giovedì 11 aprile 2013
Ancora un libro su Piazza Fontana
Gabriele Fuga ed Enrico Maltini: «È a
finestra c'è la morti». Pinelli: chi c'era quella notte, pp. 168, euro
10, Edizioni Zero in condotta
Risvolto
Dalla finestra aperta sul cortile dove giace agonizzante "Pino"
Pinelli, il fumo esce lentamente e si intravedono, dentro quelle
stanze, figure diverse da quelle fin qui conosciute. Figure di
funzionari di alto grado venuti da Roma, che "prendono la situazione in
mano", come dirà uno di loro. Figure che fanno indagini di cui
relazionano solo il ministro dell'Interno e il capo della Polizia, non
i magistrati inquirenti. I loro nomi: Catenacci, Russomanno, Alduzzi e
altri meno noti, spuntano qua e la tra le carte che sulla strage di
Piazza Fontana si sono accumulate. Ma è solo nel 1996, 26 anni
dopo quel tragico 15 dicembre 1969, che saranno chiamati a deporre di
fronte ai magistrati ed anche allora nessuna domanda verrà posta
loro su ciò che accadde quella notte nella questura di Milano,
quando Pinelli morì. Dal 1996 le loro deposizioni resteranno
chiuse negli armadi dei tribunali. Solo da poco ne sono uscite ed
è di queste, dei documenti che le accompagnano, dell'ambigua e
oscura presenza in quei giorni e in quella notte di personaggi che
comandano, ma che si definiscono "riservati", che si parla e si
documenta in queste pagine.
Ancora una volta questo breve testo non porta ad una verità
definitiva: ma aggiunge elementi che fino ad oggi non erano noti, o
erano stati trascurati. Ci è sembrato giusto raccogliere il
testimone dai tanti che si sono avvicinati alla figura di Pinelli,
certi di trovare altri disposti a farsi carico del seguito di questa
ricerca, fino a che il fumo di quella stanza non sarà davvero
diradato.
PIAZZA FONTANA Un lavoro di ricerca per riaprire l'inchiesta sui depistaggi di allora
La pista anarchica imposta da Roma. È quanto emerge in un volume raccoglie documenti che attestano la presenza nella Questura di Milano di funzionari del ministero degli interni la notte quando morì Pinelli
ARTICOLO - Saverio Ferrari il manifesto 2013.04.11 - 11 CULTURA
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