sabato 7 dicembre 2013
Il mestiere più antico del mondo dopo il giornalista
Jacques Rossiaud: Amori venali. La prostituzione nell'Europa medievale, Laterza
Risvolto
Donne di strada e grandi cortigiane, ruffiane e mezzane, case chiuse
private e pubblici bordelli: fino al XVI secolo il mondo degli amori
venali è onnipresente e tollerato. Gli uomini di governo e di Chiesa
considerano la prostituzione inestirpabile e naturale, una forma di
risposta spontanea alla miseria dei tempi e l’arma più efficace di lotta
contro il caos. La Chiesa gregoriana, pur instauratrice di un ordine
coniugale rigoroso, accetta la concupiscenza maschile e ammette donne
votate al peccato. La giustificazione è quella del male minore: minore
rispetto alla violenza, allo stupro, all’adulterio, all’incesto.
L’elemento monetario aggiunge paradossalmente all’insieme un elemento
positivo; il denaro, questo nemico di Dio, è l’amico della donna venale:
giustifica e legittima la sua pratica e fa di lei una lavoratrice che
riceve il prezzo della sua fatica. Rese socialmente visibili, le
prostitute pubbliche si ritengono in grado, in Alta Germania come in
Linguadoca, di far fronte agli abusi e di reclamare i propri diritti.
Perfettamente integrate? Certamente no. Ma in grado di diventarlo?
Probabilmente. Ma il tempo di promozione del corpo finisce bruscamente a
metà del XVI secolo quando, sullo sfondo di disastri sociali e di
guerre religiose, il clero della Controriforma decide di porre fine alla
tolleranza. Da allora viene attuata una strategia repressiva fatta di
incarceramenti, punizioni ed esclusioni. Gli anni 1550-1560 si aprono
così su un mondo completamente diverso.
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