«Nonostante la fortuna strepitosa che ha fatto dell'Eneide uno dei testi fondativi della cultura occidentale, quella di Virgilio non è che l'ennesima variante di un mito enormemente complesso, che aveva alle spalle già un millennio di vita e che nel corso dei secoli aveva continuato ad arricchirsi e modificarsi, in una stratificazione di versioni che hanno servito di volta in volta strategie politiche, interessi di città desiderose di accreditarsi un fondatore prestigioso, bisogni identitari variamente declinati, scelte letterarie. Una sola cosa era stata chiara sin dall'inizio: da quel crogiolo di storie che è la guerra di Troia, da quel vero e proprio big bang dell'universo mitologico greco-romano, Enea era destinato a salvarsi. A differenza di eroi come Achille o Ettore, il suo destino non era circoscritto al presente, sia pure al presente luminoso della prodezza guerriera e della bella morte sul campo di battaglia, ma abitava per vocazione la dimensione del futuro. Ciò che questo libro cercherà di fare è di raccontare una simile, lunghissima durata: nella consapevolezza che se non sarà mai possibile esaurire la complessità di un mito antico, e di un mito come quello di Enea, avremo in ogni caso aggiunto ad esso una ennesima variante - che è poi il modo in cui le storie degli antichi continuano a vivere e a significare».
sabato 11 gennaio 2014
Il mito di Enea
Risvolto
«Nonostante la fortuna strepitosa che ha fatto dell'Eneide uno dei testi fondativi della cultura occidentale, quella di Virgilio non è che l'ennesima variante di un mito enormemente complesso, che aveva alle spalle già un millennio di vita e che nel corso dei secoli aveva continuato ad arricchirsi e modificarsi, in una stratificazione di versioni che hanno servito di volta in volta strategie politiche, interessi di città desiderose di accreditarsi un fondatore prestigioso, bisogni identitari variamente declinati, scelte letterarie. Una sola cosa era stata chiara sin dall'inizio: da quel crogiolo di storie che è la guerra di Troia, da quel vero e proprio big bang dell'universo mitologico greco-romano, Enea era destinato a salvarsi. A differenza di eroi come Achille o Ettore, il suo destino non era circoscritto al presente, sia pure al presente luminoso della prodezza guerriera e della bella morte sul campo di battaglia, ma abitava per vocazione la dimensione del futuro. Ciò che questo libro cercherà di fare è di raccontare una simile, lunghissima durata: nella consapevolezza che se non sarà mai possibile esaurire la complessità di un mito antico, e di un mito come quello di Enea, avremo in ogni caso aggiunto ad esso una ennesima variante - che è poi il modo in cui le storie degli antichi continuano a vivere e a significare».
«Nonostante la fortuna strepitosa che ha fatto dell'Eneide uno dei testi fondativi della cultura occidentale, quella di Virgilio non è che l'ennesima variante di un mito enormemente complesso, che aveva alle spalle già un millennio di vita e che nel corso dei secoli aveva continuato ad arricchirsi e modificarsi, in una stratificazione di versioni che hanno servito di volta in volta strategie politiche, interessi di città desiderose di accreditarsi un fondatore prestigioso, bisogni identitari variamente declinati, scelte letterarie. Una sola cosa era stata chiara sin dall'inizio: da quel crogiolo di storie che è la guerra di Troia, da quel vero e proprio big bang dell'universo mitologico greco-romano, Enea era destinato a salvarsi. A differenza di eroi come Achille o Ettore, il suo destino non era circoscritto al presente, sia pure al presente luminoso della prodezza guerriera e della bella morte sul campo di battaglia, ma abitava per vocazione la dimensione del futuro. Ciò che questo libro cercherà di fare è di raccontare una simile, lunghissima durata: nella consapevolezza che se non sarà mai possibile esaurire la complessità di un mito antico, e di un mito come quello di Enea, avremo in ogni caso aggiunto ad esso una ennesima variante - che è poi il modo in cui le storie degli antichi continuano a vivere e a significare».
L’enigma di Enea. Eroe o disertore?
