Cette obsession, c’est la Pléiade. Céline veut en être. Mais il lui faut, en guise de préfacier, «un parrain illustre et bienveillant». Mondor, une fois de plus, serait l’homme de la situation. Reste à le persuader, et à l’orienter. Tel est l'intérêt majeur de ces lettres : le romancier y réinvente sa vie et y livre au «cher Maître» les clefs de son art. Quand, en 1960, il reçoit la préface (ici reproduite en annexe), il est au comble de la joie : ce qu’y dit Mondor est l’exact reflet de ce que son «poëtasseux confrère » lui a dicté, lettre après lettre.
martedì 14 gennaio 2014
Le lettere di Céline dall'esilio
Risvolto
1949. Le procès de Céline va s’ouvrir. L’écrivain cherche des soutiens.
Henri Mondor se laisse convaincre ; chirurgien, homme de lettres,
académicien, il sera le «Grand Savant, couvert de Gloire, repêchant du
gibet le minable pustuleux poëtasseux confrère». Céline ne cessera plus
de le solliciter, et il utilisera la notoriété de son «illustre ami»
pour bâtir sa propre légende. Les lettres inédites retrouvées par Cécile
Leblanc à la Bibliothèque littéraire Jacques Doucet retracent
l’histoire de cette construction, qui est aussi celle d'une obsession.
Cette obsession, c’est la Pléiade. Céline veut en être. Mais il lui faut, en guise de préfacier, «un parrain illustre et bienveillant». Mondor, une fois de plus, serait l’homme de la situation. Reste à le persuader, et à l’orienter. Tel est l'intérêt majeur de ces lettres : le romancier y réinvente sa vie et y livre au «cher Maître» les clefs de son art. Quand, en 1960, il reçoit la préface (ici reproduite en annexe), il est au comble de la joie : ce qu’y dit Mondor est l’exact reflet de ce que son «poëtasseux confrère » lui a dicté, lettre après lettre.
Cette obsession, c’est la Pléiade. Céline veut en être. Mais il lui faut, en guise de préfacier, «un parrain illustre et bienveillant». Mondor, une fois de plus, serait l’homme de la situation. Reste à le persuader, et à l’orienter. Tel est l'intérêt majeur de ces lettres : le romancier y réinvente sa vie et y livre au «cher Maître» les clefs de son art. Quand, en 1960, il reçoit la préface (ici reproduite en annexe), il est au comble de la joie : ce qu’y dit Mondor est l’exact reflet de ce que son «poëtasseux confrère » lui a dicté, lettre après lettre.
Maledetto Céline Nelle lettere dall’esilio l’urlo disperato dello scrittore
Esce
in Francia il carteggio inedito dell’autore del “Voyage” Che tra
provocazione e vittimismo chiede di essere riabilitato dopo i suoi
scritti antisemiti
di Fabio Gambaro Repubblica 14.1.14
PARIGI
Eccessivo, paranoico, rancoroso, apocalittico. Louis-Ferdianand Céline,
l’autore maledetto delle lettere francesi, torna a far parlare di sé.
Sono infatti appena giunte in libreria quarantuno lettere inedite che il
romanziere scrisse a Henri Mondor, tra il 1950, quando si trovava
ancora in esilio in Danimarca, e il 1961, anno della sua scomparsa. In
queste epistole pubblicate oggi per la prima volta – Lettres à Henri
Mondor (Gallimard, pagg. 167, 18,50 euro) – l’autore di Viaggio al
termine della notte si rivolge a quello che all’epoca è un uomo colto e
influente, un medico e scrittore molto apprezzato, nella speranza di
essere aiutato a rientrare in patria ed essere riabilitato nel mondo
culturale francese. E per conquistarsene l’appoggio insiste molto sulla
similitudine dei loro percorsi, tra medicina e scrittura. Tuttavia, come
sottolinea la curatrice del volume Cécile Leblanc, l’intesa tra i due
all’inizio non era assolutamente scontata. Mondor – autorevole membro
dell’Académie de Médecine e dell’Académie Française – nell’immediato
dopoguerra aveva infatti partecipato al ComitatoNazionale degli
Scrittori all’origine di una lista nera di autori collaborazionisti
nella quale figurava evidentemente anche il nome di Céline.
