giovedì 2 maggio 2013
Kant e Foucault sul concetto di Illuminismo
Risvolto
Che cos’è l’Illuminismo? Secondo Foucault è questa la domanda ultima cui
la filosofia tenta di rispondere da sempre. Ed è questa la domanda cui
magistralmente ha risposto uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi:
Immanuel Kant. è attraverso le parole di Kant e l’analisi accurata di
Foucault che il concetto di Illuminismo si scopre essere una stimolante
interrogazione critica sul presente, sui limiti della conoscenza e sul
loro possibile superamento.
CULTURA
Il soggetto della discordia
L'ambivalente rapporto di Michel Foucault con Kant e con la teoria critica dei francofortesi. Quello che appare come un problema di filologia svela invece un nodo tutt'ora irrisolto nella politica della trasformazione della realtà. Un sentiero di lettura a partire dal volume «Che cos'è l'Illuminismo?» da poco pubblicato dalla casa editrice Mimesis
APERTURA - Fabrizio Denunzio il manifesto 2013.05.01 - 10 CULTURA
Nel 1784 la «Berlinische Monatsschrift», un periodico tedesco di larga
diffusione, pubblica la risposta di Kant alla domanda: Che cos'è
l'Illuminismo? A duecento anni di distanza, nel 1984, Michel Foucault,
in un libro curato da Paul Rabinow, suo allievo americano, pubblica un
saggio dallo stesso titolo e, sulla scia di Kant, risponde alla domanda
attualizzandone il significato.
I due testi appaiono ora assieme nel libretto edito da Mimesis,
Kant-Foucault, Che cos'è l'illuminismo? (pp. 47, euro 3,90).
L'operazione editoriale, di per sé interessante perché offre la
partitura originale di un testo classico (quello settecentesco kantiano)
con la sua esecuzione contemporanea (quella novecentesca foucaultiana),
si espone, però, ad un doppio limite. Il primo, quello di confinare il
Foucault pensatore dell'Illuminismo kantiano a questo solo saggio, il
secondo di occultare il reale obiettivo perseguito dal filosofo
francese: offrire una visione dell'Illuminismo sostanzialmente diversa
da quella culturalmente egemonica affermatasi con la Dialettica
dell'illuminismo di Max Horkheimer e Theodor W. Adorno. Detta in breve,
mettendo mano alla questione dell'Illuminismo Foucault chiarisce i suoi
rapporti con la Scuola di Francoforte e la teoria critica della società
da essa inventata.
Oltre la filologia
Al primo limite, sarebbe a dire quello di offrire un'immagine parziale
della riflessione foucaultiana sull'Illuminismo, si poteva ovviare in un
modo molto semplice: fare seguire al testo di Kant, l'altro che gli è
strettamente collegato, cioè Il conflitto delle facoltà del 1798 in cui
il filosofo tedesco continua la riflessione sull'Illuminismo entrando,
però, questa volta, nel suo cuore pulsante, la Rivoluzione francese. Di
pari passo, si poteva fare seguire al primo saggio di Foucault, l'altro
in cui il filosofo francese commenta il suddetto Conflitto kantiano:
quel Qu'est-ce que les Lumières? che già Mimesis aveva pubblicato con il
titolo Il problema del presente nella nota raccolta di saggi
foucaultiani Poteri e strategie.
Quindi, al lettore sarebbe stata offerta un'immagine realmente esaustiva
del rapporto di Foucault con l'Illuminismo se, assieme ai due testi di
Kant (Che cos'è l'illuminismo? e Il conflitto delle facoltà), si
pubblicavano i due saggi in cui il filosofo francese li commenta e li
analizza (Che cos'è l'Illuminismo? e Il problema del presente).
Questi problemi filologici, però, hanno senso solo se inquadrati nella
prospettiva teorica generale che guida Foucault: l'elaborazione di una
idea di Illuminismo differente da quella della Scuola di Francoforte.
