mercoledì 5 febbraio 2014
Ritorna la Storia della civiltà africana di Leo Frobenius
Risvolto
Leo Frobenius dedicò parecchi anni, all’inizio del Novecento, a
spedizioni antropologiche e archeologiche nei luoghi più vari
dell’Africa, dal Fezzan al Capo, dal Sudan al deserto del Kalahari, e ne
riportò preziosi reperti, oggetti di culto e della vita quotidiana,
nonché le prime riproduzioni di ignote pitture rupestri. Ma altrettanto
prezioso fu il tesoro di storie che raccolse dalla viva voce di
narratori locali e poi pubblicò nei dodici volumi di Atlantis,
inesauribile miniera di miti, fiabe e leggende. L’opera in cui tutte
queste esperienze e scoperte si presentarono in una sorta di summa fu
tuttavia la Storia della civiltà africana, apparsa nel 1933.
Opera imponente, audace nel suo impianto teorico per la visione
diffusionista dei Kulturkreise – che oggi torna a essere dibattuta –,
questa Storia è anzitutto il tentativo affascinante di delineare la
morfologia di un continente, tentativo che rimane unico nel suo genere.
Come pure è altamente peculiare il fondamento conoscitivo che qui si
rivendica: l’esigenza di individuare la Ergriffenheit, la
«commozione» che sta alla base di ogni forma di cultura. Non meraviglia
dunque che fra i lettori più attenti e appassionati di questo libro vi
siano stati Pavese, Canetti e Giorgio de Santillana. E va ricordato che i
primi sostenitori della négritude, come Senghor, riconobbero nella Storia
di Frobenius la più grandiosa rivendicazione, da parte di uno studioso
occidentale, di ciò che è stata, nelle sue variegate manifestazioni, la
civiltà africana.
Leggi anche qui
Nella "Storia della civiltà" del continente nero, Leo Frobenius insegue i miti e i riti smarriti dall'Occidente
Stenio Solinas - il Giornale Mer, 05/02/2014
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