domenica 15 giugno 2014

Gramsci, la fantalinguistica e l'ossesione di Lo Piparo


Pare che Gramsci in Carcere, tra un'eresia e l'altra, avesse scoperto anche il metodo della fissione nucleare e l'abbia rivelato a Fermi, ma sempre in funzione antistaliniana e forse anche per bombardare l'Urss.
Massarenti ci si butta a pesce: piatto ricco, mi ci ficco [SGA].

Franco Lo Piparo: Il Professor Gramsci e Wittgenstein. Il linguaggio e il potere, Donzelli

Risvolto
«Gramsci e Wittgenstein: due giganti della filosofia del Novecento. Il libro racconta il loro dialogare tramite Piero Sraffa. Il professor Gramsci, in carcere e nelle cliniche, riprende für ewig il progetto, interrotto negli otto intensi anni di militanza politica, di una ricerca scientifica centrata su due poli complementari: il potere e il linguaggio. Wittgenstein, negli stessi anni, è impegnato a studiare il linguaggio al di fuori della logica. Viene alla luce un imprevisto canale di interazione intellettuale tra le carceri e le cliniche italiane da una parte e la grande Università di Cambridge dall’altra. Un nuovo capitolo della storia culturale europea».
Gramsci e Wittgenstein. È difficile immaginare due biografie più diverse, eppure tra queste due figure così importanti del Novecento esistono molte affinità: il nuovo saggio di Franco Lo Piparo racconta e documenta la sorprendente storia dello scambio culturale avvenuto tra i due tramite l’economista Piero Sraffa. Dal dicembre del 1933 fino alla morte (27 aprile 1937), Gramsci vive in cliniche private. Il 25 ottobre 1934 gli viene concessa la libertà condizionale. Durante gli anni delle cliniche, Gramsci ha frequenti e lunghi colloqui con l’amico Sraffa, che in quelle occasioni ha modo, tra l’altro, di accedere ai Quaderni. Negli stessi anni, Wittgenstein è impegnato a rivedere l’impianto del Tractatus logico-philosophicus e a costruire un approccio filosofico-linguistico più attento agli usi «civili» del linguaggio. Stando alla sua stessa testimonianza, Wittgenstein deve a Sraffa la novità di questo approccio. In quegli anni, infatti,Wittgenstein e Sraffa s’incontrano quasi settimanalmente, a Cambridge, per discutere del linguaggio e dei suoi usi. Wittgenstein racconterà che dopo le chiacchierate con Sraffa si sentiva «come un albero cui erano stati potati tutti i rami». La prima versione manoscritta delle Ricerche filosofiche è del 1936. L’anno prima, Gramsci aveva steso dieci pagine di appunti sulla nozione di grammatica (il Quaderno 29 dell’edizione Gerratana). Il libro, partendo dalle stupefacenti corrispondenze tra i problemi del Quaderno gramsciano e quelli dell’ultimo Wittgenstein, ricostruisce i debiti teorici del più grande filosofo del linguaggio del Novecento nei confronti del professor Gramsci, chiamato sull’«Avanti!» del 1918 «emerito studioso di glottologia» e «giovane compagno, filosofo e glottologo». Nozioni gramsciane come egemonia e praxis vengono ripensate insieme alla nozione wittgensteiniana di gioco linguistico. Il rapporto costitutivo di linguaggio e potere ne è il pilastro portante. Una nuova affascinante inchiesta di Franco Lo Piparo, che usando la filologia come l’arma di un detective, porta alla luce un’inedita parentela scientifica.



