In maggioranza donne, quasi tutti laureati Amano il loro impiego anche se sottopagati Più di metà svolge anche un altro lavoro Quasi tutti vedono un futuro precario
lunedì 9 dicembre 2013
Editoria: traduzioni & precariato
Chi dà voce agli altri La vita agra dei traduttori editoriali
In maggioranza donne, quasi tutti laureati Amano il loro impiego anche se sottopagati Più di metà svolge anche un altro lavoro Quasi tutti vedono un futuro precario
In maggioranza donne, quasi tutti laureati Amano il loro impiego anche se sottopagati Più di metà svolge anche un altro lavoro Quasi tutti vedono un futuro precario
di Walter Passerini La Stampa 9.12.13
Quattro
su cinque sono donne, quasi tutti hanno una laurea, spesso arricchita
con master o dottorati di ricerca. Anche se pagati poco, continuano ad
amare il proprio lavoro, ma hanno del futuro una visione incerta e del
tutto precaria. E’ il destino di molte professioni intellettuali, e in
particolare di quelle che operano nel mondo dell’editoria, come racconta
l’inchiesta realizzata da Editoria invisibile, Ires, Slc, Rete dei
redattori precari e Strade, il sindacato dei traduttori editoriali. E’
uno spaccato di una delle professioni più amate dai giovani, costruito
raccogliendo sull’intero territorio nazionale 1.073 testimonianze di
vita editoriale, di cui un terzo traduttori editoriali.
Le donne sono
l’81,5%. I livelli di occupazione femminile sono molto superiori
rispetto all’occupazionale italiana dove la quota delle donne non arriva
al 50%. Il 91,4% possiede una laurea spesso integrata con master e
dottorati, mentre a livello nazionale solo un italiano su cinque
presenta questi livelli di istruzione. L’età prevalente è compresa tra
30 e 45 anni. Circa un terzo lavora con la formula della cessione dei
diritti d’autore (32,5%), pagata però in misura forfettaria, seguita da
contratti di collaborazione occasionale (26%), contratti a progetto
(13,5%) e partita Iva. Tre traduttori su quattro lavorano con più
committenti, mentre uno su cinque confessa di aver dovuto accettare il
lavoro nero negli ultimi due anni. L’84% afferma di non vedere alcuna
prospettiva di sviluppo di carriera. Un intervistato su tre (33,6%)
considera il lavoro nell’editoria imprevedibile e il 36,9% lo considera
pieno di rischi ed incognite. Per questo il 54,8% dichiara di svolgere
almeno un altro lavoro, oltre a quello nell’editoria, e
contemporaneamente esprime un grado di soddisfazione molto basso (con un
giudizio espresso pari a 3,3) riguardo al livello del reddito percepito
rispetto sia all’attività svolta che alla possibilità di condurre una
vita dignitosa.
Le retribuzioni? Il 59,3% dichiara di percepire una
retribuzione lorda annuale inferiore ai 15mila euro, il 16% dichiara
meno di 5mila euro all’anno. Il 19% afferma di poter contare su un
reddito lordo annuale compreso tra 15mila e 20mila euro, poco più di un
decimo del campione si colloca nella fascia di reddito 20-30mila euro e
solo tre intervistati su cento percepiscono una retribuzione superiore
ai 30mila euro annui. Anche in questa professione appaiono forti
differenziali retributivi di genere. Più di sei donne su dieci (il
64,4%) percepiscono una retribuzione lorda annuale inferiore ai 15mila
euro contro il 36,7% dei maschi nella stessa condizione (quasi ventotto
punti percentuali di differenza a svantaggio della componente
femminile), con una diminuzione della presenza femminile nelle fasce di
reddito più alte. Il focus mostra inoltre concentrazioni di lavoratori
più giovani, under 35, nelle fasce di reddito più basse: più del 68% di
questi percepisce redditi inferiori ai 15mila euro.
I lavoratori che
operano in regime di monocommittenza ricevono retribuzioni più basse
rispetto ai soggetti che svolgono la loro attività con più committenti.
Il 90% dei traduttori confessa di dover integrare i redditi con altre
attività. La quasi totalità dichiara di essere retribuito con un
compenso a cartella (86,2%).
Quasi tutti (90,1%) affermano che il
loro lavoro si svolge in casa propria o in uno studio privato.
L’autonomia nel lavoro è considerata una compensazione a tante
insoddisfazioni. Scelta sulle pause, sugli orari o sui metodi di lavoro
sono apprezzate, mentre lo stress, i ritmi o la possibilità di andare in
ferie sono voci più critiche. Più di sei su dieci intervistati
dichiarano di dover fare formazione a proprie spese.
Ciononostante
forte rimane il legame con la propria professione, che per la
maggioranza resta un modo per realizzare se stessi (quasi otto su un
punteggio di dieci), per essere indipendenti (quasi sette) e per essere
socialmente utili (quasi sei). Sette traduttori su dieci prevedono nei
prossimi tre anni un futuro lavorativo incerto, il 15% lo prevede
uguale, solo il 14,6% lo intravvede, invece, pieno di possibilità e di
occasioni.
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