Qualche
anno dopo però, in occasione del processo in cui l’autore antisemita di
Bagatelle per un massacro fu condannato in contumacia a un anno di
prigione, Mondor iniziò ad interessarsi più da vicino al percorso di
Céline, sostenendo che il suo grande valore letterario dovesse essere
distinto dai comportamenti privati e dalle dichiarazioni politiche. È in
questo senso che scrisse al presidente della Corte di Giustizia che si
occupava del caso dello scrittore. Céline lo ringrazierà calorosamente
il 7 marzo 1950, con una lettera che segnerà l’avvio di una
corrispondenza durata oltre un decennio, in cui a poco a poco i legami
tra i due diventeranno sempre più stretti. Tanto che, quando Céline
chiederà a Mondor di scrivere la prefazione per la pubblicazione di
Viaggio al termine della notte e Morte a credito nella celebre collana
della Pléiade, questi, dopo una prima esitazione, accetterà,
contribuendo così a quella consacrazione a cui il romanziere aspirava da
sempre.
In queste lettere cariche d’invettive e di lirismo, di
trovate linguistiche e di provocazioni burlesche, Céline spinge a fondo
sul registro del vittimismo, dicendosi perseguitato e insultato dai suoi
concittadini: «Questa frenesia di farmi soffrire è cosmica, è
atomica!», scrive fin dalla prima lettera, aggiungendo in quella
successiva: «Da molti anni sono così tanto infangato, oltraggiato,
perseguitato, cacciato, stritolato». Per lui, «la caccia allo scrittore è
lo sport nazionale della Francia». A perseguitarlo sarebbe un «branco
di sciacalli », in particolare gli intellettuali vicini a Sartre, tanto
che, con il suo stile iperbolico, scrive senza mezzi termini:
«Attualmente, il nazional-sartrismo sostituisce dappertutto – e con foga
– il nazionalsocialismo appena liquidato».
Céline, che non esita a
definirsi «un medico fallito, un poeta fallito, un musicista fallito»,
in realtà desidera più di ogni altra cosa il riconoscimento letterario.
La sua è un’ambizione divorante. Vorrebbe vincere dei premi letterari,
ottenere la stima dei critici e soprattutto pubblicare le sue opere
nella collana della Pléiade, ma l’editore Gaston Gallimard tergiversa. È
il motivo per cui lo tratta da «imbecille», definendolo un «disastroso
droghiere». E quando finalmente il progetto inizia a prendere corpo e
Mondor accetta di scrivere la prefazione, Céline contribuisce
direttamente alla costruzione della propria leggenda, fornendo numerose
informazioni e indicazioni al medico intento a lavorare sui suoi testi.
Gli
ricorda, per esempio, l’infanzia difficile, la partecipazione alla
Prima guerra mondiale, le ferite subite, le difficoltà economiche,
l’assenza di vocazione letteraria e la decisione di lanciarsi nella
scrittura esclusivamente per motivi economici. Un’affermazione che
tuttavia non gli impedisce di vantare l’originalità del suo stile:
«Secondo la tradizione “all’inizio era il verbo”: io dico di no!
“all’inizio era l’emozione”. L’ameba appena sfiorata non parla, si
ritrae, s’emoziona... La piccolissima novità del Viaggio è forse questa
capacità di ritrovare l’emozione del linguaggio parlato attraverso la
scrittura... In fondo, la sto- conta poco, io non sono che uno stilista,
o almeno ho cercato d’esserlo».
Insomma, in queste epistole
sorprendenti il romanziere francese, che non esita ad avvicinare la
propria scrittura a quella di Rabelais, un altro medico passato alla
scrittura, esibisce senza remore le proprie ossessioni e le proprie
frustrazioni, ma anche il suo genio e il suo straordinario talento di
scrittore. Motivo per cui leggerle oggi è un modo per inoltrarsi nella
personalità complessa di uno dei più grandi scrittori del XX secolo.
