La crisi è un momento fondativo, una condizione del progresso e uno strumento attraverso cui la contemporaneità interpreta se stessa. Ma cosa accade quando la crisi entra, essa stessa, in crisi? Lo mostra l'Italia degli ultimi vent'anni: le rivoluzioni politiche non sono più capaci di segnare un percorso vettoriale di evoluzione ma, al contrario, tracciano un avvitamento labirintico, nel quale l'inerzia sembra vincere sulla spinta propulsiva. Per decifrare il nostro sdrucciolevole presente, Carlo Galli ha riunito dieci testi di analisi politica che disegnano un itinerario tra l'inizio degli anni Novanta e il presente: un regesto, tra lettura a caldo e interpretazione retrospettiva, delle crisi recenti, e una fotografia in divenire della società italiana. Dalla privatizzazione della politica, attraverso l'anti-statalismo e il populismo, fino al virus dell'antipolitica, le stagioni si succedono e si intrecciano, proponendo interrogativi e sfidando a cogliere possibili chiavi di lettura. Il finale aperto, in mezzo al guado, non esclude la speranza: il ritorno di una crisi che sia non ennesimo segno del caos, ma svolta politica portatrice di senso.
sabato 15 giugno 2013
Il libro di Carlo Galli sulla crisi italiana
Anche in questo caso non si può evitare di chiedersi: perché il PD? [SGA].
Risvolto
La crisi è un momento fondativo, una condizione del progresso e uno strumento attraverso cui la contemporaneità interpreta se stessa. Ma cosa accade quando la crisi entra, essa stessa, in crisi? Lo mostra l'Italia degli ultimi vent'anni: le rivoluzioni politiche non sono più capaci di segnare un percorso vettoriale di evoluzione ma, al contrario, tracciano un avvitamento labirintico, nel quale l'inerzia sembra vincere sulla spinta propulsiva. Per decifrare il nostro sdrucciolevole presente, Carlo Galli ha riunito dieci testi di analisi politica che disegnano un itinerario tra l'inizio degli anni Novanta e il presente: un regesto, tra lettura a caldo e interpretazione retrospettiva, delle crisi recenti, e una fotografia in divenire della società italiana. Dalla privatizzazione della politica, attraverso l'anti-statalismo e il populismo, fino al virus dell'antipolitica, le stagioni si succedono e si intrecciano, proponendo interrogativi e sfidando a cogliere possibili chiavi di lettura. Il finale aperto, in mezzo al guado, non esclude la speranza: il ritorno di una crisi che sia non ennesimo segno del caos, ma svolta politica portatrice di senso.
La crisi è un momento fondativo, una condizione del progresso e uno strumento attraverso cui la contemporaneità interpreta se stessa. Ma cosa accade quando la crisi entra, essa stessa, in crisi? Lo mostra l'Italia degli ultimi vent'anni: le rivoluzioni politiche non sono più capaci di segnare un percorso vettoriale di evoluzione ma, al contrario, tracciano un avvitamento labirintico, nel quale l'inerzia sembra vincere sulla spinta propulsiva. Per decifrare il nostro sdrucciolevole presente, Carlo Galli ha riunito dieci testi di analisi politica che disegnano un itinerario tra l'inizio degli anni Novanta e il presente: un regesto, tra lettura a caldo e interpretazione retrospettiva, delle crisi recenti, e una fotografia in divenire della società italiana. Dalla privatizzazione della politica, attraverso l'anti-statalismo e il populismo, fino al virus dell'antipolitica, le stagioni si succedono e si intrecciano, proponendo interrogativi e sfidando a cogliere possibili chiavi di lettura. Il finale aperto, in mezzo al guado, non esclude la speranza: il ritorno di una crisi che sia non ennesimo segno del caos, ma svolta politica portatrice di senso.
