domenica 19 maggio 2013

La lotta armata in Italia negli anni Settanta


Gabriele Donato: La lotta è armata. Estrema sinistra e violenza, IRSML

Risvolto
«La lotta è armata»: questo doveva essere il messaggio diffuso dalla foto della pistola puntata alla tempia dell’ingegner Macchiarini, nel marzo del 1972. Le parole sono di Renato Curcio, e si riferiscono al primo sequestro-lampo realizzato dalle Brigate Rosse. Si trattò di un episodio rilevante: i brigatisti avevano deciso di passare defin
itivamente all’azione. D’altro canto, quella primavera non ebbe un attimo di pace: pochi giorni dopo morì Giangiacomo Feltrinelli, mentre il maggio fu segnato dall’omicidio del commissario Luigi Calabresi.
Quali fattori determinarono un’escalation tanto drammatica? Per quali ragioni tanti gruppi della sinistra extra-parlamentare considerarono persuasiva l’ipotesi della violenza? Perché la tentazione del ricorso ad azioni terroristiche si rivelò tanto seduttiva? Questi sono gli interrogativi affrontati dal testo: la ricerca di Gabriele Donato propone una riflessione attenta sulle motivazioni che spinsero tante e tanti a scegliere la lotta armata, e analizza le argomentazioni grazie alle quali tale scelta trovò una legittimazione negli ambienti dell’estrema sinistra.
Il lavoro si concentra sull’evoluzione delle elaborazioni di gruppi come Potere Operaio e Lotta Continua, e la confronta con la proposta politica delle prime Brigate Rosse: l’esame attento di giornali e documenti dà vita a una comparazione dettagliata, arricchita dall’utilizzo sistematico di fonti di altro genere: interviste e autobiografie in modo particolare.
Ne esce un quadro vivace di anni importanti, segnati da episodi clamorosi (che il libro descrive con cura) e dal protagonismo di personaggi che  avrebbero fatto parlare a lungo di sé, come Toni Negri, Adriano Sofri, Renato Curcio e tanti altri.

Collana Quaderni, 28
Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, Trieste 2012, 404 p.
ISBN 9788890400698 € 24,00

Gabriele Donato (Cividale del Friuli, 1976), è dottore di ricerca in Storia contemporanea e insegnante di Storia e Filosofia. Con l’Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione ha pubblicato nel 2008 la monografia Sovversivi, dedicata all’antifascismo cospirativo in Friuli fra le due guerra. Negli anni successivi si è occupato del movimento sindacale nel Novecento e della violenza politica nell’Italia degli anni Settanta, tema sul quale dal 2010 ha svolto attività di ricerca presso l’Università di Trieste.

I contorni sfumati di un vicolo cieco
Un grande lavoro sui documenti, articoli e saggi provenienti dai gruppi della sinistra extraparlamentare

