Questo libro nasce dallo speciale fascino che nel tempo i labirinti hanno esercitato su Franco Maria Ricci. Pagina dopo pagina, grazie a una ricchissima ricognizione illustrata nell’arte, nel mito e nella storia, ne sfilano numerosi: nella forma delle conchiglie, nei mosaici pavimentali o incisi sulle monete, dipinti in miniature o in progetti di architettura e per giardini. Una ricca e raffinata collezione che segna l’atteso ritorno di Franco Maria Ricci all’editoria, curata con la stessa attenzione al dettaglio e alla qualità che ha segnato per cinquant’anni la sua attività. Un libro tributo a un luogo dalla storia millenaria in cui siamo invitati a perderci.
giovedì 9 gennaio 2014
Labirinti
Labirinti: testi di F.M. Ricci, Giovanni Mariotti, Luisa Biondetti e una introduzione di Umberto Eco, Rizzoli
Risvolto
Questo libro nasce dallo speciale fascino che nel tempo i labirinti hanno esercitato su Franco Maria Ricci. Pagina dopo pagina, grazie a una ricchissima ricognizione illustrata nell’arte, nel mito e nella storia, ne sfilano numerosi: nella forma delle conchiglie, nei mosaici pavimentali o incisi sulle monete, dipinti in miniature o in progetti di architettura e per giardini. Una ricca e raffinata collezione che segna l’atteso ritorno di Franco Maria Ricci all’editoria, curata con la stessa attenzione al dettaglio e alla qualità che ha segnato per cinquant’anni la sua attività. Un libro tributo a un luogo dalla storia millenaria in cui siamo invitati a perderci.
Questo libro nasce dallo speciale fascino che nel tempo i labirinti hanno esercitato su Franco Maria Ricci. Pagina dopo pagina, grazie a una ricchissima ricognizione illustrata nell’arte, nel mito e nella storia, ne sfilano numerosi: nella forma delle conchiglie, nei mosaici pavimentali o incisi sulle monete, dipinti in miniature o in progetti di architettura e per giardini. Una ricca e raffinata collezione che segna l’atteso ritorno di Franco Maria Ricci all’editoria, curata con la stessa attenzione al dettaglio e alla qualità che ha segnato per cinquant’anni la sua attività. Un libro tributo a un luogo dalla storia millenaria in cui siamo invitati a perderci.
Labirinti, storia di un enigma
«Il palazzo di Creta? Come la Bastiglia. Edifici da violare»
di Ranieri Polese Corriere 9.1.14
America,
nella provincia profonda un maniaco rapisce sevizia uccide bambine.
Nella caccia al mostro — il film è Prisoners di Denis Villeneuve — il
primo sospettato è un ragazzo che dipinge ossessivamente i muri della
sua casa con labirinti. Ma forse c’è un altro colpevole nell’ombra, uno
che porta al collo una medaglia con inciso un labirinto. Dalle remote
lontananze dei miti ai tempi di oggi, il labirinto si associa
prevalentemente a uno stato di turbamento, di inquietudine. Così fu per
Teseo, il figlio del re di Atene, mandato a Creta per uccidere il
Minotauro che ogni anno esigeva l’offerta di giovani ateniesi. Il
labirinto è una figura che accompagna tutta la cultura occidentale,
contagiando poeti e artisti, fino a diventare elemento decorativo di
giardini a partire dal Cinquecento. Lo si ritrova in canzoni (da Adamo,
con Non voglio nascondermi , a Elisa, con Labyrinth ) e in film (da
Pedro Almodóvar, in Labirinto di passioni , 1982, a Il labirinto del
fauno di Guillermo Del Toro, 2006).