Maurizio Bettini e Mario Lentano sulle tracce del personaggio virgiliano
di Marino Niola Repubblica 11.1.14
«La
fama degli eroi spetta un quarto alla loro audacia, due quarti alla
sorte e l’altro quarto ai loro delitti». La frase che Ugo Foscolo fa
pronunciare a Jacopo Ortis è profondamente vera, ma solo a metà. Perché a
fare una buona pasta d’eroe non bastano le materie prime. Ad essere
decisivo è il loro assemblaggio, il modo in cui l’officina del mito ne
costruisce la figura. E la ricostruisce. Dandole connotati e significati
che mutano col passare dei tempi. Un esempio perfetto del funzionamento
della macchina mitologica ce lo offrono Maurizio Bettini e Mario
Lentano in uno splendido libro dedicato a Enea, un personaggio che più
mitico non si può (Il mito di Enea. Immagini e racconti dalla Grecia a
oggi,Einaudi).
Coprotagonista dignitoso dell’Iliade omerica, il
figlio di Venere e Anchise diventa, al termine di una lunga serie di
peripezie, il primattore dell’Eneide di Virgilio. Che ne italianizza la
figura facendone il lontano progenitore di Roma.
Gli autori ci
guidano abilmente attraverso la complessa partitura mitografica
decostruendola nelle sue innumerevoli varianti, poetiche, letterarie,
iconografiche, musicali. Ciascuna delle quali aggiunge o toglie qualcosa
al ritratto dell’eroe virgiliano. Che per noi resta l’immagine madre,
quella che ha tuttora il volto delpio Enea. Ma chi Enea sia veramente è
difficile dirlo perché più lo si guarda da vicino più l’immagine si
scompone in mille particolari. Che non raccontano tutti la stessa
storia. Anzi ciascuno è l’indizio e l’inizio di una controstoria, dove
le materie prime della ricetta foscoliana, audacia, sorte, delitti,
vengono rimescolate ogni volta in modo diverso, con effetti spesso
opposti. Risultato, Enea è uno nessuno e centomila. E finché resterà un
mito, capace di parlare alla nostra mente e ai nostri cuori, continuerà a
mutare pelle. Ed è proprio grazie a questa incessante metamorfosi che
le storie degli antichi continuano a vivere nel nostro immaginario.
In
realtà l’Enea che nasce da quel big bang dell’universo mitologico
antico che è la guerra di Troia, ha un destino che va in senso opposto a
quello di Achille, Ettore, Aiace. I diversif ront manomerici sono
esseri per la morte, per dirla con Heidegger. E la loro fine segna
appunto il tramonto dell’età eroica. La loro dimensione è il passato.
Tutto il contrario di Enea che comincia la sua vita proprio dalle ceneri
della città di Priamo, prendendo il largo verso il futuro. Bettini e
Lentano si mettono sulle sue tracce, si calano nella profonda spirale
del mito sottoponendo a un’affascinante interrogazione le voci greche,
romane e cristiane. L’indagine finisce per gettare non poche ombre sulla
condotta morale del padre di Ascanio. E perfino sul suo ardore
guerriero. Secondo Tertulliano, Lattanzio e sant’Agostino che, da
intellettuali cristiani, avevano tutto l’interesse a screditare uno dei
simboli identitari della Roma pagana, l’eroe sarebbe stato così poco
coraggioso da abbandonare Troia prima della battaglia finale. Così
l’immagine edificante del grande guerriero che porta in salvo il vecchio
padre, viene oscurata da quella infamante del disertore. E perfino del
traditore. Della patria, ma anche delle donne che egli incontra nel suo
viaggio e dalle quali ha spesso figli: un nome per tutti, Lavinia,
moglie italica del troiano errante, nonché madre primigenia di una
stirpe che arriva a Romolo e Remo.
Ma l’affaire più celebre resta
quello con Didone, che gli autori ricostruiscono in un avvincente
capitolo intitolato «Aeneas in love». Il transfuga, fresco vedovo di
Creusa, arriva a Cartagine dove conquista i favori e le grazie della
bella regina. E poi la molla per correre dietro alla sua missione.
Sedotta e abbandonata, l’infelice sovrana si uccide per il dolore.
Mentre Enea non si lascia sfuggire una sola parola d’amore per la donna.
Come si addice a un uomo duro e impuro. La storia comunque ha fatto
giustizia. Il lamento di Didone è sopravvissuto all’afasia di Enea.
Volando fino a noi sulle ali iridescenti della musica di Henry Purcell. E
ci spezza ancora il cuore. Perché alla fine la passione vince su ogni
missione.
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