domenica 19 maggio 2013
Ippologia culturale
Risvolto
Gli uomini, che per millenni hanno usato i cavalli, impossessandosi
della loro forza e della loro bellezza, ne sono stati, in realtà, essi
stessi posseduti. Inseparabili compagni di viaggio e di erranze, in pace
e in guerra, i cavalli hanno finito con l'abitare nei sogni degli uomini: di quei sogni sono intessuti i miti, le storie, i racconti, le fabulae
antiche in cui uomini, cavalli e dei si incontrano, ancora oggi,
intessendo la trama di un comune destino, rivelando, per indizi e
frammenti, il vincolo potente che li lega. Nel nostro immaginario i
cavalli sembrano essere ubiqui, onnipervasivi. Sono corpi trasfigurati,
corpi chimerici che volano, piangono, parlano, profetizzano; enigmatici
operatori di destino, sono animali-guida apocalittici o salvifici. Nella
realtà dei loro corpi fisici, che ne sottende osmoticamente ogni
trasfigurazione estetica, i cavalli, inoltre, muovendosi, sembrano
danzare, secondo ritmi e armonie riconoscibili. L'arte dell'equitazione,
ovvero l'equitazione come forma d'arte, codificata nei trattati
rinascimentali in cui si legge che "la musica è diletta al cavallo", è
pertanto un'arte intrinsecamente musicale. Il buon cavaliere deve avere
orecchio, come un esperto musicista, affinché il suo corpo si possa
accordare al corpo del cavallo, e "andare a tempo": solo così diviene
allora artista-centauro, un ibrido uomo-cavallo con "un' istesso corpo,
di un senso, et di una voluntà", un'opera d'arte vivente. Questa
fusione, che è scambio, rispecchiamento metaforico in cui l'uomo si
animalizza e l'animale si antropomorfizza, dà luogo ad altre forme di
ibridazione: quelle in cui il cavallo può essere il compagno, il doppio
del guerriero nel furor eroico della battaglia, ma anche l'omologo
dell'amante, uomo o donna, che smania dominato da incontenibile follia
amorosa. Se nel mito, nella trattatistica ippologica, il furor erotico
che tormenta cavalli e giumente viene sistematicamente evocato e diviene
paradigma, metafora e proiezione di quella manìa erotica che fa ardere e
delirare uomini e donne, è soprattutto nella poesia che l'eros assume
ineludibili connotati ippomorfici: non solo le fanciulle amate diventano
seducenti puledre, ma l'amore stesso, nei suoi aspetti sensuali,
tempestosi e contraddittori, diventa un cavallo bizzarro, sfrenato,
imprevedibile. E la ragione sta forse nel fatto che, come ha scritto
Vladimir Majakowskij, un poeta, appunto, "siamo tutti un poco cavalli, /
ognuno di noi è cavallo a suo modo".
Gavina Cherchi, nata in Sardegna, ha vissuto in in
Algeria, nello Yemen del Sud, in Eritrea; si è laureata in Filosofia a
Pisa, e ha conseguito il PhD presso il Warburg Institute
dell'Università di Londra; insegna Estetica filosofica presso
l'Università di Sassari ed è docente a Siena presso la Scuola di
Dottorato "Logos e rappresentazione. Studi interdisciplinari di
Letteratura, estetica, arti e spettacolo". Socio fondatore
dell'associazione Centro Warburg Italia, fa parte del Comitato Scientifico della rivista omonima. È pure nel Comitato Scientifico della rivista Fontes.
Le sue ricerche, di natura interdisciplinare, integrano Estetica,
Storia delle idee, Iconografia e iconologia, e spaziano dal tema del
rapporto immagine-parola, a quello della metamorfosi nel mito, nelle
arti figurative e nella letteratura.
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