C’è chi, come Franco Maria
Ricci, ha dedicato anni e sforzi copiosi per la costruzione di un
labirinto vegetale a Fontanellato in provincia di Parma. Otto ettari di
terreno, un percorso di tremila metri, centoventimila bambù di trenta
specie diverse, e due complesse costruzioni destinate, una, a ospitare
la collezione bibliografica e artistica di Ricci, l’altra adibita a
spazi culturali e commerciali per i visitatori. Dedicato a questa
impresa, esce ora il libro Labirinti — Rizzoli — con testi di Ricci,
Giovanni Mariotti, Luisa Biondetti e una introduzione di Umberto Eco.
Al
suo «tardivo esordio da saggista», Giovanni Mariotti, narratore —
Storia di Matilde , Il bene che viene dai morti premio Bagutta 2011 — e
da oltre quarant’anni collaboratore di Franco Maria Ricci, risponde alle
nostre domande. Cominciamo dalla parola, labirinto : «Per qualche tempo
si è detto che labirinto derivava da labrus , ascia bipenne, ma questa
etimologia non convince più. La mia congettura è che il Labirinto di
Creta non sia mai esistito, sia una cosa mentale, come l’Inferno di
Dante o la Biblioteca di Babele di Borges. In un dialogo platonico, o
pseudoplatonico, il Minosse , Socrate definisce il mito del Labirinto
una leggenda attica messa in giro dai tragici. Nella mia interpretazione
il Labirinto è una sorta di Bastiglia: a violarlo è Teseo che, conviene
ricordarlo, è anche il fondatore mitico della democrazia ateniese. Il
14 luglio a Parigi si balla per le strade, e anche la vittoria sul
Labirinto era commemorata con una danza chiamata delia, o danza delle
gru».
Qual era la forma del labirinto greco? «Bisogna distinguere il
Labirinto come edificio e il Labirinto come motivo grafico. Nessuno —
aggiunge Mariotti — ha la minima idea di come fosse fatto l’edificio;
quanto al motivo grafico, la versione greca ha sette spire. La spirale
in effetti è all’origine del Labirinto; ma un grafico geniale introdusse
in quel motivo, già noto agli aruspici babilonesi che lo usavano per
rappresentare le viscere compresse degli animali, una variante
stupefacente: prima di raggiungere il centro, nei cui pressi chi
percorreva un labirinto si trovava sin dal primo momento (quello
dell’ingresso), era necessario allontanarsene non una, ma due volte. In
quel percorso capzioso, alla Escher, molti nel corso dei secoli
avrebbero visto un avvertimento: il mondo era complicato, andare diritti
allo scopo non era possibile, per dirla con un verso di Pasternak,
vivere una vita non è attraversare un campo. C’era un’altra
caratteristica: quel percorso era complicato però unico, nessun rischio
di perdersi, niente bivi o vicoli ciechi; se il Labirinto di Creta fosse
stato fatto così Teseo non avrebbe avuto alcun bisogno del filo di
Arianna. E qui incontriamo la più grande stranezza: si direbbe che per
secoli nessuno si sia accorto che il labirinto grafico, quello
univiario, non poteva essere quello del mito. Secondo grandi studiosi
come il Kern, la differenza sarebbe stata percepita solo nel XX secolo.
Però non è vero. Mi faccio un piccolo vanto d’avere scoperto un brano
dove il Boccaccio, nel Commento alla Divina Commedia , mostra di esserne
perfettamente cosciente».
Più tardi ci saranno labirinti molto meno
semplici. «Nell’età del Manierismo, in pieno Cinquecento — continua
Mariotti —, si afferma il labirinto multiviario, quello con vicoli
ciechi e biforcazioni. Prima occorre fare un cenno a quello romano, con
quattro labirinti intercomunicanti. Era un intrico spogliato di ogni
connotazione ansiosa; situato all’ingresso delle grandi domus, era
destinato a scoraggiare ladri e altri malintenzionati». Anche i
cristiani adottano la figura del labirinto. «Che stavolta ha undici
spire. Si tratta ancora di un labirinto univiario. Gesù aveva detto: Io
sono la Via, e dunque la via era una, non ce ne poteva essere un’altra».
