Benito? Un socialista (quasi) puro
Esce un libro ricco di nuovi particolari sul periodo rosso di Mussolini. Che influenzò anche il Fascismo - il Giornale Mer, 09/10/2013
Nel 1915 il futuro Duce abbandona il socialismo internazionalista per il nazionalismo: la Grande Guerra mi ha aperto gli occhi 20 feb 2014 Libero ROBERTO COALOA NICHOLAS FARRELL GIANCARLO MAZZUCA
L’originale, documentato e brillante volume di Nicholas Farrell e Giancarlo Mazzuca Il compagno Mussolini. La metamorfosi di un giovane rivoluzionario (Rubbettino, pp. 348, euro 19) prende spunto dal centenario della Prima guerra mondiale e spiega i mutamenti del socialista Mussolini alla vigilia del suicidio dell’Europa: i trasformismi di un socialista internazionalista che passa in breve tempo a essere uno scalmanato nazionalista, diventando il protagonista dell’interventismo di impronta nazionalistica, mettendo in ombra gli interventisti democratici, da Salvemini a Bissolati, da Bonomi a Barzilai. Nel 1915, la Grande Guerra fuperMussoliniil momentodecisivo «periniettare in Marx una dose di Nietzsche» e liberarsi dalla camicia di forza del determinismo. Per Farrell e Mazzuca fu anche l’anno di nascita del fascismo. Nel 1919 si preparò l’ascesa della «trincerocrazia» di Mussolini, che sedusse gli italiani con l’idea che la Grande Guerra era stata per la nazione il suo fondamento. Il “Professor” Mussolini fece la sua parte, come bersagliere, senza farsi mancare, durante il periododella neutralità italiana, un duello - il29marzo 1915 - con il direttore dell’Avanti, Claudio Treves, accusato di essere «Claudio il coniglio», «Claudio tremens», «nauseabondo», «volgare» e «donnetta». Nel 1916 Mussolini fupromosso caporale, ma durò poco: il 23 febbraio 1917 fu ferito da parecchie schegge di granata, allo scoppio di un mortaio che lui e altri stavano utilizzando per le esercitazioni di tiro. Finì in ospedale primaaUdineepoia Milano, dove incontrò il re Vittorio Emanuele III e concluse la sua esperienza bellica come un Don Giovanni, vedendo le donne della sua vita, la Sarfatti e Rachele, azzuffarsi per lui. Persino Ida Dalser, madre di Benito Albino, si presentò all’ospedale di Milano. Farrell e Mazzuca propongono alcune novità su Mussolini «agente del Ministero francese a Roma», che avrebbe incassato nel 1914, grazie al Ministro per la Propaganda di Guerra, Jules Guesde, socialista, alcuni milioni di franchi per caldeggiare sul Popolo d’Italia l’entrata in guerra dell’Italia a fianco di Francia e Gran Bretagna. Gli autori aggiungono anche soldi inglesi, dopo un’accurata verifica negli archivi di Cambridge. Lì hanno trovato i documenti del «bribing» (corruzione) di giornalisti interventisti. Nel 1917, Mussolini secondo alcune fonti avrebbe preso «£100 a week», per Farrell e Mazzuca solo «£50 a month». Belle le pagine dedicate agli scrittori inglesi sul fronte italiano. Sono poco note al grande pubblico, come quelle di Rudyard Kipling e dello storico George Macaulay Trevelyan. È molto opportuno ricordarle poiché alcune tra le più spietate battaglie della Grande guerra si svolsero sul fronte italiano, davvero unico: una «terra di nessuno» di 600 km dalle Dolomiti all’Adriatico, immersa in un biancore eterno di pietre e di neve, che Herbert George Wells definì «monti antichi torvi e malvagi». Pagine necessarie, dopo la stroncatura del fante italiano a Caporetto, resa celeberrima da Hemingway. Qui accanto pubblichiamoampistralci del capitolo «Il socialismo nazionalista». Fu in questo clima che Mussolini formò - nel dicembre 1914 - il primo dei Fasci d’azione rivoluzionaria, ovvero «aggruppamenti» di «sovversivi» a favore sia della guerra sia della rivoluzione. Questo - avrebbe detto - fu il punto di partenza del fascismo. (...).
