Pare che Gramsci in Carcere, tra un'eresia e l'altra, avesse scoperto anche il metodo della fissione nucleare e l'abbia rivelato a Fermi, ma sempre in funzione antistaliniana e forse anche per bombardare l'Urss.
Massarenti ci si butta a pesce: piatto ricco, mi ci ficco [SGA].
Franco Lo Piparo: Il Professor Gramsci e Wittgenstein. Il linguaggio e il potere, Donzelli
Risvolto
«Gramsci e Wittgenstein: due giganti della filosofia del Novecento. Il
libro racconta il loro dialogare tramite Piero Sraffa. Il professor
Gramsci, in carcere e nelle cliniche, riprende für ewig il progetto,
interrotto negli otto intensi anni di militanza politica, di una ricerca
scientifica centrata su due poli complementari: il potere e il
linguaggio. Wittgenstein, negli stessi anni, è impegnato a studiare il
linguaggio al di fuori della logica. Viene alla luce un imprevisto
canale di interazione intellettuale tra le carceri e le cliniche
italiane da una parte e la grande Università di Cambridge dall’altra. Un
nuovo capitolo della storia culturale europea».
Gramsci e Wittgenstein. È difficile immaginare due biografie più
diverse, eppure tra queste due figure così importanti del Novecento
esistono molte affinità: il nuovo saggio di Franco Lo Piparo racconta e
documenta la sorprendente storia dello scambio culturale avvenuto tra i
due tramite l’economista Piero Sraffa. Dal dicembre del 1933 fino alla
morte (27 aprile 1937), Gramsci vive in cliniche private. Il 25 ottobre
1934 gli viene concessa la libertà condizionale. Durante gli anni delle
cliniche, Gramsci ha frequenti e lunghi colloqui con l’amico Sraffa, che
in quelle occasioni ha modo, tra l’altro, di accedere ai Quaderni.
Negli stessi anni, Wittgenstein è impegnato a rivedere l’impianto del
Tractatus logico-philosophicus e a costruire un approccio
filosofico-linguistico più attento agli usi «civili» del linguaggio.
Stando alla sua stessa testimonianza, Wittgenstein deve a Sraffa la
novità di questo approccio. In quegli anni, infatti,Wittgenstein e
Sraffa s’incontrano quasi settimanalmente, a Cambridge, per discutere
del linguaggio e dei suoi usi. Wittgenstein racconterà che dopo le
chiacchierate con Sraffa si sentiva «come un albero cui erano stati
potati tutti i rami». La prima versione manoscritta delle Ricerche
filosofiche è del 1936. L’anno prima, Gramsci aveva steso dieci pagine
di appunti sulla nozione di grammatica (il Quaderno 29 dell’edizione
Gerratana). Il libro, partendo dalle stupefacenti corrispondenze tra i
problemi del Quaderno gramsciano e quelli dell’ultimo Wittgenstein,
ricostruisce i debiti teorici del più grande filosofo del linguaggio del
Novecento nei confronti del professor Gramsci, chiamato sull’«Avanti!»
del 1918 «emerito studioso di glottologia» e «giovane compagno, filosofo
e glottologo». Nozioni gramsciane come egemonia e praxis vengono
ripensate insieme alla nozione wittgensteiniana di gioco linguistico. Il
rapporto costitutivo di linguaggio e potere ne è il pilastro portante.
Una nuova affascinante inchiesta di Franco Lo Piparo, che usando la
filologia come l’arma di un detective, porta alla luce un’inedita
parentela scientifica.
Da Gramsci a Wittgenstein (via Sraffa)
di Armando Massarenti il Sole24ore domenica 15.6.14
«Se dovessi ora uscire di carcere, non saprei più orientarmi nel mondo,
non saprei più inserirmiin nessuna corrente sentimentale». Queste amare
parole sono di Gramsci, che in carcere sembra avere perso ogni
orientamento sia politico – si sono acuiti i contrasti ideologici con
l'amico Togliatti – sia sentimentale – sempre più rade si fanno le
lettere della moglie Giulia. In questo frangente drammatico, Nino scrive
un illuminante commento al X canto dell'Inferno, erroneamente
considerato «il canto di Farinata»: egli fa infatti notare come sia
quella di Cavalcante Cavalcanti la figura più significativa
dell'episodio ambientato nel cerchio eretici, per la sua amorosa
preoccupazione per il figlio Guido di cui ignora la sorte, e non
Farinata, che resta una figura convenzionale di politico militante,
irrigidita da un ideologismo esibito nel suo “comizio” recitato dalla
tomba. Franco Lo Piparo, in un capitolo del suo appassionato saggio
dedicato al Professor Gramsci e Wittgenstein (Donzelli), fa notare come
Nino si sentisse anche lui un eretico relegato in un «cieco carcere». La
sua visione della politica si è fatta vieppiù distante da quella
teorica e astratta che caratterizza l'establishment stalinista.
Negli
anni di prigione, torna con soddisfazione a sentirsi un Professore di
linguistica e le sue riflessioni sul linguaggio inteso come evento della
vita pratica non può non ripercuotersi sulla sua visione della società e
della politica. Il fatto straordinario di questa dolorosa vicenda è che
Gramsci, dal carcere e dalle cliniche Cusumano e Quisisana, riesce a
sua insaputa a influire sul pensiero di una delle menti filosofiche più
geniali dell'Europa del tempo. Si deve infatti proprio a Gramsci la
celebre “svolta” in senso antropologico della visione del linguaggio di
Wittgenstein, l'abbandono delle tesi esposte nel Tractatus e l'approdo
alle Ricerche filosofiche. L'amico di Gramsci Piero Sraffa, collega
all'Università di Cambridge di Wittgenstein, è da identificarsi come il
tramite del trasferimento delle idee dell'inconsapevole Nino a
Ludwig.
Amartya Sen già nel 2009 sostenne che Gramsci avrebbe
esercitato il suo influsso sul pensiero di Sraffa (e quindi di
Wittgenstein) al tempo in cui l'economista napoletano collaborava a
Torino con «L'Ordine Nuovo» di cui Gramsci era direttore.
Lo Piparo
oggi dimostra in maniera puntuale una tesi diversa: furono le idee che
Nino maturò in carcere quelle davvero significative per la svolta
wittgensteiniana. Le Ricerche, infatti, sono state composte nell'anno
accademico 193536, e il Quaderno gramsciano dedicato al tema della
praxis linguistica (Q 11) è del 1935: è il periodo in cui Sraffa andava a
trovare l'amico in clinica; leggeva i suoi Quaderni tramite la cognata
di Nino, Tania; e, nel contempo, frequentava settimanalmente
Wittgenstein per discutere le tesi linguistiche di quest'ultimo, al
punto da farlo “convertire” a una visione pragmatistica della lingua.
Ludwig affermerà di sentirsi, grazie a Sraffa, come un albero
completamente potato dei suoi vecchi rami e pronto a rifiorire in modo
nuovo. È nella critica alla linguistica di Benedetto Croce (Q 29) il
quale sostiene che una proposizione ha senso solo se è corretta dal
punto di vista logico-grammaticale e semantico , che Gramsci afferma per
la prima volta che «il senso di una proposizione non dipende da una
qualità interna della proposizione stessa e il suo status grammaticale
non può essere valutato indipendentemente dal contesto». Pertanto, una
proposizione come «questa tavola rotonda è quadrata» può avere comunque
senso in un determinato contesto, per esempio nel discorso di un
personaggio di un romanzo fantastico. Il concetto gramsciano di praxis
linguistica, presente nei Quaderni, compare variamente negli scritti di
Wittgenstein a partire dal 1936, sebbene la cosa non sia stata notata
per via della traduzione inglese di Anscombe che rende il tedesco
originale Praxis con practise. Evidentemente, le idee linguistiche di
Nino furono così potenti da riuscire a evadere le alte mura del suo
cieco carcere.
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