Un nuovo Illuminismo per uscire dalla crisi
Il saggio di Carlo Galli sulla rinascita dell’Italia e della buona politica
di Massimo L. Salvadori Repubblica 15.6.13
La
parola “crisi” nel greco antico ha una molteplicità di significati:
separazione, scioglimento, lotta, scelta, fase decisiva nel decorso di
una malattia. Corrente nel nostro linguaggio è la sintesi di essi,
secondo cui si ha una condizione di crisi quando avviene una separazione
tra ciò che è stato, ciò che è e ciò che si avvia ad essere in un
contesto di gravi difficoltà nel quale si richiede di compiere scelte.
Dai primi Novanta del secolo scorso in avanti l’Italia è passata
attraverso una serie di crisi, che in effetti ne fanno i capitoli di una
sola, la quale si trascina da circa vent’anni. E ciascuno è costretto a
viverci dentro e a suo modo a rifletterci. Lo ha fatto anche Carlo
Galli, storico del pensiero politico e fresco deputato nelle file del
Partito democratico, nei saggi — che coprono l’intero periodo in
questione — raccolti in un volumetto, edito da Bruno Mondadori, dal
titolo Itinerario nelle crisi (pagg. 129, euro 16).
Nel passare
attraverso alcuni dei temi centrali della riflessione dell’autore,
voglio iniziare da una pregnante affermazione su quel che la storia può
insegnare: «La storia insegna per ciò che essa non è, e non è stata; per
ciò che si è perduto (…) e che ora ci interpella come un dovere
inadempiuto». Colpisce leggere quanto Galli scrive nelle pagine iniziali
dei suoi “Itinerari”, dove — siamo nel 1991 — si parla di un principio
di legalità travolto, di un legalismo formale che si contrappone
all’illegalità di fatto, della perdita di legittimità del sistema
politico, del compito urgente di dare una nuova credibilità ad un
sistema politico che l’ha perduta.
Colpisce, appunto, perché si
tratta di considerazioni che potrebbero essere scritte, senza
variazioni, oggi. Il che dà piena testimonianza del fatto che un
ventennio è trascorso senza che quel compito sia stato affrontato e
tanto meno eseguito con successo. Quando da poco il Paese si era
inoltrato nella sconclusionata Seconda repubblica, l’autore denunciava
in maniera perspicace «il rischio» che il rifiuto dell’inefficienza
sfociasse nel rifiuto del pubblico, il rifiuto delle ideologie nel
«rifiuto della stessa politica, nella sua forma statuale e istituzionale
», così da prefigurare «il trionfo di un regime post-politico, di un
nuovo populismo » nutrito di un individualismo neoliberistico posto
sotto la cappa di «una guida carismatica virtuale (televisiva) »,
inneggiante alla diseguaglianza come impulso dinamico e facente leva su
una ridefinizione dei rapporti tra potere politico e potere mediato.
Anche qui ciò che si presentava in potenza si è tramutato in atto.
All’ordine
del giorno «nello spazio teorico del pensiero politico — osserva Galli —
si fronteggiano due complessi ideali» (sono i volti della destra e
della sinistra): l’uno fa appello all’autoregolazione della società,
respinge l’eccesso di interventi progettuali, sostiene il primato
dell’iniziativa dei singoli; l’altro invece ritiene la società bisognosa
di regole stabilite da un’autorità pubblica e la necessità del primato,
del comando, democraticamente fondato, della politica: di una politica,
che deve rimontare la china agli occhi di una pubblica opinione sempre
più delusa e persino ostile.
Nelle pagine conclusive il nostro autore
affida la sua speranza nella rinascita della buona politica, auspicando
che su di essa prenda a soffiare «il vento del pensiero» di cui parlava
Hannah Arendt, ovvero di un sapere che «si nutra, oltre che di scienza,
di memoria del passato e di immaginazione del futuro »; ed invoca «un
nuovo illuminismo, adatto a tempi più disincantati, e anche più
spaventati». Si può ben capire, dato lo stato in cui versa il Pd, che
l’autore chiuda le sue lucide considerazioni volgendo lo sguardo
preoccupato al suo partito: che, «appaesato in un contesto di crescita
economica neoliberista» e inteso a far «valere istanze di giustizia
sociale e di sviluppo dei diritti», non ha però saputo finora trovare la
chiave di efficaci risposte.
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