![La lotta è armata, di G. Donato](https://lh3.googleusercontent.com/blogger_img_proxy/AEn0k_up6CM6epApqehxujnTbzOOlAZEENO67fw2LH7cvOqngBtEh7NKHFts-Pn5Yy1ghuHyhnRXc2NtH37EjQxbGjdpLrLhaUg0yAuV8LEn6m-a9uSIOeJaYyMKR2GQwMnW6h8mEA=s0-d)
Gabriele Donato:
La lotta è armata. Estrema sinistra e violenza, IRSML
Risvolto
«La
lotta è armata»: questo doveva essere il messaggio diffuso dalla foto
della pistola puntata alla tempia dell’ingegner Macchiarini, nel marzo
del 1972. Le parole sono di Renato Curcio, e si riferiscono al primo
sequestro-lampo realizzato dalle Brigate Rosse. Si trattò di un episodio
rilevante: i brigatisti avevano deciso di passare defin
itivamente
all’azione. D’altro canto, quella primavera non ebbe un attimo di pace:
pochi giorni dopo morì Giangiacomo Feltrinelli, mentre il maggio fu
segnato dall’omicidio del commissario Luigi Calabresi.
Quali fattori
determinarono un’escalation tanto drammatica? Per quali ragioni tanti
gruppi della sinistra extra-parlamentare considerarono persuasiva
l’ipotesi della violenza? Perché la tentazione del ricorso ad azioni
terroristiche si rivelò tanto seduttiva? Questi sono gli interrogativi
affrontati dal testo: la ricerca di Gabriele Donato propone una
riflessione attenta sulle motivazioni che spinsero tante e tanti a
scegliere la lotta armata, e analizza le argomentazioni grazie alle
quali tale scelta trovò una legittimazione negli ambienti dell’estrema
sinistra.
Il lavoro si concentra sull’evoluzione delle elaborazioni
di gruppi come Potere Operaio e Lotta Continua, e la confronta con la
proposta politica delle prime Brigate Rosse: l’esame attento di giornali
e documenti dà vita a una comparazione dettagliata, arricchita
dall’utilizzo sistematico di fonti di altro genere: interviste e
autobiografie in modo particolare.
Ne esce un quadro vivace di anni
importanti, segnati da episodi clamorosi (che il libro descrive con
cura) e dal protagonismo di personaggi che avrebbero fatto parlare a
lungo di sé, come Toni Negri, Adriano Sofri, Renato Curcio e tanti
altri.
Collana Quaderni, 28
Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, Trieste 2012, 404 p.
ISBN 9788890400698 € 24,00
Gabriele Donato
(Cividale del Friuli, 1976), è dottore di ricerca in Storia
contemporanea e insegnante di Storia e Filosofia. Con l’Istituto
friulano per la storia del movimento di liberazione ha pubblicato nel
2008 la monografia Sovversivi, dedicata all’antifascismo
cospirativo in Friuli fra le due guerra. Negli anni successivi si è
occupato del movimento sindacale nel Novecento e della violenza politica
nell’Italia degli anni Settanta, tema sul quale dal 2010 ha svolto
attività di ricerca presso l’Università di Trieste.
I contorni sfumati di un vicolo cieco
Un grande lavoro sui documenti, articoli e saggi provenienti dai gruppi della sinistra extraparlamentare
ARTICOLO - Enrico Terrinoni il manifesto 2013.05.18 - 11
«And you dare to call me a terrorist, while
you look down your gun...». È un famoso verso della ballata dedicata a
Joe McDonnell, giovane volontario dell'Ira, morto durante lo sciopero
della fame del 1981: «e osate chiamarmi terrorista, mentre siete voi a
puntare il fucile... avete terrorizzato la mia gente, avete governato
con pugno di ferro...». L'opzione della lotta armata, anche quando
confinata alla cornice di un conflitto nazionale, assume spesso
connotati che trascendono l'idea stessa di confini nazionali,
permettendo di stabilire connessioni tra contesti lontani, considerati
affini in virtù di letture talvolta strumentali. Ai versi sopra citati
giunge come ideale controcanto alcuen frasi tratte dall'articolo
«Terroristi noi, opportunisti loro?», pubblicato in «Potere Operaio» nel
febbraio del 1972: «a meno di non essere degli analfabeti teorici e di
chiamare terrorista chi spara - nell'esperienza storica del proletariato
e nella tradizione del movimento rivoluzionario la differenza tra
terrorismo e comunismo si dà proprio attorno a una questione
fondamentale: la fiducia o meno nel movimento delle masse, nella sua
capacità di offensiva». È un vulnus dialettico attorno al quale ruotano
condanne e delegittimazioni della violenza armata nella lotta politica
di una parte della allora sinistra extraparlamentare italiana. È di
questo che si occupa un libro dello storico Gabriele Donato che ha un
titolo, La lotta è armata. Estrema sinistra e violenza: gli anni
dell'apprendistato. 1969-1972 (Istituto regionale per la storia del
movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, pp. 404, euro 24),
che esemplifica l'argomento centrale di questo libro: le dinamiche, le
contraddizioni, i dissidi ideologici e le strategie dei movimenti della
sinistra extra-parlamentare, clandestini e non, votati alla
