Zygmunt Bauman, David Lyon:
Sesto potere. La
sorveglianza nella modernità liquida, traduzione di M. Cupellaro,
Laterza
Risvolto
Non ci sarà più luogo dove rifugiarsi per non essere spiati. Per nessuno.
La sorveglianza è una dimensione chiave del nostro mondo: siamo
costantemente controllati, messi alla prova, valutati, giudicati nei più
piccoli dettagli della vita quotidiana. E il paradosso è che siamo
proprio noi – i sorvegliati – a fornire il più grande volume di
informazioni personali, caricando contenuti sui social network, usando
la nostra carta di credito, facendo acquisti e ricerche on line. Questo
perché il bisogno di salvaguardare la nostra solitudine ha ceduto il
posto alla speranza di non essere mai più soli e la gioia di essere
notati ha avuto la meglio sulla paura di essere scoperti e incasellati.
«Oggi i professionisti del controllo sono molto diversi dai
sorveglianti vecchio stile che vigilavano sulla monotonia di una routine
vincolante. Piuttosto, si dedicano a dare la caccia agli schemi
estremamente volatili dei desideri e dei comportamenti ispirati da quei
desideri.»
La collaborazione volontaria, anzi entusiastica, dei manipolati è la loro grande risorsa.
Zygmunt Bauman e David Lyon si confrontano con un tema che ogni giorno
di più acquista potere sulle nostre vite: cosa significa essere
osservati e di continuo osservare e con quali conseguenze politiche e
morali.
L’era della sorveglianza
Bauman: Siamo noi i "Grandi Piccoli Fratelli"
di Stefano Rodotà Repubblica 22.2.14
Dal 1949, quando comparve 1984 di George Orwell, per molto tempo sulle
nostre società si è allungata l’ombra dell’utopia negativa del Grande
Fratello. Con il passare degli anni, e con la continua crescita delle
possibilità di raccogliere dati personali grazie alle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, era divenuto via via più
pressante l’invito a rivolgere lo sguardo piuttosto al moltiplicarsi dei
Piccoli Fratelli, che penetravano nelle società rendendo concreta una
sorveglianza diffusa sulle persone. Molti di questi Piccoli Fratelli
sono poi cresciuti, hanno assunto le sembianze di Google o di Facebook,
fino a quando il Datagate ha rivelato l’esistenza di un soggetto,
l’americana National Security Agency, dove potevano essere riconosciuti i
tratti di un vero Grande Fratello planetario.
Abbandonando questo schema, Zygmunt Bauman e David Lyon dialogano
mettendo in evidenza una più profonda trasformazione della società,
ormai posseduta integralmente dalle logiche della sorveglianza, non più
imputabile a questo o quel soggetto, ma divenuta un suo dato strutturale
(Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida, traduzione di
M. Cupellaro, Laterza). Non siamo di fonte a una variazione nella
letteratura sulla morte della privacy, ma a una riflessione sulla
sorveglianza «liquida, perché è cruciale cogliere i modi in cui essa si
infiltra nella linfa vitale della contemporaneità» fino a distruggerla,
facendo regredire la persona alla condizione di puro oggetto sul quale
si esercitano poteri fondati, in definitiva, sull’imperativo della
sicurezza e sulle pretese del mercato.
L’oggetto della riflessione, allora, divengono la effettiva
distribuzione e il concreto esercizio del potere, facendo emergere
l’inadeguatezza della politica, l’impotenza degli Stati nazionali e,
drammaticamente, anche una sorta di impossibilità individuale e
collettiva di opporsi a questo processo. L’orizzonte è quello della
ricerca di Bauman sulla modernità liquida che, tuttavia, non diviene uno
schema costrittivo, perché David Lyon, con le sue domande, sollecita
anche un confronto con molte delle posizioni emerse nella discussione
contemporanea sulla sorveglianza, con una ricchezza di riferimenti che
qui possono essere colti solo in parte. Ma i veri interlocutori
finiscono con l’essere altri - Jeremy Bentham, con la sua teorizzazione
del Panopticon; Michel Foucault, per l’indagine sul dispositivo della
sicurezza; e l’assai più lontano Etienne de la Boétie, l’autore del
Discorso sulla servitù volontaria.
Tutti i processi di trasformazione della persona, infatti, vengono
descritti non tanto come l’effetto di una costante imposizione esterna,
ma come il risultato di processi che costruiscono le condizioni propizie
perché ciascuno accetti le servitù che gli vengono imposte, se non
vuole essere vittima dei processi di esclusione che innervano la società
della sorveglianza. Siamo così di fronte ad una nuova antropologia,
nella trasformazione delle persone in “hyperlinkumani”, in entità
bisognose di cogliere ogni occasione di visibilità, mettendo in rete
qualsiasi informazione personale, contribuendo così alla “profilazione
fai da te”. L’insistenza sull’assoggettamento volontario, tuttavia, non
fa dare il giusto rilievo al parallelo processo di espropriazione
dell’autonomia delle persone, consegnate agli algoritmi e alle tecniche
probabilistiche che costruiscono una identità ad esse ignota, che
ipoteca il loro futuro.
La sorveglianza si manifesta così come un dispositivo di esclusione, che
rende non più utilizzabile lo schema del Panopticon, la costruzione
circolare che consente ai carcerieri di vedere i detenuti senza esser
visti e che, con le sue mura, è il simbolo della modernità “solida”. Al
suo posto vengono insediati un Banopticon, le raccolte di dati in base
alle quali si costruiscono i profili dei soggetti da escludere; e un
Synopticon, che coinvolge ogni persona nei processi di sorveglianza.
Poiché all’origine di tutto è l’ininterrotta raccolta di ogni
informazioni, non è un caso che il libro si apra enfatizzando il ruolo
dei droni, le macchine volanti sempre più miniaturizzate, capaci di
giungere in ogni luogo e di impadronirsi dei dati in una condizione di
quasi invisibilità, emblema estremo della liquidità.
Una nuova società è di fronte a noi, riconducibile alla “passione
moderna per la costruzione di un ordine”, che portò ai campi di
concentramento di nazismo e fascismo, dei quali i processi di selezione
sociale della società della sorveglianza si presentano come la
prosecuzione, sia pure in forme più blande ehigh tech.E in uno schema
così compatto ed estremo non riescono ad aprire brecce le domande con le
quali Lyon cerca di indurre Bauman a una considerazione più articolata
della rivoluzione tecnologica, con una amputazione dell’analisi che
rischia di rendere più debole la ricostruzione complessiva, che non a
caso trascura tutti i contributi che cercano di segnalare le possibilità
di intervenire attivamente per contrastare la logica della
sorveglianza.
Si torna così al tema del potere, che “evapora” nella spazio dei flussi
planetari dell’informazione, e della politica ricacciata nei luoghi
fisici degli Stati nazionali. Una politica per ciò impotente, se non
recupera la dimensione globale, anche per far sì che la ricostruzione
negativa possa divenire una di quelle distopie che si autosmentiscono.
Vero è che, perché questo accada, è indispensabile uno “slancio
d’azione” (qui Bauman cita Gramsci) che compare come speranza nelle
battute finali del dialogo, indicando la strada di “un’etica della cura”
che recuperi integralmente la considerazione “dell’Altro” e induca a
fissare il limite nel rispetto della dignità della persona. Tutto
questo, però, viene collocato piuttosto in un recupero della
trascendenza più che nella fiducia dell’azione individuale e collettiva.
Ma siamo davvero sicuri che non sia più possibile continuare a seguire
anche questa strada?
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