venerdì 21 febbraio 2014
Adorno e la musica classica
Adorno e il segreto della musica: piacere (anche) senza conoscenzaLa tecnica è per gli esperti ma il pubblico non rimane escluso
di Gillo Dorfles Corriere 21.2.14
La vasta opera critica ed esegetica rivolta da Adorno alla musica e ai
suoi rapporti con le altre arti costituisce certamente un esempio di
analisi non solo storica e umanistica ma anche tecnica e linguistica di
questa arte: un’arte, la musica, che troppo spesso viene seguita da chi
non ne possiede i segreti del linguaggio o da chi non ne riconosce
l’aspetto tecnico e scientifico e fruisce soltanto quello «patetico» o
addirittura sentimentale.
Ecco perché il problema dell’ascolto è quello dove Adorno compie uno
studio accurato circa i segreti non sempre evidenti di questa arte,
puntando soprattutto su quella che è la sua fruizione da parte di un
pubblico che molto spesso finisce per lasciarsi «addormentare» dai suoni
che ascolta sprofondando (il ché non è purtroppo insolito) in un dolce
sonnellino. Adorno mette in rilievo la scarsa attenzione con cui viene
seguita una composizione musicale anche nel caso dei più rigorosi
concerti. Ma, senza volere esagerare, dobbiamo riconoscere che molto
spesso la presenza di un pubblico non preparato o soprattutto
disattento, finisce per condurre al disappunto e alla noia, anziché alla
esaltazione delle composizioni musicali. Naturalmente il problema della
musica e della sua composizione è da sempre molto diverso da quello
delle altri arti perché anche un ascolto «aleatorio» e non del tutto
cosciente può essere sufficiente a provocare una «piacevole sensazione
sensoriale» e magari una partecipazione sentimentale da parte
dell’ascoltatore. Non c’è dubbio d’altra parte che una autentica e
profonda comprensione del testo musicale non è possibile senza un
bagaglio di conoscenze tecniche e di una educazione specialistica; ecco
perché quando parliamo di «ascolto disattento» (da cui Adorno mette in
guardia), ci riferiamo non a un modo di ascoltare rigido ed
esclusivamente scientifico, ma a quello che unisce sia i dati
linguistici che quelli sentimentali.
La situazione di un ascolto disattento è indubbiamente caratteristica
della musica, e in un certo senso è legata proprio a una questione
acustica oltre che patetica (che ovviamente non si verifica in
nessun’altra produzione artistica), soprattutto se si tiene conto del
grado di percezione specialistico del brano musicale che appare molto
diverso da quello di un’opera visiva proprio per una diversità del senso
corporeo, dell’udito rispetto alla vista. Ecco allora quanto è
importante e addirittura necessario saper distinguere in un brano
musicale alcune peculiarità, non solo acustiche, ma ritmiche e
sintattiche per poter giudicare la diversità tra i vari intervalli,
ritmi e la presenza di molti «accidenti» che concorrono a rendere più
completa la composizione in parola: ecco perché, ad esempio, accade
spesso che un ascoltatore sufficientemente educato all’ascolto attento
di un’opera musicale sia in grado immediatamente di distinguere tra i
diversi intervalli e i diversi accordi che il brano sta offrendo, non
solo, ma potrà apprezzare la presenza di alcuni «stratagemmi»
indispensabili. Si pensi al fatto di riconoscere la presenza delle
dodici note in un brano dodecafonico, oppure la presenza di uno di quei
particolari ritornelli che Wagner aveva composto per identificare i
diversi personaggi delle sue opere.
Ecco ad esempio, come ascoltando un’opera quale il Parsifal ,
l’ascoltatore riconoscerà immediatamente il motivo di Amfortas e del
Graal allo stesso modo come riconoscerà quello di Brunilde, di Wotan, o
del Walhalla nell’opera l’Oro del Reno. Certamente la preparazione
tecnica del nostro uditorio allarga a dismisura anche la nostra capacità
fruitiva come del resto avviene per tutte le arti, ma in maniera
diversa, in funzione della sensorialità investita. Tuttavia, oltre alla
presenza di una coerenza armonica e melodica che permette di individuare
a fondo la strutturazione del brano musicale è anche indispensabile
riconoscere il fatto che l’attenzione dovrà essere alla base di ogni
percezione e che l’ascolto non accompagnato dall’intensa analisi
acustica e tecnica non permetterà mai una comprensione effettiva di
quanto viene ascoltato.
In un recente e molto articolato saggio di Giacomo Fronzi (Theodor
Wiesengrund Adorno. Pensiero critico e musica , prefazione di Paolo
Pellegrino) l’autore ripercorre tutta l’opera di Adorno sia nell’aspetto
specificatamente estetico che filosofico, che in quello più tecnico e
si sofferma soprattutto sui saggi «adorniani» dedicati ai diversi
musicisti contemporanei, le cui composizioni hanno avuto una maggiore
interpretazione da parte dell’analisi di Adorno. Fronzi ha compiuto
delle esemplari ricerche attorno al pensiero di Adorno, interpretando le
molte considerazioni dello stesso, come del resto anticipa l’ottima
introduzione di Paolo Pellegrini.
Non mi è possibile riferire tutte le precisazioni tecniche e didattiche
compiute dall’autore a proposito di un ascolto critico e coscienzioso
come non è possibile cogliere sempre le sottigliezza della tecnica in
un’opera visiva. Credo che non si possa parlare di un amore per l’arte
senza questa attenzione e volontà di raggiungere un’effettiva
comprensione dei vari linguaggi artistici. A questo proposito dobbiamo
ancora una volta riconoscere quanto sia giusto e auspicabile che
l’ascoltatore sottostia a questo genere di audizione critica,
affrontando le difficoltà di un brano mai ascoltato per non cadere
nell’equivoco della non comprensione, dovuto alla propria ignoranza.
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