sabato 15 giugno 2013

Il libro di Carlo Galli sulla crisi italiana

Itinerario nelle crisi
Anche in questo caso non si può evitare di chiedersi: perché il PD? [SGA].

Carlo Galli: Itinerario nelle crisi, Bruno Mondadori pagg. 129 euro 16

Risvolto
 La crisi è un momento fondativo, una condizione del progresso e uno strumento attraverso cui la contemporaneità interpreta se stessa. Ma cosa accade quando la crisi entra, essa stessa, in crisi? Lo mostra l'Italia degli ultimi vent'anni: le rivoluzioni politiche non sono più capaci di segnare un percorso vettoriale di evoluzione ma, al contrario, tracciano un avvitamento labirintico, nel quale l'inerzia sembra vincere sulla spinta propulsiva. Per decifrare il nostro sdrucciolevole presente, Carlo Galli ha riunito dieci testi di analisi politica che disegnano un itinerario tra l'inizio degli anni Novanta e il presente: un regesto, tra lettura a caldo e interpretazione retrospettiva, delle crisi recenti, e una fotografia in divenire della società italiana. Dalla privatizzazione della politica, attraverso l'anti-statalismo e il populismo, fino al virus dell'antipolitica, le stagioni si succedono e si intrecciano, proponendo interrogativi e sfidando a cogliere possibili chiavi di lettura. Il finale aperto, in mezzo al guado, non esclude la speranza: il ritorno di una crisi che sia non ennesimo segno del caos, ma svolta politica portatrice di senso.  


Un nuovo Illuminismo per uscire dalla crisi

Il saggio di Carlo Galli sulla rinascita dell’Italia e della buona politica

di Massimo L. Salvadori Repubblica 15.6.13


La parola “crisi” nel greco antico ha una molteplicità di significati: separazione, scioglimento, lotta, scelta, fase decisiva nel decorso di una malattia. Corrente nel nostro linguaggio è la sintesi di essi, secondo cui si ha una condizione di crisi quando avviene una separazione tra ciò che è stato, ciò che è e ciò che si avvia ad essere in un contesto di gravi difficoltà nel quale si richiede di compiere scelte. Dai primi Novanta del secolo scorso in avanti l’Italia è passata attraverso una serie di crisi, che in effetti ne fanno i capitoli di una sola, la quale si trascina da circa vent’anni. E ciascuno è costretto a viverci dentro e a suo modo a rifletterci. Lo ha fatto anche Carlo Galli, storico del pensiero politico e fresco deputato nelle file del Partito democratico, nei saggi — che coprono l’intero periodo in questione — raccolti in un volumetto, edito da Bruno Mondadori, dal titolo Itinerario nelle crisi (pagg. 129, euro 16).
Nel passare attraverso alcuni dei temi centrali della riflessione dell’autore, voglio iniziare da una pregnante affermazione su quel che la storia può insegnare: «La storia insegna per ciò che essa non è, e non è stata; per ciò che si è perduto (…) e che ora ci interpella come un dovere inadempiuto». Colpisce leggere quanto Galli scrive nelle pagine iniziali dei suoi “Itinerari”, dove — siamo nel 1991 — si parla di un principio di legalità travolto, di un legalismo formale che si contrappone all’illegalità di fatto, della perdita di legittimità del sistema politico, del compito urgente di dare una nuova credibilità ad un sistema politico che l’ha perduta.
Colpisce, appunto, perché si tratta di considerazioni che potrebbero essere scritte, senza variazioni, oggi. Il che dà piena testimonianza del fatto che un ventennio è trascorso senza che quel compito sia stato affrontato e tanto meno eseguito con successo. Quando da poco il Paese si era inoltrato nella sconclusionata Seconda repubblica, l’autore denunciava in maniera perspicace «il rischio» che il rifiuto dell’inefficienza sfociasse nel rifiuto del pubblico, il rifiuto delle ideologie nel «rifiuto della stessa politica, nella sua forma statuale e istituzionale », così da prefigurare «il trionfo di un regime post-politico, di un nuovo populismo » nutrito di un individualismo neoliberistico posto sotto la cappa di «una guida carismatica virtuale (televisiva) », inneggiante alla diseguaglianza come impulso dinamico e facente leva su una ridefinizione dei rapporti tra potere politico e potere mediato. Anche qui ciò che si presentava in potenza si è tramutato in atto.
All’ordine del giorno «nello spazio teorico del pensiero politico — osserva Galli — si fronteggiano due complessi ideali» (sono i volti della destra e della sinistra): l’uno fa appello all’autoregolazione della società, respinge l’eccesso di interventi progettuali, sostiene il primato dell’iniziativa dei singoli; l’altro invece ritiene la società bisognosa di regole stabilite da un’autorità pubblica e la necessità del primato, del comando, democraticamente fondato, della politica: di una politica, che deve rimontare la china agli occhi di una pubblica opinione sempre più delusa e persino ostile.
Nelle pagine conclusive il nostro autore affida la sua speranza nella rinascita della buona politica, auspicando che su di essa prenda a soffiare «il vento del pensiero» di cui parlava Hannah Arendt, ovvero di un sapere che «si nutra, oltre che di scienza, di memoria del passato e di immaginazione del futuro »; ed invoca «un nuovo illuminismo, adatto a tempi più disincantati, e anche più spaventati». Si può ben capire, dato lo stato in cui versa il Pd, che l’autore chiuda le sue lucide considerazioni volgendo lo sguardo preoccupato al suo partito: che, «appaesato in un contesto di crescita economica neoliberista» e inteso a far «valere istanze di giustizia sociale e di sviluppo dei diritti», non ha però saputo finora trovare la chiave di efficaci risposte.

Nessun commento: