domenica 6 aprile 2014
Una nuova edizione dei Diari di Andrej Tarkovskij
Andrej Tarkovskij: Diari. Martirologio 1970-1986, a cura di Andrej A. Tarkovskij, trad. di Norman Mozzato, Edizioni dell’Istituto Internazionale A. Tarkovskij, p. 688, euro 45,00
Risvolto
Attraverso
il "Martirologio" dei diari, Andrej Tarkovskij delinea il tema nascosto
che genera e struttura drammaturgicamente tutta la sua opera
cinematografica: la vocazione dell'uomo nel dramma della storia,
l'itinerario di ogni esistenza che risponde al grido divino dell'anima e
si mette in cammino verso il luogo del proprio esito attraverso ogni
bruttura, attraverso ogni orrore, nella scena gloriosa e compassionevole
della natura.
«Il genio di Mio padre Andrej sballottato tra le ideologie»
Il figlio del grande regista sovietico riedita in Italia i «Diari» personali del padre Vi emerge odio per consumismi e comunismi. E amore per il nostro cinema
5 apr 2014 Libero VITO PUNZI FIRENZE
Un «inattuale», un uomo intento a «scolpire il tempo», lontano dalle concessioni al realismo socialista distampo sovietico, ma anche al modello occidentale della mercificazione dell’arte. L’arte del russo Andrej Tarkovskij (tra i suoi film L’infanzia di Ivan, Andrej Rublev, Solaris, Stalker, Nostalghia, fino all’ultimo, Sacrificio) è stata inesausta ricerca che sapeva di dover attingere anzitutto alla memoria: «Mi è indispensabile sentire la mia condizione di erede» (era figlio del poeta Arsenij), ha scritto, «e la non casualità del mio essere in questo mondo». Ecco spiegato il perché gli sia risultata sempre cara «l’appartenenza a una tradizione, a una cultura, a una cerchia di persone o di idee». Di quella sua appartenenza sono testimonianza i taccuini autografi scritti tra il 1970 e il 1986, anno della sua morte. Andrej Tarkovskij avrebbe compiuto ieri 82 anni. Il figlio, Andrej jr, a lui e a chi ne ha apprezzato i film non poteva fare regalo migliore: la nuova edizione dei Diari. Martirologio ( a cura di Andrej A. Tarkovskij, trad. di Norman Mozzato, Edizioni dell’Istituto Internazionale A. Tarkovskij, p. 688, euro 45,00), da oggi in libreria.
A proposito di Urss, il regime che da un certo punto in poi ha impedito a Tarkovskij di fare cinema in patria, e a proposito della Russia attuale, Andrej junior, non ha dubbi: «Si troverebbe male, così come è doloroso per me, oggi, andarci. Del resto certi risvolti, relativi in particolare a quello che sarebbe diventato il cinema, cioè commercio lui li aveva previsti con anticipo. Così come non poteva tollerare l’ideologia materialista e comunista che escludeva il senso del sacro dalla vita degli uomini, non potevaso pportare la mercificazione di tutto, così come avveniva nel sistema occidentale allora e come avviene purtroppo in Russia oggi». È giusto ricordare che questi diari sono stati pubblicati una prima volta nel 2002 da Edizioni della Meridiana, con il sostegno fondamentale di Andrea Ulivi e della Soprintendenza Archivistica della Toscana. Sedici anni racchiusi in pagine di grande intensità emotiva e concretezza di vita. «Anzitutto abbiamo ricontrollato l’autografo russo», mi dice Andrej junior, «poi abbiamo aggiunto alcuni elenchi, relativi anche alla difficile gestione dell’economia familiare, e abbiamo riprodotto e tradotto articoli sul cinema e altri temi che lo aveva particolarmente interessato». Ma le novità più succose sono altre. «Vero, abbiamo arricchito l’apparato fotografico, soprattutto abbiamo inserito alcune poesie inedite, note al testo e pubblicato tutti i disegni presenti nei taccuini». Lei si è trovato a vivere un’infanzia da segregato in Unione Sovietica, lontano da Suo padre. Ci sono passi di questi diari che la riguardano che la colpiscono particolarmente? «Sì, tra gli appunti del 1979, quando mio padregirava l'Italia insieme aTonino Guerra. Un giorno incrociano un autostoppista dall’aria triste, biondo. In quel momento ha pensato a me e ha scritto: «anche lui crescerà, diventerà adulto e soffrirà di solitudine». Ecco, sono convinto che con questo volesse dire che avrei sofferto della stessa solitudine di cui soffriva lui». Da leggersi come un testo a metà tra il diario personale e la storia universale, il volume è di facile consultazione grazie ad un minuzioso indice per nomi, località e cose notevoli. Incontrati, o semplicemente citati, ci sono tutti coloro che fecero il cinema di quegli anni: Fellini, Bergmann, Kurosawa, Angellopoulos, Antonioni, Zanussi. E i giudizi del russo, sempre schietti, non guardano in faccia nessuno. Così scrive del riminese il 3 maggio 1974: «Ho visto il suo Amarcord. È interessante, ma è un film per il pubblico. Fa il civettuolo e taglia corto: ha fretta di piacere. Ma lui è una persona meravigliosa e profonda». Dello svedese invece, il 15 settembre 1984: «Oggi per la prima volta ho visto Bergmann in carne e ossa. Nel corso di un incontro con i giovani del Film Instituet […] un uomo sicuro di sé, piuttosto freddo, superficiale, che si rivolgeva ai suoi alunni trattandoli come bambini». Un filo rosso di questi Diari è rappresentato dal rapporto con l’Italia, dove Tarkovskij ha trovato amici, collaboratori, quasi ovunque aiuto concreto, anche in Rai: «Che strano, non mi pare quasi vero che la collaborazione con la Rai possa andare in porto», scrive nel maggio 1981, «ma comunque amo l’Italia. Mi ci sento bene. In Inghilterra e anche in Svezianonsono mai stato così a mio agio».
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