Da Gramsci a Wittgenstein (via Sraffa)
di Armando Massarenti il Sole24ore domenica 15.6.14



«Se dovessi ora uscire di carcere, non saprei più orientarmi nel mondo, non saprei più inserirmiin nessuna corrente sentimentale». Queste amare parole sono di Gramsci, che in carcere sembra avere perso ogni orientamento sia politico – si sono acuiti i contrasti ideologici con l'amico Togliatti – sia sentimentale – sempre più rade si fanno le lettere della moglie Giulia. In questo frangente drammatico, Nino scrive un illuminante commento al X canto dell'Inferno, erroneamente considerato «il canto di Farinata»: egli fa infatti notare come sia quella di Cavalcante Cavalcanti la figura più significativa dell'episodio ambientato nel cerchio eretici, per la sua amorosa preoccupazione per il figlio Guido di cui ignora la sorte, e non Farinata, che resta una figura convenzionale di politico militante, irrigidita da un ideologismo esibito nel suo “comizio” recitato dalla tomba. Franco Lo Piparo, in un capitolo del suo appassionato saggio dedicato al Professor Gramsci e Wittgenstein (Donzelli), fa notare come Nino si sentisse anche lui un eretico relegato in un «cieco carcere». La sua visione della politica si è fatta vieppiù distante da quella teorica e astratta che caratterizza l'establishment stalinista.
Negli anni di prigione, torna con soddisfazione a sentirsi un Professore di linguistica e le sue riflessioni sul linguaggio inteso come evento della vita pratica non può non ripercuotersi sulla sua visione della società e della politica. Il fatto straordinario di questa dolorosa vicenda è che Gramsci, dal carcere e dalle cliniche Cusumano e Quisisana, riesce a sua insaputa a influire sul pensiero di una delle menti filosofiche più geniali dell'Europa del tempo. Si deve infatti proprio a Gramsci la celebre “svolta” in senso antropologico della visione del linguaggio di Wittgenstein, l'abbandono delle tesi esposte nel Tractatus e l'approdo alle Ricerche filosofiche. L'amico di Gramsci Piero Sraffa, collega all'Università di Cambridge di Wittgenstein, è da identificarsi come il tramite del trasferimento delle idee dell'inconsapevole Nino a Ludwig. 
Amartya Sen già nel 2009 sostenne che Gramsci avrebbe esercitato il suo influsso sul pensiero di Sraffa (e quindi di Wittgenstein) al tempo in cui l'economista napoletano collaborava a Torino con «L'Ordine Nuovo» di cui Gramsci era direttore. 
Lo Piparo oggi dimostra in maniera puntuale una tesi diversa: furono le idee che Nino maturò in carcere quelle davvero significative per la svolta wittgensteiniana. Le Ricerche, infatti, sono state composte nell'anno accademico 193536, e il Quaderno gramsciano dedicato al tema della praxis linguistica (Q 11) è del 1935: è il periodo in cui Sraffa andava a trovare l'amico in clinica; leggeva i suoi Quaderni tramite la cognata di Nino, Tania; e, nel contempo, frequentava settimanalmente Wittgenstein per discutere le tesi linguistiche di quest'ultimo, al punto da farlo “convertire” a una visione pragmatistica della lingua. Ludwig affermerà di sentirsi, grazie a Sraffa, come un albero completamente potato dei suoi vecchi rami e pronto a rifiorire in modo nuovo. È nella critica alla linguistica di Benedetto Croce (Q 29)  il quale sostiene che una proposizione ha senso solo se è corretta dal punto di vista logico-grammaticale e semantico , che Gramsci afferma per la prima volta che «il senso di una proposizione non dipende da una qualità interna della proposizione stessa e il suo status grammaticale non può essere valutato indipendentemente dal contesto». Pertanto, una proposizione come «questa tavola rotonda è quadrata» può avere comunque senso in un determinato contesto, per esempio nel discorso di un personaggio di un romanzo fantastico. Il concetto gramsciano di praxis linguistica, presente nei Quaderni, compare variamente negli scritti di Wittgenstein a partire dal 1936, sebbene la cosa non sia stata notata per via della traduzione inglese di Anscombe che rende il tedesco originale Praxis con practise. Evidentemente, le idee linguistiche di Nino furono così potenti da riuscire a evadere le alte mura del suo cieco carcere.

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