giovedì 6 marzo 2014
"Le economie capitaliste funzionano": il capitale rinuncia all'obiettività scientifica
Le economie capitaliste funzionano, la politica a volte non tanto
Kenneth Rogoff Il Sole 6.3.14
La
promessa che ogni generazione starà meglio di quella precedente è un
principio fondamentale della società moderna. Le economie avanzate hanno
onorato la promessa con il miglioramento degli standard di vita,
nonostante battute d'arresto come guerre e crisi. Anche nel mondo in via
di sviluppo la maggioranza della popolazione ha cominciato a vivere un
miglioramento degli standard di vita e le aspettative di crescita sono
in aumento. Ma le generazioni future, soprattutto nelle economie
avanzate, vedranno realizzate le aspettative? Anche se probabilmente la
risposta è affermativa, i rischi sembrano più alti rispetto a qualche
decennio fa.
Finora ogni previsione nefasta dell'era moderna sulla
sorte dell'umanità, da Thomas Malthus a Karl Marx, si è rivelata errata.
Il progresso tecnologico ha superato gli ostacoli alla crescita.
Periodici riequilibri politici, pacifici o no, hanno portato beneficio
alla maggioranza della gente, anche se ad alcuni più che ad altri. Le
preoccupazioni di Malthus sul tema della carestia non si sono avverate
in nessuna economia capitalista in pace. Nonostante la sconcertante
diminuzione nella distribuzione del reddito da lavoro negli ultimi
decenni, lo scenario a lungo termine continua a smentire la previsione
di Marx secondo la quale il capitalismo impoverirebbe i lavoratori. Gli
standard di vita migliorano in tutto il mondo. Ma l'andamento della
crescita passata non significa che la traiettoria manterrà uno sviluppo
simile nel secolo. A parte le potenziali perturbazioni geopolitiche,
permangono ostacoli non irrilevanti, perlopiù dovuti all'inadeguatezza
della politica.
La prima serie di questioni comprende problemi a
combustione lenta che comportano esternalità, l'esempio più lampante è
il degrado ambientale. Quando i diritti di proprietà non sono ben
definiti, come nel caso dell'aria e dell'acqua, deve intervenire il
governo a fornire la regolamentazione. Non invidio le generazioni future
che dovranno affrontare le conseguenze del riscaldamento globale e
della penuria di acqua.
La seconda riguarda il bisogno di fare in
modo che il sistema economico sia percepito come fondamentalmente
giusto, che è la chiave della sua sostenibilità politica. Questa
percezione che non può più essere data per scontata visto che
l'interazione di tecnologia e globalizzazione ha esacerbato la
disuguaglianza di reddito e ricchezza nei Paesi, anche se il divario fra
Paesi è diminuito. Finora le nostre società si sono dimostrate abili ad
adattarsi alle nuove tecnologie; ma il ritmo del cambiamento negli
ultimi decenni ha provocato tensioni che si sono tradotte in forti
disparità di reddito fra Paesi, con divari quasi record fra quelli più
ricchi e gli altri. La disuguaglianza può paralizzare il sistema
politico e la crescita di un Paese.
La terza questione riguarda
l'invecchiamento della popolazione. Come potranno essere stanziate le
risorse per l'assistenza agli anziani, soprattutto nelle economie a
crescita lenta dove i modelli pensionistici e i sistemi sanitari per la
terza età sono insostenibili? La levitazione dei debiti pubblici non
farà che esacerbare il problema: saranno le future generazioni a dover
pagare debiti e pensioni.
L'ultima sfida riguarda una serie di
questioni che necessitano di una regolamentazione per le tecnologie in
rapida evoluzione da parte di governi che non hanno necessariamente la
competenza o le risorse per farlo in modo efficace. Un esempio
significativo è l'offerta di cibo, un settore dove la tecnologia ha
continuato a produrre alimenti sempre più lavorati e geneticamente
raffinati che gli scienziati cominciano solo ora a valutare. Il problema
dell'obesità infantile è diventato endemico in molti Paesi con un
aumento allarmante del diabete di tipo 2 e di malattie coronariche che
implicano un impatto negativo sull'aspettativa di vita.
Molti
eminenti ricercatori che si occupano di salute, tra i quali Kelly
Brownell, David Ludwig e Walter Willett, hanno documentato questi
problemi. Gli interventi fatti dai governi finora, soprattutto per
promuovere una migliore educazione alimentare, si sono rivelati perlopiù
inefficaci. I dannosi additivi ai cibi industriali che gli economisti
definirebbero un'"internalità", possono abbassare la qualità della vita
degli interessati e portare a esternalità sociali come costi sanitari
più elevati. Di nuovo, i mercati politici sono sembrati paralizzati.
Tutti
questi problemi hanno una soluzione, almeno nel breve e medio termine.
Una carbon tax globale mitigherebbe i rischi climatici alleviando il
fardello del debito dei governi. Per combattere la disuguaglianza serve
una maggiore ridistribuzione attraverso i sistemi fiscali nazionali,
oltre a programmi di formazione per adulti, con ricorso alle nuove
tecnologie. Gli effetti negativi della decrescita demografica possono
essere mitigati allentando le restrizioni sull'immigrazione
internazionale e incoraggiando sempre più donne o pensionati a entrare o
restare nella forza lavoro. Ma quanto ci vorrà perché i governi entrino
in azione resta una bella domanda.
Le economie capitaliste sono
state efficienti nel permettere l'aumento del consumo di beni privati,
almeno sul lungo periodo. Se si tratta di beni pubblici, come
l'istruzione, l'ambiente, la sanità e le pari opportunità, i risultati
non sono così strabilianti e gli ostacoli politici al miglioramento sono
sembrati aumentare via via che le economie capitaliste maturavano.
Le
generazioni future continueranno a godere di una migliore qualità della
vita rispetto ai predecessori? Nei Paesi in via di sviluppo che non
hanno ancora raggiunto la frontiera tecnologica, la risposta è quasi
certamente affermativa. Nelle economie avanzate le sfide stanno
diventando sempre più complesse.
(Traduzione di Francesca Novajra)
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