Per la fine del febbraio 1915 esistevano 105 fasci, con un totale di 9.000 membri. Quel mese già scriveva: «Noi fascisti...». Attenzione, però: la parola «fascista» - che rende l’idea della forza dei numeri - fu decisamente di provenienza socialista. Per dare voce al nuovo Fascio di azione rivoluzionaria lanciò, nel gennaio 1915, il settimanale «Audacia» (come il titolo del suo primo articolo su «Il Popolo d’Italia»), con sede nella stessa redazione, in Via Paolo da Cannobio. Nell’occhiello sotto la testata si leggeva «Settimanale interventista d’Azione Rivoluzionaria». Una delle due marchette era il famoso slogan di Georges Danton: «Il faut de l’audace, toujours de l’audace, encore de l’audace»; l’altra, invece, era una frase pronunciata dal deputato socialista francese Jean Jaurès: «È nell’Internazionale che l’indipendenza delle nazioni ha la garanzia più alta; è nelle nazioni indipendenti che l’Internazionale ha gli organi più possenti e più nobili».
Mussolini era affascinato da Jaurès - un pacifista - che fu assassinato a Parigi da un nazionalista il 31 luglio 1914, alla vigilia della guerra. Nel 1917 avrebbe dedicato un opuscolo al libro di Jaurès del 1910 - L’Armée Nouvelle - da lui definito «fondamentale». All’interno dell’opuscolo scrisse: «Nonostante il suo più che trentennale apostolato di pace, Jaurès non viveva completamente nell’illusione. [...]. Il partito socialista deve inspirare la sua politica estera al desiderio di mantenere la pace fra i popoli Europei. Ma non la pace per la pace; non la pace ad ogni costo, non la pace sinonimo di schiavitù e di vergogna - la pace con dignità, con giustizia».
In seguito citò spesso Jaurès. Per esempio: «Un Paeseche non potesse contare nei giorni di crisi, in cui la sua stessa vita è in gioco, sulla devozione nazionale della classe operaia, non sarebbe che un miserabile detrito. [...]. Un proletariato che abbia rinunziato a difendere coll’indipendenza nazionale la libertà del suo proprio sviluppo, non avrà mai la forza di abbattere il capitalismo».
Sì, Marx aveva scritto ne Il Manifesto Comunista: «I proletari non hanno patria!», concede Jaurès, ma non è vero che il proletariato sia fuori della patria. Anzi. E Marx si era pure contraddetto, ci ricorda Jaurès, nella stessa opera: «Senza dubbio il proletariato deve anzitutto conquistare il potere politico [...] costituirsi lui stesso in nazione, e in questo senso è ancora attaccato a una nazionalità. Ma non lo è più nel senso borghese».
Dunque, l’invasione di un Paese da parte di un altro Paese per imporre la rivoluzione, secondo Jaurès, sarebbe «la negazione di tutto il pensiero socialista», perché la pianta rivoluzionaria ha delle radici nazionali. La rivoluzione internazionale sopprime, insomma, la patria rivoluzionaria. Per tutto ciò Jaurès aveva promosso vigorosamente la difesa armata della Francia. Mussolini commentò: «Le pagine che Jaurès dedica all’esame dei rapporti tra socialismo, proletariato e patria sono certamente le più belle del libro».
Naturalmente, citò anche la frase del libro da lui ripresa come uno dei due slogan in prima pagina del nuovo settimanale, «Audacia»: «È nell’Internazionale che l’indipendenza delle nazioni ha la sua grande garanzia; è nelle nazioni indipendenti che l’Internazionale ha i suoi organi possenti e nobili».
Nel primo numero di «Audacia» (uscito il 24 gennaio 1915) fu pubblicato il breve manifesto, ovvero Statuto di Programma, dei Fasci d’Azione Rivoluzionaria, che diceva: «I Fasci non costituiscono un partito. Sono aggruppamenti di quei sovversivi di tutte le scuole e dottrine politiche che ritengono di trovare nell’attuale momento, e in quello che immediatamente a questo succederà, un campo propizio alla fecondazione delle idealità rivoluzionarie e non intendono però lasciare sfuggire la occasione di un movimento in comune». (...).
La premessa al manifesto era molto lunga, invece, e spiegava i motivi per cui si doveva - in nome della rivoluzione - fare la guerra contro gli Imperi centrali: «[...] Così la guerra è oggi una tragica realtà della quale non possiamo essere spettatori indifferenti senza tradire la causa stessa della rivoluzione, senza rinnegare i nostri principi che parlano ai popoli in nome della civiltà e della libertà. E allora giova domandarsi se gli interessi più vitali della classe lavoratrice dei diversi paesi, se la causa della rivoluzione sociale, siano meglio tutelati dall’atteggiamento di rigorosa neutralità voluto per l’Italia dal Partito socialista ufficiale, e dagli elementi clericali e dinastici a tutto vantaggio delle armi tedesche, o non piuttosto dall’intervento a favore degli Stati che rappresentano in Euro-
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