Piero Bevilacqua, il manifesto | 16 Maggio 2013
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Nietzsche profeta e artista decadente? Oppure filosofo-guerriero del darwinismo pangermanista? O forse teorico di un socialismo "spirituale" che fonde in un solo fronte destra e sinistra e prepara la rivincita della Germania?
Nella lettura di Arthur Moeller van den Bruck la genesi della Rivoluzione conservatrice e uno sguardo sul destino dell'Europa.
È la stessa cosa leggere Nietzsche quando è ancora vivo il ricordo della Comune di Parigi e i socialisti avanzano dappertutto minacciosi e leggerlo qualche anno dopo, quando la lotta di classe interna cede il passo al conflitto tra la Germania e le grandi potenze continentali? Ed è la stessa cosa leggerlo dopo la Prima guerra mondiale, quando una sconfitta disastrosa e la fine della monarchia hanno mostrato quanto fosse fragile l’unità del popolo tedesco?
Arthur Moeller van den Bruck è il padre della Rivoluzione conservatrice e ha anticipato autori come Spengler, Heidegger e Jünger. Nel suo sguardo, il Nietzsche artista e profeta che tramonta assieme all’Ottocento rinasce alla svolta del secolo nei panni del filosofo-guerriero di una nuova Germania darwinista; per poi, agli esordi della Repubblica di Weimar, diventare l’improbabile teorico di un socialismo spirituale che deve integrare la classe operaia e preparare la rivincita, futuro cavallo di battaglia del nazismo.
Tre diverse letture di Nietzsche emergono da tre diversi momenti della storia europea. E sollecitano un salto evolutivo del liberalismo conservatore: dalla reazione aristocratica tardo-ottocentesca contro la democrazia sino alla Rivoluzione conservatrice, con la sua pretesa di fondere destra e sinistra e di padroneggiare in chiave reazionaria la modernità e le masse, il progresso e la tecnica.
In appendice la prima traduzione italiana dei quattro saggi di Arthur Moeller van den Bruck su Nietzsche.
5 commenti:
Ciao Stefano, come stai? Sempre curato e stimolante il tuo blog. Mi permetto però di dissentire dall'accostamento del concetto di 'decrescita felice' a quello di 'regresso economico-sociale'. E' senz'altro vero che il tritacarne mediatico si sia appropriato, metabolizzandoli per risputarli alterati ad hoc nel calderone del target consumista, di termini quali 'biologico', 'chilometro zero' e compagnia bella. Trovo, tuttavia, altrettanto vero che il capitalismo ipermaturo abbia dimostrato di utilizzare meccanismi intollerabili per l'individuo e inconciliabili con la ricerca di 'verità e bellezza'. L'eccesso di astrazione della 'società dei servizi', la rimozione a oltranza del 'brutto' senza il quale si negherebbe l'esistenza del 'bello', solo per citarne alcuni, hanno prodotto uno smarrimento su cui, a mio avviso, si fondano la logica del concetto di consumo e, a degno corollario, la soddisfazione ottusa e sterile di bisogni indotti. Rivolgersi alla 'natura', riappropriarsi del tempo soggettivo mi appaiono gli approdi naturali di chi, individuando nella ricerca della felicità lo scopo dell'esistenza, rifiuta di essere parte di un organismo sociale che appare oggi
tanto brutale quanto brutalizzante. Mi scuso per il tentativo di sintesi; il tema meriterebbe il supporto di argomentazioni molto più articolate, ma temo inadatte allo spazio di un commento.
Ti abbraccio con affetto,
Donatella
Non credo che il problema sia il consumo. Il problema è sempre la produzione e il modo di produzione. Parlare di decrescita felice vuol suggerire che si vorrebbero conservare i vantaggi del capitalismo liberandosi degli svantaggi, il che è una pia utopia. Parlare di decrescita felice, inoltre, puzza un po' di occidentocentrismo perché sembra dire all'ex Terzo Mondo: non potrete mai svilupparvi come abbiamo fatto noi. Preferisco il buon vecchio concetto di socialismo, con tutta la muffa.
Be' Nonno :-), nei miei sogni la decrescita è solo una tappa per l'abbandono totale e senza pentimenti del capitalismo. Il consumo diventa problema quando è inconsapevole, acritico e irrispettoso (dei diritti dei lavoratori, dei costi ambientali). Quanto all'ex Terzo Mondo, se a qualcosa può servire l'esperienza occidentale è solo da monito: attenzione a svilupparvi come abbiamo fatto noi, guardate come siamo messi. Al socialismo, come a tutto ciò che è stato storia dovremmo guardare con le lenti del presente e un occhio al futuro: un buon restauro non solo leva la muffa, ma fa riemergere la bellezza originaria, secondo me.
Dona
Come sei diventata saggia.
La saggezza è il vestito buono del disincanto, temo.
Di certo c'è che mi sto sforzando di vivere con coerenza e responsabilità le esperienze fin qui accumulate e che condivido la visione anarchico-libertaria, con un tocco di primitivismo. 'Tutti gli uomini sono cattivi'... niente di nuovo sotto il sole!:-)
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