Sono in preparazione otto tomi Un corpus complesso e definitivo Alighieri pensava alla grande politica universale, orientata verso la realizzazione della conoscenza e della felicità
venerdì 13 dicembre 2013
Verso l'anniversario dantesco
Il sommo poeta e le sue opere
Sono in preparazione otto tomi Un corpus complesso e definitivo Alighieri pensava alla grande politica universale, orientata verso la realizzazione della conoscenza e della felicità
Sono in preparazione otto tomi Un corpus complesso e definitivo Alighieri pensava alla grande politica universale, orientata verso la realizzazione della conoscenza e della felicità
di Giulio Ferroni l’Unità 12.12.13
CENTENARI E RICORRENZE DI VARIO GENERE PORTANO ALLA RIBALTA SITUAZIONI
DEL PASSATO, capolavori delle arti e della letteratura, che spesso,
passate quelle ricorrenze, tornano nellombra: al sistema delle
celebrazioni culturali si potrebbe riferire ciò che Leopardi, in una
delle prime pagine dello Zibaldone, dice della sensazione data dagli
anniversari. Questi danno l’illusione «che quelle tali cose che son
morte per sempre né possono più tornare, tuttavia rivivano e sieno
presenti come in ombra, cosa che ci consola infinitamente allontanandoci
l'idea della distruzione e annullamento che tanto ci ripugna e
illudendoci sulla presenza di quelle cose che vorremmo presenti
effettivamente».
Davvero sempre più spesso capita che certe ricorrenze offrano una
piccola vita provvisoria a forme e modelli culturali sempre più lontane
dall’orizzonte pubblico: cultori, eredi, concittadini di questo e di
quello si danno un po’ da fare per portare sulla scena come «presenti
effettivamente» nomi e opere spesso note solo a pochi specialisti. Lo sa
bene chi si occupa di letteratura e nella sua vita ha avuto modo di
seguire (anche partecipandovi) centenari, cinquantenari o altro...
Ci sono però pochi autori la cui presenza si impone al di là di ogni
spirale celebrativa: per essi i centenari, visti e preparati da lontano,
possono suscitare un particolare fervore di iniziative, capaci di dare
nuova intensità a una presenza pervicacemente resistente pur nel quadro
di un mondo che sembra sempre più allontanarsi dalla letteratura. Così
accade per il più grande di tutti, quello che è davvero il «padre» della
nostra lingua, Dante: in vista del settimo centenario della morte
(2021) sono in atto vari progetti, tra cui si impongono quelli del
Centro Pio Rajna, diretto da Enrico Malato, che hanno al centro una
nuova edizione commentata delle Opere di Dante, che raccoglie tutto il
frutto dell’immenso lavorio del precedenti commenti e offre una fitta
serie di apparati, di strumenti di lettura, e anche di testi collaterali
a quelli danteschi. Si tratterà di otto volumi in più tomi (Salerno
editrice), il cui insieme ambisce a venire in porto appunto nel 2021 (ma
c’è anche una tappa intermedia, con la ricorrenza nel 2015, dei 750
anni dalla nascita di Dante), e che ha già visto nel 2012 l’uscita del
volume III (De vulgari eloquentia), del primo tomo del VII (Fiore e
Detti d’amore, opere di dubbia attribuzione), e ora del IV, Monarchia, a
cura di Paolo Chiesa e Andrea Tabarroni con la collaborazione di Diego
Ellero (pp. CLII-594, €.49,00).
PROSA MEDIEVALE
Tra le opere di Dante la Monarchia è quella più direttamente legata ai
modelli della prosa scientifica medievale, in cui si esprime nel modo
più netto l’affermazione della necessità di una monarchia universale
(l’impero), destinata a instaurare la pace e la giustizia, guidando
l’umanità verso la felicità terrena: negando ogni subordinazione
dell’autorità imperiale a quella del papato, a cui invece spetta il
compito di guidare l’umanità verso la vita eterna. Questa edizione
collega a un’introduzione che offre un’ampia sintesi storica, critica,
filologica una fittissima annotazione del testo latino (con traduzione
italiana a fronte) e una serie di altri materiali di grande interesse:
da scritti polemici di parte papale del secolo XIV contro le tesi
centrali dell’opera di Dante (del resto nel 1329 il libro fu fatto
bruciare a Bologna e nel Cinquecento fu messo nell’Indice dei libri
proibiti), al Commentarium che ad essa dedicò con fervida adesione Cola
di Rienzo, al volgarizzamento che nel 1468 ne fece Marsilio Ficino.
Pur strettamente iscritta in un orizzonte tutto «medievale», la
Monarchia ha alimentato nei secoli una prospettiva di tipo «laico», con
la sua determinante separazione tra potere politico e autorità
religiosa, nel quadro di una legittima aspirazione umana ad una
«felicità» tutta terrena: essa identifica questa felicità secondo una
prospettiva aristotelica, come piena attuazione di tutte le possibilità
dell’intelletto umano, di una conoscenza capace di tradursi in azione e
di realizzare il bene.
La sua argomentazione fa leva su di un profondo senso della
responsabilità della scrittura, del suo necessario rivolgersi verso la
ricerca di una «verità» rivolta al bene degli esseri umani: in una
visione dell’unità del genere umano e della necessità di un potere
universale, il solo capace di rendere possibile pace e giustizia. E
certo se oggi siamo tanto lontani dal suo orizzonte storico, filosofico,
linguistico, questo richiamo ad una grande politica universale,
orientata verso la realizzazione della conoscenza, sola garanzia di
felicità e di giustizia, resta determinante ancora per noi, di fronte ai
pericoli di un mondo che procede ciecamente, che si affida
all’esteriorità dell’apparenza e alla violenta indeterminatezza
dell’economia finanziaria.
Non si deve dimenticare, d’altra parte, che con la sua poesia Dante mira
ad andare «più in là» dello spazio finito dell’esistenza umana: con il
suo grande poema guidato da una passione assoluta per una vita giusta e
felice e nel contempo teso verso qualcosa che sfugge ad un controllo
umano, fino alla visione di Dio in cui culmina il Paradiso. All’ultimo
canto del Paradiso, come parziale «campione» dell’edizione commentata
della Commedia prevista per il centenario del 2021, Enrico Malato dedica
ora un piccolo prezioso libretto, Dante al cospetto di Dio (Salerno
editrice,2013,pp.92,€.7.90), che conduce il lettore entro la sfida
dantesca all’indicibile, nella vertigine di quella visione
«impossibile». Vi si nota, tra l’altro, l’audacia della scelta di Dante
di aggirare «il divieto biblico ed evangelico della visione di Dio», di
attribuirsi il privilegio di esservi giunto «addirittura con il proprio
corpo», fino a collocarsi alla fine in «coincidenza o sintonia con la
ruota dell’universo, mossa dall’amor divino». In questo approdo supremo
trova la sua massima manifestazione quella tensione del grande poeta
verso un punto di vista “universale”, che si svolge in tutta la sua
opera e che, sul più circostanziato piano politico, agisce con
spregiudicatezza nella Monarchia.
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