Manifestare leggendo: il libro come rivolta
Non un vero gruppo né una massa: così la protesta diventa individuale
di Gian Arturo Ferrari Corriere 5.7.13
Negli
anni del brezhnevismo più cupo la manifestazione (ma, come si vedrà,
manifestazione non è forse il termine più appropriato) prediletta e
tipica del dissenso sovietico era il raduno sulla tomba di un poeta,
preferibilmente di un grande poeta. Nessun cartello, nessuna bandiera,
nessuno striscione, nessuno slogan, nessun grido, nessun canto, nessun
suono, fatta eccezione per la lettura di qualche testo poetico. In
silenzio, tutt'al più con una candela in mano, i partecipanti si
raccoglievano e stavano lì, in piedi e fermi, finché la polizia politica
non li ramazzava e avviava il consueto iter di vessazioni.
Traevano
ispirazione dalla rigorosa filosofia di Nikolaj Aleksandrovic Berdjaev
che negava ogni forma di fusione collettiva delle volontà, e delle
relative musiche e sventolii, così come ogni ascendenza al movimento
operaio ottocentesco e più indietro alla tradizione militare. Al posto
di tutti questi cerimoniali e paramenti, la pura e nuda presenza —
l’esser lì — a simboleggiare una testimonianza singola e irriducibile a
qualsiasi universale, un atto di responsabilità individuale e totale
portato fino alle — quasi auspicate — conseguenze estreme. Il gesto
pubblico sì, collettivo no. Le forme odierne del manifestare si stanno
polarizzando. Da un lato l’antico e tradizionale corteo, l’antica e
tradizionale folla, assume la dimensione del gigantesco, del colossale,
come le impressionanti e ondeggianti maree umane delle piazze brasiliane
ed egiziane, con il corredo — alquanto anticlimax — di fuochi
d’artificio e botti vari. Dall’altro la nuova forma, inventata dai
giovani turchi — quelli veri —, ma applicata con diligenza anche dagli
oppositori francesi al mariage pour tous, consistente nello stare in
piedi a diversi metri di distanza l’uno dall’altro nell’atto di leggere
(o effettivamente leggendo) un libro. La lontananza reciproca ha una
funzione pratica difensiva e per questo verso poco berdjaeviana: il non
incorrere nella fattispecie di manifestazione non autorizzata, come si
può intuire dalla faccia e dai muscoli dei poliziotti francesi, non
tanto addentro alla filosofia russa. Ma anche un evidente valore
simbolico: non un gruppo, non una massa, non un insieme, ma singoli e
autonomi individui, ognuno decidente per sé e responsabile di sé.
L’elemento nuovo e inedito è il libro, fin qui assente dalle
manifestazioni pubbliche. Non fa testo (è il caso di dirlo) infatti
l’antologia di Mao Zedong, curata dal compianto e sfortunato Lin Biao e
nota come Libretto rosso, minacciosamente brandita in infinite
manifestazioni non solo in Cina, ma nel cuore della colta e civilissima
Europa. Si trattava di «quel» libro, sacro com’è ovvio, e non di «un»
libro qualsiasi e cioè «del» libro in quanto tale, così come è oggi.
Anche in questo odierno uso del libro non è difficile ravvisare
l’intento difensivo e poco berdjaeviano. Chi sta leggendo fa altro, non è
occupato a turbare la quiete pubblica. Ma c’è qualcosa di più, forse di
molto di più. Innanzitutto un dato sociale, di rispetto e di
dissuasione sociale. Chi legge non è uno scamiciato, un energumeno
intenzionato a menar le mani. Appartiene a un ceto per definizione
superiore, armato di un secolare prestigio tanto quanto si presenta
ostentatamente indifeso. Ma soprattutto nel puro gesto del leggere,
nell’isolamento fisico e nella concentrazione della lettura, si
manifesta l’appartenenza a un ordine di realtà diverso da quella
sensibile, più alto e lontano. Chi legge, proprio perché si sottrae,
perché non è del tutto qui, presente, ci appare avvolto da una sorta di
intangibilità, di immunità, da una campana di vetro che lo protegge. Il
lato geniale di questa forma di manifestazione è proprio quello di
collegare il più forte simbolo e talismano dell’interiorità — il libro —
con quello che è apparentemente il suo opposto, cioè la dimensione
dell’intervento pubblico. A pensarci bene una forma, forse la più
efficace, di promozione del libro.
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