predisposizione di scenari sociali e politici ritenuti utili alla
disarticolazione dello stato borghese e di tutte le sue diramazioni,
istituzionali e partitiche. Il libro è innanzitutto una «mappatura
retorica» del dibattito interno a movimenti come Lotta Continua, Potere
Operaio, i Gruppi di Azione Partigiana di Giangiacomo Feltrinelli,
Avanguardia Operaia, il Collettivo Politico Metropolitano e la sua
naturale gemmazione, le Brigate Rosse. Tra affinità e differenze Non
stupirà quindi leggere del viaggio di Franco Piperno (Potere Operaio) in
Irlanda del Nord, nell'ottobre del 1971, per stringere contatti con
l'Esercito Repubblicano Irlandese e studiarne probabilmente le
strategie, non solo paramilitari, ma anche di radicamento profondo nel
tessuto sociale di appartenenza. Era una questione cruciale, quella del
rapporto con le masse di riferimento, anche per i movimenti della
sinistra extraparlamentare italiana, esposti - in virtù dell'egemonia
del Pci - al rischio di scollamento con il loro primo interlocutore, il
proletariato industriale. Altre esperienze internazionali di quegli anni
che venivano monitorate erano naturalmente quelle dell'Eta in Spagna,
dell'Erp ( Ejército Revolucionario del Pueblo ) in Argentina e dei
Tupamaros in Uruguay. Ma le connessioni transnazionali e gli esempi
delle guerre di liberazione di altri popoli sono un aspetto, se non
marginale, non certo centrale dello studio di Donato, che invece verte
per gran parte sulla ricostruzione delle dinamiche interne dei movimenti
italiani citati. Vengono sottolineate le affinità di intenti tra taluni
gruppi, ma soprattutto le differenze, se non proprio ideologiche,
quantomeno tattiche strategiche che li dividevano: le accuse reciproche
di spontaneismo e dogmatismo ortodosso, le differenti visioni sulla
fatidica «ora della guerriglia», la «guerra di lunga durata», e la
definitiva scelta della clandestinità. L'analisi del testo si fonda
sull'interpretazione di documenti tra cui spiccano articoli usciti sulle
riviste che facevano riferimento ai vari gruppi, ma anche reminiscenze
postume degli attivisti, e il dibattito sorto all'interno di convegni e
incontri delle organizzazioni in questione. Di particolare interesse è
la rivisitazione del dissidio interno a Potere Operaio e il graduale ma
inesorabile divario tra le posizioni di Toni Negri e Franco Piperno.
Sono dunque oggetto di riflessione la critica di quest'ultimo al modello
delle Br, e lo scetticismo del professore padovano nei confronti della
strategia della lunga durata e la sua propensione a unificare i due
livelli dell'organizzazione di Po, ossia quello della struttura separata
a cui eventualmente demandare le azioni armate e quello del movimento
di massa: «(Il movimento) era cominciato con la speranza che la classe
potesse investire il partito e finisce nella convinzione che questo non
era possibile, che quindi in realtà bisognava usare le due corsie,
quella dell'avanguardia e quella del movimento di massa, e questo
diventa distruttivo». Il nodo della clandestinità Uno degli aspetti più
rilevanti dello studio di Gabriele Donato è la focalizzazione non su
aspetti sensazionalistici e «scottanti» per così dire di quegli anni
difficili, come le azioni armate, ma sulla dialettica delle posizioni
politiche e sulla disamina di obiettivi e strategie articolate dal
fronte frastagliato della sinistra extraparlamentare. L'autore mantiene
costantemente il focus sul dibattito tra i gruppi, non per una
ricognizione dei suoi esiti, ma per scandagliarne le ragioni, le
differenziazioni teoriche, gli esempi da seguire. In questo contesto,
appare centrale l'attenzione nei confronti dei Gap di Feltrinelli e del
loro modello di resistenza basato sulla guerra di liberazione dal
nazifascismo, confrontato con il radicamento metropolitano del Cpm di
Curcio e dei suoi eredi: la nascente Sinistra Proletaria, e in seguito
le BR. Sempre nell'ambito della clandestinità, queste ultime formazioni
si differenziavano dai Gap non soltanto dal punto di vista strategico,
ma soprattutto teorico, proponendo visioni e letture distanti della
situazione contingente, pur condividendo gli obiettivi da perseguire
tramite la lotta armata. È proprio questo focus che permette al libro di
Donato di inserirsi efficacemente nel dibattito storico e politico su
quegli anni cruciali, ovvero nel porre l'interesse, tramite un'analisi
critica sulle grammatiche ideologiche che costituivano l'ossatura
teorica dei movimenti dell'estrema sinistra, sottolineandone le
convergenze, ma lasciando soprattutto intuire le divergenze che
avrebbero portato l'opzione armata prima a uno stallo politico, e poi a
un'inesorabile fallimento.
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