lunedì 20 maggio 2013
La nuova Cina esce dal sottosviluppo
La classe media cinese sogna il Paradiso ma fatica ad arrivare a fine mese
GUIDO SANTEVECCHI, Corriere della Sera | 20 Maggio 2013
La rivoluzione borghese della Cina
La classe media moltiplica le proteste: oltre al benessere ci sono i diritti
di Cecilia Attanasio Ghezzi il Fatto 22.5.13
Pechino La classe media cinese è tra le più giovani e arrabbiate del
mondo. E cresce, in maniera proporzionale a quanto cresce l'economia del
paese. Nel 2002, quando la Cina era appena entrata nel Wto, l'allora
presidente Jiang Zemin fu costretto a inventarsi un termine che non
andasse a collidere con cinquant'anni di accese lotte politiche contro i
“valori decadenti borghesi”. Ora che il Partito comunista cinese aveva
garantito la famosa ciotola di riso a tutti bisognava promuovere “il
nuovo strato dei medi possidenti”. Da allora l'implicito contratto
sociale tra Partito e borghesia fu chiaro: lasciateci governare e vi
permetteremo di arricchirvi. Oggi è considerato ceto medio il 10% della
popolazione e si prevede che nel 2020 sarà il 40%. Forse.
Come spiega Shaun Rein, autore di End of Cheap China ormai nell'ex
Impero di mezzo i ricchi possono permettersi di vivere ovunque e i
poveri vedono i propri stipendi aumentare di due cifre ogni anno. Solo
la classe media, che anela al giorno in cui avrà un’auto e un
appartamento di proprietà, è sempre più consapevole che difficilmente
riuscirà a realizzare il proprio sogno. Ancora non è pronta a rinunciare
a quello che si è faticosamente conquistata, ma intanto usa i social
media per informarsi e diffondere notizie, individua gli obiettivi su
cui è possibile lottare e si organizza.
PERCHÉ nel frattempo anche il mondo è cambiato. Aumentano i salari e le
multinazionali spostano le produzioni in paesi più poveri, cresce la
ricchezza ed esplodono le ingiustizie sociali, migliorano le
infrastrutture ma sempre meno persone possono usarle. Negli ultimi
cinque anni, le proteste che dal web si sono spostate in strada sono
diventate più frequenti. Dei 180mila “incidenti di massa” che avvengono
in Cina ogni anno, le proteste legate alla tutela dell'ambiente hanno
ormai superato quelle scatenate da rivendicazioni legate al lavoro o
agli espropri forzati. Xiamen (2007), Dalian (2011), Ningbo (2012) e
Kunming (oggi) ne sono gli esempi più noti. Serve internet per arrivare a
questi risultati .
Per anni si è parlato del fenomeno della “nascente” borghesia cinese in
maniera bipolare. Secondo alcuni sarebbe stata la garanzia dello status
quo politico, per altri si trattava invece di una bomba a orologeria
pronta a far esplodere il sistema. Ma, come sempre in Cina, le cose sono
più complicate. I problemi del ceto medio non si limitano all'aumento
del caro vita come nelle altre metropoli occidentali. Qui, diritti base
come aria pulita, sicurezza alimentare, scuole e sanità di alto livello,
sono preclusi ai più. L'ingiustizia è palese. Ormai non sono solo gli
internauti più esperti a sapere che nella Grande sala del popolo, quella
dove i legislatori si riuniscono, sono installati i migliori
purificatori d'aria di tutta la Cina. Meno dell'un per cento dei 560
milioni di residenti urbani del paese può respirare aria che soddisfa
gli standard europei. E governare limitandosi a soddisfare le necessità
dell'un per cento della popolazione vuol dire assumersi un grosso
rischio.
IL REGIME è sempre più esposto alle proteste per la corruzione dei
funzionari, la crescente disparità tra ricchi e poveri e la relativa
libertà di espressione. Ma il tema dell'inquinamento è traversale e, in
qualche modo, apolitico. Non passa giorno senza che uno scandalo mini la
fiducia dei cinesi nel futuro. Villaggi del cancro, acqua al cadmio,
fiumi improvvisamente rossi o pieni di migliaia di maiali in
decomposizione, infarti durante maratone cittadine a causa
dell'inquinamento atmosferico, olio di scolo riutilizzato nei
ristoranti, latte in polvere avvelenato... Nessuno vuole sottoporre i
propri figli a questi rischi. Tanto più se il figlio è uno, per legge.
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