I documenti
“Sono un fallito, ma fatemi tornare”
COPENAGHEN, 29/4/[1951]
Grazie
mio caro per il suo articolo pieno di grande coraggio – e credo anche
di grande giustizia. Lei ha messo la penna sulla piaga, la più orrenda
piaga dei francesi, la maldicenza, la denigrazione dei loro... non c’è
niente da fare. In questo sono veramente gli eredi dei loro padri.
L’invidia delirante a qualsiasi prezzo! Ho provato, con mezzi inadatti,
l’ammetto, a guarire un po’ la loro vista, a renderli sensibili, più
sensibili al canto di casa loro... guardi un po’ a che punto sono
arrivato. Il più lebbroso, il più odiato, il più triste e incellulato
dei cani. [...] Ah l’odio! Il francese odia il francese; s’interessa
veramente a lui solo quando può mandarlo alla ghigliottina o metterlo al
muro. Che sollievo! Il vero patriottismo gli manca del tutto. Il
patriottismo della creazione, dell’ammirazione, altri ne faranno
l’abominevole esperienza! la storia di Francia e la storia della caccia
allo scrittore francese, della sua persecuzione e del suo esilio –
divertitevi a farne la lista. In un’epoca in cui si fanno tante “liste”.
Quanti scrittori francesi sono stati costretti a fuggire la Francia?
L’albo è sconfortante. Il francese ha nei confronti dei suoi un solo
riflesso: la parzialità, l’odio, il disprezzo, l’oltraggio. Tutto ciò è
stato però perfezionato. L’esilio non basta più. Vi si aggiunge la
prigione. In fondo, è un odio inconfessato tra i combattenti (i veri
combattenti) del 14-18 e quelli del casino del 39. Dobbiamo pagare anche
questo. L’animosità inconfessata. A chi si farà mai credere che un
reduce di 2 guerre mutilato al 75% sia un venduto alla Germania? Nessuno
può crederlo. Ma si vuole crederlo. Per detestare, odiare, torturare le
persone, il pretesto è troppo bello!
Cordialmente vostro,
LF Céline
***
MEUDON, 28/12/1959
Mio
caro Maestro, [...] Non avevo, non ho mai avuto la vocazione
letteraria... ma avevo e fortissima la vocazione medica... Da bambino...
essere scrittore mi sembrava stupido e fatuo... fui scrittore mio
malgrado, se così si può dire! [...] Alle prese con un’umile clientela a
Clichy, in rotta con mia moglie e la sua famiglia, facevo veramente
fatica a pagare le rate... in quel periodo andavano di moda i
“populisti” tra cui Dabit che conoscevo un po’... arrangiarsi con ogni
mezzo! 1932... ho preso il nome di mia madre: Céline per non essere
scoperto... senza alcuna vocazione lo giuro, con paura e vergogna, fu
scritto “Il Viaggio”... Denoël lo accettò... (n’è morto 22 anni più
tardi)... pensavo che al momento della pubblicazione dietro il
nome-cognome di mia madre non sarei stato scoperto... che avrei potuto
pagare l’affitto e basta! Chissà, comprami un locale! Diamine! Il branco
si è scagliato subito contro la bestia! E tutto si è accelerato ! i
miei tre difensori al Goncourt furono Ajalbert, Descaves e Daudet... non
restava che essere fatto a pezzi, farsi massacrare... nessuna
vocazione! A quel punto la medicina era diventata impossibile! La
scritturaccia pure! cacciato come sono dai medici-scrittori!
Piccolissimo dolore!
L’antisemitismo fu un pretesto all’hallalì...
La persecuzioneviene da un’altra parte, viene dal Viaggio, dallo
stile... [...] Mille auguri e rispetti, Destouches***
12/1/[1960]
Ammirazioni
letterarie? Voglio vedere... si può solo apprezzare da molto lontano...
m’interesso solo allo stile, frega nulla delle storie! Sono sicuro solo
di La Fontaine... Malherbe... Voltaire dei piccoli versi... i
romanzieri sono diventati noiosi... Si può imparare il medico di
campagna da Balzac? L’adulterio da Flaubert? L’informazione e la
ciarlataneria non ci lasciano alcuna curiosità. Restano gli stilisti, ma
troppo vicini: Mallarmé, Rimbaud, Baudelaire...
© Gallimard 2013 (Traduzione di Fabio Gambaro)
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