mercoledì 22 gennaio 2014

Togliatti e Stalin mangiavano bambini già nell'lantico Egitto

Kazzenger... [SGA].

Tutti uguali, tutti sterminati La tragica utopia di Akhenaton 

Gli archeologi americani svelano il vero volto di Amarna, la capitale del faraone che predicava libertà: anche donne e bambini denutriti e sfruttati fino alla morte 

22 gen 2014  Libero ARISTIDE MALNATI 


L’archeologia a volte, con evidenza scientifica incontrovertibile, ti rivela la sorpresa che non ti aspetti; quegli elementi imprevisti, capaci da soli di ribaltare verità che sembravano incontestabili. La novità riguarda ancora una volta l'Antico Egitto, terreno ideale di scoop da parte di intrepidi Indiana Jones. Scavi recenti in ambienti di vita quotidiana e in necropoli comuni hanno mostrato una realtà imbarazzante: la civiltà sorta in riva al Nilo non fu quel teatro di progresso civile che credevamo; e i Faraoni furono per lo più despoti non così illuminati, a cui poco stava a cuore il benessere dei propri sudditi.  Le ultime ricerche gettano una luce inquietante su interi periodi storici della civiltà egizia, anche su epoche presentate con troppa sicumera come età dell’oro. Significativo è il caso di Amarna, città costruita nel 1350 a. C. dal faraone “eretico” Akhenaton e dalla splendida sua sposa Nefertiti. Amenophis IV fu il primo, vero rivoluzionario della storia: eliminò il potere del clero in Egitto; soppresse il ramificato e articolato potere religioso di sacerdoti, che spesso avevano ingerenze pesanti nelle decisioni, riducendone drasticamente il numero. E per far questo passò dal politeismo al monoteismo, introducendo il culto dell’Aton, il disco solare, unica divinità venerata e simbolo di vita, di gioia, di benessere, della quale lui stesso era devoto servitore e figlio (cambiò il nome in Akhenaton: «Aton è soddisfatto») e quindi tramite di una protezione, di cui tutti godevano. 
A un simile concetto di sacro, fondato su un dio unico e benevolo con tutti nella stessa misura, è associata - è evidente - la prima idea di uguaglianza: lo si legge con chiarezza nell’inno ad Aton, celebre componimento encomiastico del nuovo dio, riassuntivo del nuovo modo di concepire la società e l’esistenza stessa. La coppia reale voleva tagliare col passato: dare vita a un nuovo centro di libertà e di eguaglianza, appunto Amarna, la nuova capitale, quasi un paradiso terrestre da destinare a tutti i sudditi, senza distinzioni, con garanzie e assistenza per l’intera collettività. 
Ma le cose non stavano proprio così. Oggi, a distanza di millenni, gli scavi americani raccontano la vera Amarna: apprendiamo che la gente comune, ufficialmente liberi cittadini, trasportava l’acqua, scaricava le barche sul Nilo e costruiva immensi templi in pietra, eretti in continuazione su ordine di Akhenaton, deciso a lasciare traccia visibile del proprio potere proprio come quei predecessori che dichiarava di voler superare. 

MONOTEISMO 

Il faraone Akhenaton (XVIII dinastia), autore di una rivoluzione monoteistica, offre doni al dio unico Aton, rappresentato come sole raggiato tutte le età, liberi o schiavi, ma anche donne e bambini lavoravano spesso fino alla morte per mettere in atto un progetto smisurato, che oggi giudicheremmo partorito da un folle. La città del Sole, pensata come modello di uguaglianza e di libertà, fu costruita grazie al sacrificio di un’intera generazione. 
I ricercatori hanno scoperto che molti bambini rachitici e malnutriti furono parte integrante della forza lavoro e quasi tutti morirono; mentre i corpi degli adulti mostrano segni di lavori massacranti e alti tassi di lesioni e di traumi. «Amarna era la capitale dell’impero, il cibo avrebbe dovuto essere abbondante: i magazzini erano pieni. È evidente che di tale abbondanza abbiano beneficiato solo il Faraone e la sua corte», osserva Jerome Rose, bioarcheologo dell’Università dell’Arkansas che ha condotto le ricerche. Si tratta di uno scavo sistematico, condotto negli spazi di vita quotidiana più ordinaria e nelle necropoli dove le aree sepolcrali sono divise per classe sociale: lo scavo è attivo fin dal 2007 e nella prossima campagna verrà intensificata la presenza di studenti non ancora specializzati, il cui numero è previsto in 12-15. 
La maggior parte dei 200 scheletri studiati in questi anni era avvolta in semplici stuoie, un anomalo segnale di povertà per una società che considerava i sarcofagi un simbolo di prestigio. Uno dei pochi sarcofagi ritrovati nel cimitero è decorato con geroglifici incomprensibili, il che suggerisce che il decoratore e il committente fossero analfabeti: chiaro indizio di diffusa mancanza di istruzione.  
E altrove? In siti ritenuti simbolo indiscusso di civiltà progredita, come andavano le cose? Non molto meglio. Sono numerosi gli scheletri di gente comune, deceduta per malattie curabili: prova evidente che la sanità dibase nonera garantita alla maggioranza dei cittadini. A Saqqara e a Gizah, dove pure le piramidi furono costruite da operai salariati e non da schiavi, resti di salme mostrano segni di artrite sugli arti e sulla schiena, che però non sono state causa di morte: è la prova che gli operai lavorarono pur con simili menomazioni e che poi, stremati, morirono d’altro. Ma almeno queste prime vittime del lavoro erano retribuite in modo adeguato? Si direbbe proprio di no, almeno a giudicare dallo sciopero dei costruttori delle tombe reali sotto il faraone Ramses III (1180 a.C.), che incrociarono le braccia perché malnutriti e senza vesti da un mese...

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