Un viaggio lungo cinquant'anni fra le pagine del periodico per ragazzi più longevo d'Europa: Il Giornalino. Dai difficili esordi durante il ventennio fascista fino alla fine degli anni Settanta, questa ricerca indaga per la prima volta le motivazioni che portarono alla nascita della pubblicazione della Pia Società San Paolo, la sua specificità in quanto portavoce dei valori cattolici fra bambini e adolescenti, il ruolo di mediazione fra le opposte istanze della formazione e dell'evasione. Al centro lo speciale rapporto instaurato coi lettori e la missione educativa del Giornalino, un "amico di carta" con cui confrontarsi e dialogare.
giovedì 6 febbraio 2014
L'educazione politica dell'infanzia attraverso i fumetti
Juri Meda: Falce e fumetto. Storia della stampa periodica socialista e comunista per l'infanzia in Italia (1893-1965), Nerbini
Risvolto
Un viaggio lungo cinquant'anni fra le pagine del periodico per ragazzi più longevo d'Europa: Il Giornalino. Dai difficili esordi durante il ventennio fascista fino alla fine degli anni Settanta, questa ricerca indaga per la prima volta le motivazioni che portarono alla nascita della pubblicazione della Pia Società San Paolo, la sua specificità in quanto portavoce dei valori cattolici fra bambini e adolescenti, il ruolo di mediazione fra le opposte istanze della formazione e dell'evasione. Al centro lo speciale rapporto instaurato coi lettori e la missione educativa del Giornalino, un "amico di carta" con cui confrontarsi e dialogare.
Un viaggio lungo cinquant'anni fra le pagine del periodico per ragazzi più longevo d'Europa: Il Giornalino. Dai difficili esordi durante il ventennio fascista fino alla fine degli anni Settanta, questa ricerca indaga per la prima volta le motivazioni che portarono alla nascita della pubblicazione della Pia Società San Paolo, la sua specificità in quanto portavoce dei valori cattolici fra bambini e adolescenti, il ruolo di mediazione fra le opposte istanze della formazione e dell'evasione. Al centro lo speciale rapporto instaurato coi lettori e la missione educativa del Giornalino, un "amico di carta" con cui confrontarsi e dialogare.
La nostra storia
Comunello e Proletino Quando i giornalini per bambini erano comunisti
Il
volume «Falce e Fumetto» ricostruisce le vicende della stampa periodica
per l’infanzia in Italia prima e dopo il Ventennio, voluta e pubblicata
dai partiti di sinistra
di Renato Pallavicini l’Unità 6.2.14
QUALCUNO, OGGI, POTREBBE FACILMENTE IRONIZZARE SULLE «OPPOSTE RETORICHE»
IN RIME OTTONARIE CHE,SUI«GIORNALINI» SOCIALISTI E COMUNISTI, FACEVANO A
GARA CON QUELLE DEGLI ANALOGHI FOGLI BORGHESI, CATTOLICI E POI
FASCISTI. Su quegli ottonari in stile Corriere dei Piccoli che
introdussero, timidamente e con mille circospezioni, le «fiabe a
quadretti», non ancora fumetti, anche sulla stampa di sinistra. E certo
c’è un po’ da sorridere a leggere e guardare le zuffe tra Comunello,
Proletino e Fasciolino, a suon di calci, ceffoni e manganelli,
grezzamente illustrate e cantate con una mini epica del tipo: «Forte e
ardito è Comunello / ed affronta il manganello /del gradasso Fasciolino /
per difender Proletino». Siamo nel settembre del 1922, a poco più di un
mese dalla Marcia su Roma, e siamo sulle pagine de Il Fanciullo
Proletario, un giornale per ragazzi pubblicato su iniziativa del neonato
Partito Comunista d’Italia. Dalle pagine alle piazze, dove il «santo
manganello» faceva le sue poco mistiche apparizioni, il passo era breve.
E dunque, davvero, c’è poco da scherzare e quelle ingenue propagande a
fumetti sono da prendere molto sul serio. Tanto che da lì a pochi mesi,
quei giornalini cesseranno le pubblicazioni, verranno chiusi dal regime e
- a parte una minima diffusione clandestina de Il Fanciullo Proletario
fino al 1930 - a sopravvivere saranno soltanto i giornalini di regime
come Il Balilla o quelli storici, come Il Corriere dei Piccoli,
progressivamente fascistizzati.
Prima e dopo il Ventennio la «storia della stampa periodica socialista e
comunista per l’infanzia in Italia» è una storia complessa e
rivelatrice di interessanti questioni (anche per l’oggi) che il volume
Falce e Fumetto che raccoglie una serie di ricerche e contributi
relativi al periodo 1893-1965 - ricostruisce con scrupolo. Un lavoro,
questo di Meda e del gruppo di altri studiosi, che, tra l’altro, ha dato
vita a una preziosa collana, «Nerbiniana», interamente dedicata alla
storia della stampa per l’infanzia e la gioventù. Un lavoro che affronta
il tema con il rigore del metodo storico, che raccoglie, ordina ed
espone scrupolosamente fatti, fonti e documenti. Con un di più: uno
sguardo anche pedagogico e un’attenzione ai valori educativi e formativi
di quella stampa.