ARTICOLO - Enrico Terrinoni  il manifesto 2013.05.18 - 11


«And you dare to call me a terrorist, while you look down your gun...». È un famoso verso della ballata dedicata a Joe McDonnell, giovane volontario dell'Ira, morto durante lo sciopero della fame del 1981: «e osate chiamarmi terrorista, mentre siete voi a puntare il fucile... avete terrorizzato la mia gente, avete governato con pugno di ferro...». L'opzione della lotta armata, anche quando confinata alla cornice di un conflitto nazionale, assume spesso connotati che trascendono l'idea stessa di confini nazionali, permettendo di stabilire connessioni tra contesti lontani, considerati affini in virtù di letture talvolta strumentali. Ai versi sopra citati giunge come ideale controcanto alcuen frasi tratte dall'articolo «Terroristi noi, opportunisti loro?», pubblicato in «Potere Operaio» nel febbraio del 1972: «a meno di non essere degli analfabeti teorici e di chiamare terrorista chi spara - nell'esperienza storica del proletariato e nella tradizione del movimento rivoluzionario la differenza tra terrorismo e comunismo si dà proprio attorno a una questione fondamentale: la fiducia o meno nel movimento delle masse, nella sua capacità di offensiva». È un vulnus dialettico attorno al quale ruotano condanne e delegittimazioni della violenza armata nella lotta politica di una parte della allora sinistra extraparlamentare italiana. È di questo che si occupa un libro dello storico Gabriele Donato che ha un titolo, La lotta è armata. Estrema sinistra e violenza: gli anni dell'apprendistato. 1969-1972 (Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, pp. 404, euro 24), che esemplifica l'argomento centrale di questo libro: le dinamiche, le contraddizioni, i dissidi ideologici e le strategie dei movimenti della sinistra extra-parlamentare, clandestini e non, votati alla predisposizione di scenari sociali e politici ritenuti utili alla disarticolazione dello stato borghese e di tutte le sue diramazioni, istituzionali e partitiche. Il libro è innanzitutto una «mappatura retorica» del dibattito interno a movimenti come Lotta Continua, Potere Operaio, i Gruppi di Azione Partigiana di Giangiacomo Feltrinelli, Avanguardia Operaia, il Collettivo Politico Metropolitano e la sua naturale gemmazione, le Brigate Rosse. Tra affinità e differenze Non stupirà quindi leggere del viaggio di Franco Piperno (Potere Operaio) in Irlanda del Nord, nell'ottobre del 1971, per stringere contatti con l'Esercito Repubblicano Irlandese e studiarne probabilmente le strategie, non solo paramilitari, ma anche di radicamento profondo nel tessuto sociale di appartenenza. Era una questione cruciale, quella del rapporto con le masse di riferimento, anche per i movimenti della sinistra extraparlamentare italiana, esposti - in virtù dell'egemonia del Pci - al rischio di scollamento con il loro primo interlocutore, il proletariato industriale. Altre esperienze internazionali di quegli anni che venivano monitorate erano naturalmente quelle dell'Eta in Spagna, dell'Erp ( Ejército Revolucionario del Pueblo ) in Argentina e dei Tupamaros in Uruguay. Ma le connessioni transnazionali e gli esempi delle guerre di liberazione di altri popoli sono un aspetto, se non marginale, non certo centrale dello studio di Donato, che invece verte per gran parte sulla ricostruzione delle dinamiche interne dei movimenti italiani citati. Vengono sottolineate le affinità di intenti tra taluni gruppi, ma soprattutto le differenze, se non proprio ideologiche, quantomeno tattiche strategiche che li dividevano: le accuse reciproche di spontaneismo e dogmatismo ortodosso, le differenti visioni sulla fatidica «ora della guerriglia», la «guerra di lunga durata», e la definitiva scelta della clandestinità. L'analisi del testo si fonda sull'interpretazione di documenti tra cui spiccano articoli usciti sulle riviste che facevano riferimento ai vari gruppi, ma anche reminiscenze postume degli attivisti, e il dibattito sorto all'interno di convegni e incontri delle organizzazioni in questione. Di particolare interesse è la rivisitazione del dissidio interno a Potere Operaio e il graduale ma inesorabile divario tra le posizioni di Toni Negri e Franco Piperno. Sono dunque oggetto di riflessione la critica di quest'ultimo al modello delle Br, e lo scetticismo del professore padovano nei confronti della strategia della lunga durata e la sua propensione a unificare i due livelli dell'organizzazione di Po, ossia quello della struttura separata a cui eventualmente demandare le azioni armate e quello del movimento di massa: «(Il movimento) era cominciato con la speranza che la classe potesse investire il partito e finisce nella convinzione che questo non era possibile, che quindi in realtà bisognava usare le due corsie, quella dell'avanguardia e quella del movimento di massa, e questo diventa distruttivo». Il nodo della clandestinità Uno degli aspetti più rilevanti dello studio di Gabriele Donato è la focalizzazione non su aspetti sensazionalistici e «scottanti» per così dire di quegli anni difficili, come le azioni armate, ma sulla dialettica delle posizioni politiche e sulla disamina di obiettivi e strategie articolate dal fronte frastagliato della sinistra extraparlamentare. L'autore mantiene costantemente il focus sul dibattito tra i gruppi, non per una ricognizione dei suoi esiti, ma per scandagliarne le ragioni, le differenziazioni teoriche, gli esempi da seguire. In questo contesto, appare centrale l'attenzione nei confronti dei Gap di Feltrinelli e del loro modello di resistenza basato sulla guerra di liberazione dal nazifascismo, confrontato con il radicamento metropolitano del Cpm di Curcio e dei suoi eredi: la nascente Sinistra Proletaria, e in seguito le BR. Sempre nell'ambito della clandestinità, queste ultime formazioni si differenziavano dai Gap non soltanto dal punto di vista strategico, ma soprattutto teorico, proponendo visioni e letture distanti della situazione contingente, pur condividendo gli obiettivi da perseguire tramite la lotta armata. È proprio questo focus che permette al libro di Donato di inserirsi efficacemente nel dibattito storico e politico su quegli anni cruciali, ovvero nel porre l'interesse, tramite un'analisi critica sulle grammatiche ideologiche che costituivano l'ossatura teorica dei movimenti dell'estrema sinistra, sottolineandone le convergenze, ma lasciando soprattutto intuire le divergenze che avrebbero portato l'opzione armata prima a uno stallo politico, e poi a un'inesorabile fallimento.

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