lunedì 8 luglio 2013

Guerra Fredda, "rivoluzioni colorate" e facili innamoramenti estivi

Da Piazza Taksim a Place Vendòme la ribellione dei ragazzi turchi. Ma i primi furono i dissidenti sovietici

Manifestare leggendo: il libro come rivolta
Non un vero gruppo né una massa: così la protesta diventa individuale

di Gian Arturo Ferrari Corriere 5.7.13


Negli anni del brezhnevismo più cupo la manifestazione (ma, come si vedrà, manifestazione non è forse il termine più appropriato) prediletta e tipica del dissenso sovietico era il raduno sulla tomba di un poeta, preferibilmente di un grande poeta. Nessun cartello, nessuna bandiera, nessuno striscione, nessuno slogan, nessun grido, nessun canto, nessun suono, fatta eccezione per la lettura di qualche testo poetico. In silenzio, tutt'al più con una candela in mano, i partecipanti si raccoglievano e stavano lì, in piedi e fermi, finché la polizia politica non li ramazzava e avviava il consueto iter di vessazioni.
Traevano ispirazione dalla rigorosa filosofia di Nikolaj Aleksandrovic Berdjaev che negava ogni forma di fusione collettiva delle volontà, e delle relative musiche e sventolii, così come ogni ascendenza al movimento operaio ottocentesco e più indietro alla tradizione militare. Al posto di tutti questi cerimoniali e paramenti, la pura e nuda presenza — l’esser lì — a simboleggiare una testimonianza singola e irriducibile a qualsiasi universale, un atto di responsabilità individuale e totale portato fino alle — quasi auspicate — conseguenze estreme. Il gesto pubblico sì, collettivo no. Le forme odierne del manifestare si stanno polarizzando. Da un lato l’antico e tradizionale corteo, l’antica e tradizionale folla, assume la dimensione del gigantesco, del colossale, come le impressionanti e ondeggianti maree umane delle piazze brasiliane ed egiziane, con il corredo — alquanto anticlimax — di fuochi d’artificio e botti vari. Dall’altro la nuova forma, inventata dai giovani turchi — quelli veri —, ma applicata con diligenza anche dagli oppositori francesi al mariage pour tous, consistente nello stare in piedi a diversi metri di distanza l’uno dall’altro nell’atto di leggere (o effettivamente leggendo) un libro. La lontananza reciproca ha una funzione pratica difensiva e per questo verso poco berdjaeviana: il non incorrere nella fattispecie di manifestazione non autorizzata, come si può intuire dalla faccia e dai muscoli dei poliziotti francesi, non tanto addentro alla filosofia russa. Ma anche un evidente valore simbolico: non un gruppo, non una massa, non un insieme, ma singoli e autonomi individui, ognuno decidente per sé e responsabile di sé. L’elemento nuovo e inedito è il libro, fin qui assente dalle manifestazioni pubbliche. Non fa testo (è il caso di dirlo) infatti l’antologia di Mao Zedong, curata dal compianto e sfortunato Lin Biao e nota come Libretto rosso, minacciosamente brandita in infinite manifestazioni non solo in Cina, ma nel cuore della colta e civilissima Europa. Si trattava di «quel» libro, sacro com’è ovvio, e non di «un» libro qualsiasi e cioè «del» libro in quanto tale, così come è oggi. Anche in questo odierno uso del libro non è difficile ravvisare l’intento difensivo e poco berdjaeviano. Chi sta leggendo fa altro, non è occupato a turbare la quiete pubblica. Ma c’è qualcosa di più, forse di molto di più. Innanzitutto un dato sociale, di rispetto e di dissuasione sociale. Chi legge non è uno scamiciato, un energumeno intenzionato a menar le mani. Appartiene a un ceto per definizione superiore, armato di un secolare prestigio tanto quanto si presenta ostentatamente indifeso. Ma soprattutto nel puro gesto del leggere, nell’isolamento fisico e nella concentrazione della lettura, si manifesta l’appartenenza a un ordine di realtà diverso da quella sensibile, più alto e lontano. Chi legge, proprio perché si sottrae, perché non è del tutto qui, presente, ci appare avvolto da una sorta di intangibilità, di immunità, da una campana di vetro che lo protegge. Il lato geniale di questa forma di manifestazione è proprio quello di collegare il più forte simbolo e talismano dell’interiorità — il libro — con quello che è apparentemente il suo opposto, cioè la dimensione dell’intervento pubblico. A pensarci bene una forma, forse la più efficace, di promozione del libro.

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