Il periodo esaminato nel libro va dunque dai primi fogli e strenne
socialiste tra Ottocento e Novecento (La Parola dei Poveri, Figli del
Popolo) ai giornalini socialisti e comunisti editi fino al Ventennio
(Primavera, Il Germoglio, Cuore, Il Fanciullo
Proletario); giunge al rifiorire delle testate, anche di sinistra, nel
dopoguerra (Falco Rosso, Il Pioniere, Pattuglia); ed arriva a gettare
uno sguardo su quanto succedeva in altri paesi (ad esempio, nella
Repubblica Democratica Tedesca). Lungo tutto il percorso, il sentiero
spesso è stretto, e il confine tra educazione, formazione, propaganda e
indottrinamento è labile. Nei racconti, nelle novelle, nei piccoli
giochi, nelle vignette e nei fumetti - secondo quel mix tracciato da Il
Corriere dei Piccoli e da Il Giornalino della Domenica che diventerà un
modello per tutti i giornalini dell’epoca - si alternano, infatti,
precetti di buona educazione e veritieri scorci sulla realtà, apologhi
moraleggianti e corrosive denunce. I periodici socialisti esortano alla
presa di coscienza dei propri diritti e assumono via via un tono da
socialismo umanitario alla De Amicis, mentre quelli comunisti spingono
con più decisione sulla militanza e sul richiamo ideologico. Gli uni e
gli altri sembrano privilegiare, però, il precetto dell’«istruirsi
faticando », piuttosto che quello dell’«istruirsi divertendo ». Anzi, il
richiamo, rivolto ai ragazzi, sulla durezza della realtà di contro la
leggerezza della fantasia, nella Strenna Minima Socialista (1897), non
poteva essere più esplicito: «a voi che avete ancora in mano i
giocattoli, ma che pure molto spesso siete costretti a provare che la
vita non è un giuoco, ma una faccenda molto seria».
Il «dualismo» pedagogico tra educazione e divertimento sembra
moltiplicarsi, in molti dei casi esaminati nel libro, in altri dualismi:
quello tra avventura e realtà, quello tra forma e contenuto e, sul
piano più strettamente «fumettologico», in quello tra parola e disegno.
Il borghese Il Corriere dei Piccoli, in questo senso, aveva fatto
scuola, aprendo coraggiosamente al fumetto ma, per così dire, un po’
vergognandosene e sostituendo i ballon (le classiche nuvolette) con le
più letterarie filastrocche in versi messe ai piedi delle vignette.
Faranno così anche i giornalini di sinistra, abbastanza recalcitranti,
se non avversi, nei confronti del fumetto; con qualche eccezione, come
quella del socialista Primavera (1911-1914). Il giornale, diretto da
Vittorio Podrecca, avrà tra i suoi illustratori Bruno Angoletta,
Filiberto Scarpelli, Sergio Tofano e Antonio Rubino, colonne grafiche
anche de Il Corriere dei Piccoli. E aprirà a una «concezione
dell’immagine non subordinata al testo, ma organica a esso e
corresponsabile della corretta diffusione del suo messaggio».
La buia parentesi del Fascismo e della guerra, assieme ai giornalini in
questione, azzererà qualsiasi «dilemma» pedagogico e formale. Ma alcune
questioni torneranno anche nel dopoguerra - di cui si occupa la seconda
metà di Falce e Fumetto -. Le idee tornano a circolare ma resteranno
scorie e rigidezze ideologiche, accentuate ora dalla guerra fredda.
Perfino l’importante esperienza de Il Pioniere, il giornalino comunista
diretto da Gianni Rodari e Dina Rinaldi, sarà segnata da una dura
polemica anti-fumetti che avrà il suo culmine in una serie di interventi
su Rinascita, a firma Nilde Jotti e Palmiro Togliatti. Faticherà non
poco, Rodari, a difendere valore e importanza, anche pedagogiche del
fumetto. Una polemica che, per l’occasione si ammantò prevalentemente di
antiamericanismo (dietro questo scudo, si erano trincerati, in
precedenza, sia cattolici che fascisti); e che vedrà persino foschi
episodi, come quello di alcuni processi contro i fumetti, organizzati in
piazza dall’allora Fgci, con tanto di pubblica condanna. Del resto,
persino nei democraticissimi Stati Uniti, i fumetti, «seduttori degli
innocenti», finiranno, in quegli stessi anni, a processo (se ne occuperà
un’apposita commissione del Senato Usa) e in piazza, questa volta,
verranno addirittura bruciati in pubblici roghi.
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