venerdì 14 giugno 2013

E' Galimberti ma ricorda tanto Nietzsche...



Uhm... [SGA].

Umberto Galimberti: Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto, Feltrinelli, pp. 436, euro 18,00

Risvolto
Più di dieci anni fa nelle "Orme del sacro" Umberto Galimberti esplorava la religiosità in Occidente. Da allora la riflessione di Galimberti sul sacro e sulla sua crisi si è approfondita, mentre molte cose cambiavano nel panorama religioso e intellettuale, prima fra tutte l'elezione di Joseph Ratzinger a papa dopo la scomparsa di Giovanni Paolo II. In questo nuovo libro, che riprende solo in alcune parti il testo precedente, Galimberti mira a definire compiutamente la sua visione del cristianesimo, a cui riconosce il merito di aver dato vita e forma all'Occidente, ma che a questo Occidente ha anche strappato il cuore autenticamente religioso. Il cristianesimo è per Galimberti la religione dal cielo vuoto, la religione che ha desacralizzato il sacro, perché ha assegnato tutto il bene a Dio e tutto il male a Satana. Ha preferito la razionalità della filosofia greca con cui ha costruito la sua teologia al comandamento dell'amore che è l'essenza del messaggio evangelico. Per contare ancora qualcosa nel nostro mondo dominato dalla tecnica, questo cristianesimo ormai del tutto esangue e desacralizzato si è ridotto a un'agenzia etica, che si pronuncia su aborto, fine vita, scuola pubblica e privata, e si è fatto "evento diurno, lasciando la notte indifferenziata del sacro alla solitudine dei singoli, (...) che oggi, senza protezione religiosa, devono vedersela da soli con l'abisso della propria follia, che il sacro sapeva rappresentare e la ritualità religiosa placare".

Galimberti, la religione dal cielo vuoto

Nel suo nuovo saggio definisce la sua visione del cristianesimo, che ha desacralizzato il sacro

di Giuseppe Cantarano l’Unità 14.6.13


DAL CIELO DEL CRISTIANESIMO IL SACRO QUELLA DIMENSIONE DEL DIVINO INACCESSIBILE E INDIFFERENZIATA, TEMIBILE E NELLO STESSO TEMPO ATTRAENTE AVREBBE FATTO ESODO. Emigrando sulla terra. Giacché facendosi uomo, Dio non perde soltanto la sua trascendenza. Con essa perde irrimediabilmente anche la sua sacralità: (p. 29). E poiché il cristianesimo altro non è che l’Occidente, la desacralizzazione del cristianesimo avrebbe comportato inevitabilmente la conseguente desacralizzazione dell’Occidente, sostiene Umberto Galimberti (Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto, Feltrinelli, pp. 436, euro 18,00 ). Noi un po’ forse ingenuamente eravamo abituati a credere che la desacralizzazione del cristianesimo fosse l’esito del processo di secolarizzazione. Che la modernità tende ad imprimere sulle società occidentali. Sempre di più modellate dalla disincantata razionalità tecnico-scientifica. E sempre meno sensibili alla seduzione del sacro. All’incanto del divino.
Sarebbe, invece, il processo nichilistico nel quale sin dalle sue origini è travolto il cristianesimo, ad aver irrimediabilmente contagiato la moderna società occidentale. Che può perfettamente continuare a «funzionare» ci garantisce Galimberti anche facendo a meno della dimensione del sacro. Anche rinunciando a Dio. Mentre non riuscirebbe a funzionare nemmeno per un istante, ad esempio, se da essa venisse meno la scienza. E la tecnica. Diciamolo diversamente: come non sarebbe possibile immaginare l’età medioevale senza la pervasiva fede in Dio, sarebbe così altrettanto impossibile immaginare la nostra epoca senza la razionalità tecnico-scientifica. Insomma, non sarebbe il moderno nichilismo della scienza a prosciugare il mondo da ogni traccia divina. Non sarebbe il moderno nichilismo della tecnica a cancellare dalla nostra società ogni residua sopravvivenza del sacro. È invece lo stesso cristianesimo ad operare questa desacralizzazione. Poiché il nichilismo è conficcato nel cuore della religione cristiana. Una religione il cui Dio non solo si incarna nell’uomo. Ma condivide fino in fondo l’esito dissolutivo dunque nichilistico di tale incarnazione. Di tale umanizzazione. Morendo sulla croce. E un Dio che muore si chiedeva Sergio Quinzio - come potrà salvarci? No, non potrà essere più Dio a salvarci. È ormai questa la diffusa consapevolezza dell’Occidente, ci dice Galimberti. Ecco perché è alla terribile e onnipotente «sacralità» della tecnica e della scienza che riponiamo le nostre ultime speranze di salvezza. Poiché, nonostante la desacralizzazione dell’escatologia cristiana, nonostante la secolarizzazione dell’Occidente, ciò che noi tutti imploriamo è la salvezza. Certo, «nessun Dio ci può salvare», come diceva Heidegger. E non può salvarci poiché il trionfo della tecnica fa da contrappunto al dileguarsi di Dio. E tuttavia: perché, nonostante ciò, non viene meno il bisogno, la speranza, la domanda «religiosa» di salvezza? È forse questa la domanda più sorprendente alla quale il libro di Galimberti avrebbe dovuto fornire una risposta.

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