La prima testimonianza di labirinto multiviario, con bivi e vicoli
ciechi, è il disegno di un olandese. «Si tratta della copia di un
progetto per giardino di Palazzo Te a Mantova — specifica Mariotti —.
Quel progetto non fu mai realizzato; ma poco dopo, tra Sei e Settecento,
si sarebbero sviluppati da un capo all’altro dell’Europa i grandi
labirinti arborei (labirinti da giardino), quasi tutti multiviari.
Luoghi di divertimento e piacere per dame e cavalieri, con i loro
anfratti offrivano spazi propizi alla solitudine e alla meditazione, ma
anche a incontri erotici (quello di Schönbrunn a Vienna fu distrutto
nell’Ottocento perché era diventato uno scandaloso ritrovo di coppie).
L’arbusto classico è stato per molto tempo il bosso (il recente
labirinto dell’Isola di San Giorgio a Venezia, dedicato a Borges, è
fatto di siepi di bosso), ma oggi si sperimentano anche altri vegetali;
Ricci usa il bambù; in Francia, a Reignac-sur-Indre, esiste un labirinto
di mais; il disegno viene cambiato ogni anno».
C’è molta
letteratura sui labirinti, a cominciare dagli antichi. Mariotti cita
Borges quasi di continuo: «Di labirinti Borges ha parlato per tutta la
vita ed è l’ispiratore e un po’ il Santo Patrono di quello di Ricci;
cito anche altri autori — Italo Calvino, autore del saggio La sfida al
labirinto , Umberto Eco, che ha inventato il labirinto-biblioteca de Il
nome della rosa , Julio Cortázar, autore di una pièce teatrale
ambientata alla corte di Minosse, Lo reyes … — che sono stati amici di
Ricci e hanno contribuito al suo catalogo; ma il personaggio del
Minotauro ha offerto materia anche ad altri scrittori, nel secolo
scorso: Friedrich Dürrenmatt, la Yourcenar… Retrocedendo nel tempo, una
potente esplorazione delle fogne di Parigi considerate come labirinto si
trova ne I miserabili di Victor Hugo; e il Verne del Viaggio al centro
delle terra ci offre immagini di quelle diramate cavità sotterranee
attraverso cui, ne sono convinto, l’idea di labirinto si aprì per la
prima volta un varco nella mente degli uomini. Oggi quel varco è
mantenuto aperto da molte altre cose: per esempio Internet».
Dunque,
per lei cosa significa il labirinto? «Da un lato è il contrario della
felicità — risponde Mariotti —, che è legata al fluido. Per Leopardi gli
uccelli sono le più liete creature del mondo; il filosofo taoista
Zhuang-zi parla della gioia dei pesci… Felicità è potersi muovere in
tutte le direzioni, in un ambiente privo di ostacoli. Così almeno ce la
rappresentiamo; il labirinto invece propone strade e passaggi obbligati,
sovverte i percorsi, ci trasmette una sensazione di incertezza. In
un’epoca come la nostra, in cui i navigatori satellitari ci guidano
infallibilmente verso la meta prescelta, i nuovi labirinti ripropongono,
sotto forma di gioco, un luogo dove ci si può perdere. In un tempo
lontano questo metteva paura, oggi no, o di meno; però provoca un
piccolo brivido, che i francesi chiamano frisson . Senza frisson ,
niente labirinto. Senza frisson può esserci felicità, ma non c’è
piacere».
Il Minotauro, figlio degli amori tra la regina Pasife e un
toro, viveva rinchiuso nel labirinto costruito da Dedalo. Ucciso il
mostro, uscito dall’intricato percorso grazie all’aiuto della
principessa Arianna, Teseo torna ad Atene (strada facendo però
abbandonerà la sua salvatrice sull’isola di Nasso), ma non sarà un
ritorno felice: non cambiando il colore delle vele, provocherà la morte
del padre Egeo che si uccide pensando che anche il figlio sia stato
ucciso dal Minotauro.
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