Quello che più lascia perplessi è questa apertura fuori tempo massimo dell'Unità nei confronti della retorica heideggeriana, palese nelle parole del recensore [SGA].
Massimo Adinolfi:
Continuare Spinoza. Un’esercitazione filosofica, Editori Internazionali Riuniti, 2012
Risvolto
Si può essere felici? La filosofia può aiutarci a diventarlo? Secondo
Spinoza non si tratta d’altro: beatitudine dell’animo. Questa è la meta
di chiunque si accosti
alla filosofia. Ma che farcene della sua indicazione? Che farcene di
Spinoza oggi? Questo libro – strano, impervio, ostico e perfettamente
accessibile al contempo,
tecnico e documentato ma anche spensierato, addirittura scanzonato –
propone di insistere, di “continuare” sulla via di Baruch, il filosofo
maledetto, alla ricer-
ca della vita benedetta. Così, attraverso un ininterrotto e vertiginoso
stream of consciousness filosofico l’autore ci guida nei meandri di un
pensiero labirintico
– a tratti esaltato, a tratti allucinato, a tratti sospeso in una
commovente apnea mistica – dove l’intuizione si accompagna al rigore
logico, per poi subito disgiungersene cambiando piano nell’enorme
edificio della mente umana. Libro dotto, libro specialistico, libro da
leggere con estrema e fermissima attenzione, ma anche libro da leggere
tranquillamente con la testa altrove, con un’attenzione fluttuante
pronta a cogliere improvvise associazioni di concetti, immagini,
citazioni, allusioni nel frastuono di un pensiero che non coincide mai
con la prima persona singolare: questo insolito commento all’Etica di
Spinoza accenna a un nuovo, o forse antichissimo, modo di fare filosofia
e di essere felici. Non più cogito ergo sum, bensì cogito ergo est. È
da fuori che il pensiero sgorga. Da qui, dal mondo. Benedire il mondo,
dire-bene il mondo, il nostro mondo, l’unico che c’è, appare allora come
l’esercizio stesso di una filosofia che non si pone fuori dal mondo ma
decide di muoversi assieme al mondo. La felicità? Una questione di
portamento,a questo punto. Nulla di più. Nulla di meno.
Continuando Spinoza per proseguire a scoprire il mondo
Un libro di Massimo Adinolfi riporta l’attenzione sul grande filosofo e sulla sua analisi
di Vincenzio Vitiello l’Unità 10.3.13
L’INTERESSE PER SPINOZA È IN COSTANTE CRESCITA: NE TESTIMONIANO LE
RECENTI EDIZIONI ITALIANE DELL’OPERA OMNIA, QUELLA DI FILIPPO MIGNINI
per Mondadori, e l’altra, con originale a fronte, di Andrea Sangiacomo,
presso Bompiani; i fascicoli speciali del Pensiero (2011/1) e di Teoria
(2012/2) dedicati appunto al filosofo olandese; i libri di Sini
(Archivio Spinoza) e di de Giovanni (Hegel Spinoza. Dialogo sul
moderno), di cui ci siamo occupati su questo giornale alcune settimane
orsono, e più recentemente il saggio di Massimo Adinolfi,
dall’impegnativo titolo: Continuare Spinoza. Un’esercitazione filosofica
(Editori Internazionali Riuniti, 2012). Un libro, questo, fuori degli
schemi della cultura filosofica tradizionale. Adinolfi, infatti, non
«analizza» Spinoza, non lo spiega, né lo «contestualizza»: lo continua.
Fa filosofia con Spinoza. La sua «scrittura» è pienamente conforme
all’esercizio: il libro non ha note, né divisioni in capitoli e
paragrafi. Certo discute le principali interpretazioni che del pensiero
del filosofo olandese sono state date da filosofi e da storici, ma nella
forma di un dialogo ininterrotto, meglio ancora di un transito continuo
da pensiero a pensiero, senza pause come in un unico respiro; e senza
ritorni, dacché riflettere per Adinolfi non è piegarsi sul già fatto, al
contrario è andare-innanzi, proseguire. Il pensiero come vita. Ove il
primato spetta alla vita, non al pensiero. Di qui la critica radicale
d’ogni logicismo e gnoseologismo: ciò da cui muove la filosofia non è il
pensiero, ma il mondo. E mondo è ciò che Spinoza chiama «sostanza», che
non attende il pensiero che la dimostri, perché è la dimostrazione che
sta nella sostanza-mondo, e ne dipende. Questo il senso della
definizione spinoziana del pensiero quale attributo della sostanza.
Attributo al pari del corpo (o estensione) pur esso espressione del
mondo. Qui l’ordo e la connexio tra idee (pensiero) e cose (corpo), non
indica un parallelismo tra due, ma l’esporsi della sostanza-mondo in
forme diverse, che non sono due, più che una, essendo l’idea pensiero
del corpo, nel senso soggettivo ed oggettivo del genitivo, e quindi il
corpo espressione «materiale», estesa del pensiero. Palese l’influenza
della interpretazione spinoziana di Sini, che si mostra anche
nell’insistenza di Adinolfi nell’affermare il carattere di evento della
sostanza. Continuare Spinoza ha anche questo significato: togliere alla
sostanza ogni e qualsiasi stabilità, fissità. Sostanza è movimento,
divenire, transito. Dio, la sostanza spinoziana, è solo nei modi, nelle
affezioni, e cioè: non genericamente nel mondo, bensì negli enti. Ché
mondo non è il contenitore degli enti, ma l’eterno transitare negli
enti, eterni pur essi in e per questo transitare. In e per questo farsi
ente del mondo, farsi cose della sostanza. Eterno è l’ente nel flusso
della vita, nel flusso eracliteo della Lebenswelt, del mondo della vita.
Continuare Spinoza è quindi continuare a pensare, e continuare a
pensare è continuare a vivere. In ciò il conatus di Spinoza: la volontà e
la potenza di essere, di ek-sistere dell’ente nel mondo, del mondo
nell’ente. Spinoza – afferma Adinolfi – ribalta il rapporto
essenza-esistenza: è l’esistenza la base, il fondamento dell’essenza.
«Viva chi vita crea!» – possiamo ripetere con Goethe a commmento di
queste pagine personalissime, in cui avverti la potenza del pensiero di
Spinoza.
E tuttavia a libro chiuso vien fatto di dire: propter philosophiam,
philosophandi perdere causas. Come sempre nelle filosofie «arcontiche» –
quelle che, a partire da Aristotele, s’afferrano a quel «primo» che non
cade nel dubbio perché è ciò che ogni dubbio sostiene, che si sottrae
al domandare perché è all’origine di ogni domanda –, anche in questa
impegnata ed impegnativa esercitazione filosofica alla fine tutto si
salva, tranne la filosofia. Tranne la domanda sul mondo. Perché sarà pur
vero che la domanda sorge nel mondo, ma in filosofia ciò che anzitutto è
in questione, è il luogo della domanda. Un circolo non virtuoso, questo
tra domanda e mondo, anzi vizioso, viziosissimo, perché nell’atto
stesso di sottrarsi alla domanda il mondo ricade in essa, e nel punto in
cui è oggetto di domanda vi si sottrae. In questo circolo, volens
nolens, è anche Adinolfi, quando distingue il pensiero dell’essere
dall’essere del pensiero (l’essenza formale dell’idea dal suo contenuto
obiettivo: p. 235 e ss.). Chi o che cosa opera questa distinzione? E
dove? La ri-flessione torna ad imporsi. Torna ad imporsi il pensiero
sempre in lotta con sé, diviso: inizio anche quando rifiuta d’esserlo.
Nessun commento:
Posta un commento