: propter philosophiam, philosophandi perdere causas. Come sempre nelle filosofie «arcontiche» – quelle che, a partire da Aristotele, s’afferrano a quel «primo» che non cade nel dubbio perché è ciò che ogni dubbio sostiene, che si sottrae al domandare perché è all’origine di ogni domanda –, anche in questa impegnata ed impegnativa esercitazione filosofica alla fine tutto si salva, tranne la filosofia. Tranne la domanda sul mondo. Perché sarà pur vero che la domanda sorge nel mondo, ma in filosofia ciò che anzitutto è in questione, è il luogo della domanda. Un circolo non virtuoso, questo tra domanda e mondo, anzi vizioso, viziosissimo, perché nell’atto stesso di sottrarsi alla domanda il mondo ricade in essa, e nel punto in cui è oggetto di domanda vi si sottrae. In questo circolo, volens nolens, è anche Adinolfi, quando distingue il pensiero dell’essere dall’essere del pensiero (l’essenza formale dell’idea dal suo contenuto obiettivo: p. 235 e ss.). Chi o che cosa opera questa distinzione? E dove? La ri-flessione torna ad imporsi. Torna ad imporsi il pensiero sempre in lotta con sé, diviso: inizio anche quando rifiuta d’esserlo.

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