Non a caso questa è evocata tanto in apertura di Che cos'è
l'illuminismo, quanto nelle conclusioni de Il problema del presente.
Con questo si ritorna al secondo limite del libretto pubblicato da
Mimesis. Come lo si sarebbe potuto evitare? Stralciando quei passi
dell'intervista di Duccio Trombadori del 1978, che da anni non si trova
più sul mercato librario, in cui Foucault parla del suo rapporto con la
Scuola di Francoforte e riconosce ai suoi principali esponenti il merito
di aver posto, attraverso l'Illuminismo, una serie di problemi nei
quali ci si dibatte ancora, primo tra tutti quello dell'esercizio di una
ragione che, mentre crede di combattere per la conquista della libertà,
si trasforma in strumento di dominazione profondamente illiberale.
Questi stralci dell'intervista, posti a mo' di introduzione ai suoi due
scritti sull'Illuminismo, avrebbero dimostrato che Foucault da un lato
eredita la questione dalla Scuola di Francoforte (l'intervista è del
1978 mentre i due testi escono nel 1984), e dall'altro se ne
differenzia.
Quindi, l'operazione editoriale di Mimesis acquista tutto il suo
significato solo se si cala il saggio di Foucault in una rete testuale
un po' più ampia la cui trama concettuale è sì l'Illuminismo, ma il cui
obiettivo principale è la Scuola di Francoforte. Riportata sul terreno
del confronto con i francofortesi, la riflessione di Foucault
sull'Illuminismo diventa realmente importante per le scienze sociali.
In cerca del prosecutore ideale
Uno dei primi ad essersene accorto è stato il sociologo tedesco Axel
Honneth al quale va il merito di aver posto la questione in termini
rigorosi e sistematici in Critica del potere. Già in questo testo del
1986 l'attuale direttore dell'Istituto per la ricerca sociale di
Francoforte riconosceva nel Foucault degli anni Settanta, per intenderci
quello di Sorvegliare e punire, il prosecutore della Teoria critica
della società capace di risolvere il difettoso paradigma sociologico di
quest'ultima grazie ad una teoria del potere epistemologicamente vicina
alla teoria dei sistemi. Honneth, però, stabilisce questa continuità
riconoscendo che «la teoria sociale di Foucault... non presenta alcun
riferimento alla tradizione della Teoria critica». Detto altrimenti,
Honneth ignora tutti gli indicatori testuali (l'intervista a Trombadori e
i due saggi sull'Illuminismo) che, al contrario, testimoniano questi
riferimenti. In virtù di tale lacuna Honneth può ritenere Foucault un
prosecutore ideale della Scuola di Francoforte poiché ne prolunga la
ricerca emendandola degli errori e può avvicinarlo alla produzione
critica del solo Adorno.
Gli interventi sull'Illuminismo dimostrano, al contrario, due cose: la
preferenza di Foucault per Horkheimer e la distanza che ha voluto
mettere tra sé e la teoria critica.
In primo luogo, Horkheimer. Aprendo Che cos'è l'Illuminismo? il filosofo
francese dice che a rispondere alla domanda, nel vasto panorama
culturale tedesco tra il XIX e il XX secolo, c'è stato anche Horkheimer.
In precedenza, nell'intervista a Trombadori, diceva di aver letto della
Scuola di Francoforte «qualche testo di Horkheimer» e di questi,
infatti, sembra citare, del saggio Lo Stato autoritario, quel passaggio
in cui si sostiene che con il socialismo reale, quindi con il
capitalismo integrale dello Stato sovietico, «Il regolamento della
fabbrica si è esteso a tutta la società». Quindi, a differenza di quanto
sostiene Honneth, non solo Foucault conosce i testi della tradizione
della teoria critica, ma in particolare ha letto quelli del primo
Horkheimer, cioè di colui che, più di Adorno, si era impegnato a fare
del materialismo storico una teoria sociale.
