domenica 15 giugno 2014

Un calcio nei coglioni

Ho pubblicato dapprima questo post su facebook. Cominciava a ricevere troppi apprezzamenti e perciò ho dovuto precisare che pur trovando letteralmente pornografica, da siciliano, la finta lingua sicula dei romanzi di Camilleri (perfetti invece per l'adattamento televisivo) e pur ritenendo stucchevole il suo ruolo pubblico nel pantheon midcult contemporaneo, questo episodio è gustoso e merita di essere citato. L'intervento ha per fortuna sortito l'effetto sperato [SGA].


"... Le racconto una storia. Nel 1942 vinsi i ludi juveniles e andai a Firenze, dove si teneva il convegno internazionale della gioventù fascista a cui partecipavano ragazzi di tutte le nazioni conquistate dai tedeschi. Il tema di quell’anno era ‘L’Europa di domani’. Parlò Baldur von Schirach, il capo della Hitler-jugend, delineando nel discorso la sua Europa futura. Noi avevamo la traduzione simultanea, via via che ascoltavo mi sentivo raggelare. Era come se disegnasse una caserma, con un solo libro, il Mein Kampf, e una lotta spietata a tutta quella che era la cultura diversa. Già allora io avevo le mie piccole patrie letterarie, Gogol in Russia, Gide in Francia... mi sentivo morire. Pensai: se si realizza quest’Europa mi sparo. Tornato a casa continuai a riflettere, e cominciai a non essere più fascista. Non potevo parlarne con nessuno, allora era pericoloso fidarsi. Dopo sei mesi avevo capito cos’era il fascismo, mi aiutarono tantissimo le buone letture. 
È allora che è diventato comunista? 
A Firenze ebbi un incidente con il ministro della cultura popolare, Alessandro Pavolini. Il convegno era al Teatro comunale, pienissimo. Avevo stretto amicizia con una ragazza ungherese: pensi che ci parlavamo in latino, visto che nessuno conosceva la lingua dell’altro. Comunque sul palco c’era un’enorme bandiera nazista: io ero seduto in platea, avevo accanto a me Gaspare Giudice e Luigi Giglia. Mi alzai in piedi e chiesi di mettere la nostra bandiera: ‘Qui siamo in Italia’. Non sapevo 
– l’avrei scoperto dopo – di aver suscitato un applauso muto da parte di tutti i ragazzi non tedeschi. Si chiuse il sipario e alla riapertura c’erano entrambi i vessilli; quello tedesco e quello italiano. Pavolini, mentre usciva, mi fece cenno di seguirlo nella hall. Senza dire una parola, si girò di scatto e mi diede un violentissimo calcio nel bassoventre con quei suoi stivali schifosi da fascista. Caddi a terra, senza riuscire più a muovermi. Lì nella hall c’era un giovane che aveva assistito alla scena: mi portarono subito all’ospedale, non camminavo dal dolore. Ma Luigi Giglia avvisò il prefetto di Firenze, che sapeva essere amico di mio padre. Due ore dopo il prefetto mi venne a prendere di persona e mi portò in una clinica, temendo che i fascisti tornassero a colpire. Sono diventato comunista con un calcio nei coglioni...".

Andrea Camilleri “Sono diventato comunista con un calcio nei coglioni”
intervista di Silvia Truzzi il Fatto 15.6.14

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