mercoledì 5 febbraio 2014

Persino Habermas bacchetta la SPD


Il filosofo Habermas richiama la sinistra: «Cambiamo rotta»
Di Paolo Lepri Corriere 5.2.14

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO — «Siete i continuatori del precedente governo, non state facendo niente, per l’Europa, di quello che avevate promesso», è stato il succo del suo impietoso ragionamento, accolto da applausi e da qualche segno di imbarazzo. Gli intellettuali più prestigiosi non sono facilmente addomesticabili, anche quando sono dei «compagni di strada», ma i dirigenti della Spd, freschi di importanti incarichi ministeriali, forse non si aspettavano di ricevere una così determinata lezione di europeismo attivo dal filosofo Jürgen Habermas, l’ospite d’onore del seminario a porte chiuse svoltosi domenica a Potsdam. Merkelismo prima, insomma, e merkelismo adesso. Bisognerebbe invece, ha detto, invertire la rotta. La «cura drastica» prescritta dalla donna più potente del mondo ha prodotto solo effetti collaterali negativi. E, nel frattempo, di eurobond e di condivisione del debito non parla più nessuno, nemmeno a sinistra. Un vero atto di accusa. 
L’ottantaquattrenne «grande vecchio», da sempre sostenitore della necessità di «ridemocratizzare l’Europa», non ha dubbi: la grosse Koalition di cui fa parte la Spd, dopo le elezioni di settembre, sta soltanto proseguendo la linea dell’esecutivo «nero-giallo», con i liberali, che era guidato sempre dalla inaffondabile Cancelliera. Tanto allora quanto adesso si sfrutta una posizione «semi egemonica» all’interno della Ue per imporre «un’austerità a senso unico» che non va alle radici dei problemi da risolvere. Sono i mercati che devono essere regolamentati e tenuti a freno. La responsabilità della crisi appartiene a loro, non alle politiche economiche dei Paesi indicati come meno virtuosi, è ancora il messaggio lanciato dall’esponente della seconda generazione della scuola di Francoforte. E su tutto, ha aggiunto, c’è sempre il rischio di «un’Europa tedesca». Il vicecancelliere Sigmar Gabriel ascoltava attento. «Una sinfonia per le mie orecchie», ha poi commentato il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. L’uomo definito «un kapò» da Silvio Berlusconi vuole infatti «cambiare tutto» se diventerà presidente della Commissione Europea. Ma il rischio è che anche lui si scontri con le necessità della Realpolitik in un’Europa troppo attenta a mediare tra interessi diversi. E che Habermas gli faccia ricordare, un giorno, le tante illusioni perdute, come è accaduto domenica, nell’Inselhotel, il tranquillo resort affacciato sul Templiner See, a poche decine di chilometri da Berlino, dove la Spd aveva deciso di riunirsi in «clausura». 
Habermas non pensa soltanto, in termini normali anche se oggi già un po’ sovversivi, a un rafforzamento dell’unione politica con l’armonizzazione delle politiche fiscali, come si direbbe a Bruxelles. Il suo obiettivo è un «governo economico comune», realizzato con ulteriori e decisivi trasferimenti di sovranità che intervenga sulle condizioni di vita della popolazione. Ma niente si può cambiare davvero senza mettere contemporaneamente le basi di un forte controllo democratico e senza promuovere una nuova legittimazione delle istituzioni europee per superare quel «metodo intergovernativo», diventato la regola nell’Unione, di cui la stessa Germania, ha osservato, è una delle maggiori responsabili, se non la principale. Gli altri Paesi e i cittadini europei, sono stati trattati da Berlino, secondo Habermas, «come bambini sottosviluppati». Solo questa rifondazione, ha continuato l’autore di «Storia e critica dell’opinione pubblica», può battere le tendenze antieuropee dominanti, provocate anche e soprattutto dall’imposizione di miopi politiche dei sacrifici. I socialdemocratici non possono dire di non essere stati avvertiti, qualche mese prima delle elezioni europee. Un uomo illustre chiede loro di riempire di contenuti la voglia di governare. 

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