In secondo luogo, la distanza dalla Scuola di Francoforte. Come la
realizza Foucault? Sempre in Che cos'è l'Illuminismo, il filosofo
francese dice che la novità introdotta da Kant con la sua riflessione
sull'Illuminismo consiste nel proporre un'interrogazione sul presente.
Con questo chiedersi cosa sia la nostra attualità, l'Illuminismo
definisce «la modernità come un atteggiamento». Essere moderni, allora,
significa interrogarsi continuamente sull'appartenenza al proprio
presente facendo in modo che questa interrogazione diventi un'occasione
per reinventarsi. La cosa estremamente interessante è che Foucault porti
come esempio di questo atteggiamento moderno e illuminista quello del
poeta Baudelaire: «L'uomo moderno, per Baudelaire... è colui che cerca
di inventare se stesso... Essere moderno non significa accettare se
stessi per quel che si è nel flusso dei momenti che passano; significa
assumere se stessi come oggetto di un'elaborazione complessa». Il
soggetto, moderno e illuminista, è pensato da Foucault come un qualcosa
che si inventa, si elabora, si trasforma, per dirla con un lessico
ancora più moderno, si metamorfosizza.
Soggettività molteplici
Questo è il punto in cui il filosofo francese, pur muovendosi ancora
all'interno dell'orizzonte concettuale aperto dalla Scuola di
Francoforte con la riflessione sull'Illuminismo, ne segna la differenza.
Nell'intervista a Trombadori, è vero che Foucault riconosce i meriti
dei francofortesi e il fascino che esercitano su di sé, al punto che,
dice, a conoscerli da giovane avrebbe passato il suo tempo a non fare
altro che commentare le loro opere, ma è pur vero che ne critica
aspramente alcuni concetti fondamentali. Tra questi c'è quello cruciale
di soggetto. A suo parere «la concezione del soggetto adottata dalla
Scuola di Francoforte era molto tradizionale, di natura filosofica; era
decisamente impregnata di umanismo marxista». Questo comporta che i
francofortesi, seguendo l'idea marxiana dell'uomo come produttore
dell'uomo, arrivano a concepire tale produzione alla stregua di quella
della ricchezza, del valore e degli oggetti dall'uso strettamente
economico, e di conseguenza, pensano che ci sia un'essenza immutabile
dell'uomo che vada liberata da questo sistema produttivo-repressivo. A
tutto ciò Foucault oppone l'idea che «nel corso della loro storia, gli
uomini non hanno mai smesso di auto-costruirsi, sarebbe a dire di
spostare continuamente la loro soggettività, di costruirsi in una serie
infinita e molteplice di soggettività differenti».
Quando Foucault, allora, in Che cos'è l'Illuminismo, attraverso
Baudelaire, sostiene che il soggetto moderno e illuminista è frutto di
un'invenzione e di una continua metamorfosi, in realtà non sta facendo
altro che proporre questa soggettività in divenire come differente da
quella immutabile della Scuola di Francoforte. Mentre Honneth, non
conoscendo i testi foucaultiani sull'Illuminismo, ha facile gioco a
stabilire la continuità tra Sorvegliare e punire e la teoria critica,
chi li conosce può affermare che tra i due paradigmi, rispetto alla
questione decisiva della soggettività, c'è solo rottura: «ma non cedo
sull'essenziale. È qua che c'è incompatibilità con la Scuola di
Francoforte».
Dalla riflessione di Foucault sull'Illuminismo la teoria sociale ha
molto da guadagnare: in termini generali, perché offre una prospettiva
diversa da quella classiche sui processi della modernità ponendo al
centro di questi non tanto la burocrazia e la visione negativa della
tecnica, ma le forme di vita, gli atteggiamenti di pensiero e i modi di
comportamento. Da un punto di vista particolare, perché offre una
visione della soggettività come un qualcosa da farsi, inventare e
trasformare, piuttosto che quella di un individuo meccanicamente
derivato dall'organizzazione sociale.
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