lunedì 26 maggio 2014
La Busiarda ha una nuova editorialista
«Con lui la cultura è serva della politica»
Il 15 maggio Vladimir Medinsky, ministro della Cultura russo, ha ricevuto il titolo di professore onorario dell’università Ca’ Foscari Dopo la cerimonia Medinsky ha dichiarato che la procedura è stata una «sfida alle sanzioni»
La Stampa 25.4.14 di Nadia Tolokonnikova esponente del gruppo punk Pussy Riot La Stampa 25.4.14
Non credo che l’università italiana si renda pienamente conto di cosa
rappresenti Medinsky. Nulla di strano, è difficile conoscere
perfettamente la situazione politica in tutti i Paesi del mondo.
Innanzitutto, Medinsky è noto per la sua idea che «la Russia non è
l’Europa». Come ministro è responsabile per lo spostamento della
politica culturale russa verso il fondamentalismo nazionalista e
clericale. Recentemente sono state pubblicate le «Basi della politica
culturale statale», prodotte dal ministero della Cultura su ordine di
Putin.
Questo documento è la giustificazione ideologica della politica di
isolazionismo e del ritorno ai discorsi della Guerra fredda. La cultura
viene interpretata in chiave conservatrice, la cultura è tradizione. Le
sue funzioni di critica e riflessione non vengono riconosciute. Medinsky
cita e parafrasa Mao Zedong: «Che fioriscano cento fiori, ma noi
innaffieremo solo quelli che ci sono utili». Difende posizioni
ultraconservatrici e antioccidentali. È asservito all’idea putiniana di
promuovere l’immagine della Russia come impero senza colpe, che possiede
a priori un prestigio morale e una superiorità spirituale rispetto a
tutti gli altri Paesi.
Secondo: non è imbarazzante per l’Italia concedere un titolo a un uomo
che in un’intervista accusa gli italiani di aver portato in Russia la
vodka e le malattie veneree? A cosa serve a Medinsky il titolo di un
Paese che ritiene amorale?
Terzo, si comporta come un omofobo. È di dominio pubblico il suo
tentativo di «salvare l’onore» di Chaikovsky dichiarando che «non c’è
alcuna prova che fosse omosessuale». Riguardo alla vittoria di Conchita
Wurst all’Eurovisione (che io ritengo un successo importantissimo della
performance di genere) ha detto: «Non so come spiegarlo ai bambini che
hanno guardato il concorso. Cosa gli devo dire?».
Quarto, Medinsky è il responsabile del licenziamento del critico di
architettura Grigory Revzin, uno dei primi intellettuali russi ad aver
protestato contro la politica di Putin in Ucraina, da commissario del
padiglione russo alla Biennale di Architettura.
Quinto, è autore di una serie di libri di propaganda sulla storia russa,
nei quali sviluppa l’idea di Stalin come «manager efficiente», che
vengono pubblicizzati e diffusi grazie a pressioni amministrative.
Sesto, la tesi di dottorato di Medinsky suscita troppi sospetti di
plagio per essere considerata valida. Lo stesso Medinsky non nasconde
che un approccio scientifico non fa per lui: «Dovunque si trovano
divergenze storiche, e io prendo sempre il punto di vista che funziona
meglio per il libro».
Ricapitoliamo. Medinsky è responsabile per aver trasformato la cultura
russa in serva della politica, caratteristica propria dei regimi
politici di stampo fascista. Vorrei esprimere la mia profonda
riconoscenza agli attivisti e ai docenti italiani che si sono espressi
contro il titolo di professore onorario per il ministro. Grazie per la
vostra solidarietà e la capacità di accettare i problemi russi come se
fossero vostri.
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