domenica 15 giugno 2014

Raccolti i testi "antigiudaici" di Simone Weil

Simone Weil: Il fardello dell'identità. Le radici ebraiche, a cura di Roberto Peverelli. Traduzione di Diego Varini con saggi di Paul Giniewski e Georges Bataille. Edizioni Medusa, Milano, pagg. 160, € 16,00


Risvolto
Per la prima volta vengono raccolti tutti i testi – alcuni anche inediti in lingua italiana – della grande filosofa di origini ebraiche che per tutta la vita lottò con le proprie radici. Dalla critica di Marx alla svolta catara, emerge da queste pagine una questione che gli studi sulla Weil hanno sempre cercato di mettere in ombra giudicandola imbarazzante. Un testimone disse di aver udito dalla sua bocca questa confessione: “Personalmente, sono antisemita”. Ma la posizione “antigiudaica” della Weil non ha niente a che fare col nazismo, è una critica alla volontà di potenza dell’ebraismo in base a precise valutazioni sul piano biblico e religioso. Che preludono alla svolta neoellenica della pensatrice francese morta di tubercolosi a Londra nel 1943.

Cristianesimo misterioso
Gli scritti della filosofa ebrea che ha indagato sulle identità religiose e gli incroci tra Cristo e le altre fedi durante l'Impero romano

di Simone Weil
 il Sole24ore domenica 15.6.14

Il sig. Herrmann, uno dei più autorevoli latinisti francesi (maggiore assai di Carcopino), ha stabilito recentemente, attraverso un significativo raffronto di testi, la piena verosimiglianza di un influsso cristiano nella Roma degli anni dopo la morte di Cristo, non soltanto nelle fila dei giudei, ma tra le famiglie nobili romane, e in particolare negli ambienti stoici. Secondo lui vi fu una propaganda cristiana fra i giudei di Roma nell'anno stesso della morte di Cristo, e tutte le persecuzioni contro gli ebrei sotto Tiberio, Caligola e Claudio ebbero la loro radice nel cristianesimo. Del resto vi sarebbe stato in Roma, a partire da Tiberio e Caligola, nel ceto nobiliare romano, tutto un ambiente di cristiani o di simpatizzanti. Seneca sarebbe stato un mezzo cristiano, se non perfino un battezzato in segreto. Pisone, figlio adottivo dell'imperatore Galba, destinato a succedergli se non l'avessero ammazzato, sarebbe di famiglia cristiana e cristiano senza dubbio anche lui. Trascorso poco tempo dalla Passione di Cristo, Erode venne relegato a Lione con un folto corteggio, in mezzo al quale è pressoché certo vi fossero dei cristiani. Il fratello di latte di Erode era cristiano. Si comprende in tal modo come abbia potuto nascere la leggenda del Graal, inconcepibile se non nei termini di una mescolanza di druidismo e di cristianesimo. Il fatto che vi sia stata mescolanza è la prova che druidismo e cristianesimo si riconobbero come religioni sorelle. Nemmeno stupisce che un reciproco riconoscimento sia avvenuto fra cristianesimo e stoicismo. San Giovanni è tutto impregnato di stoicismo e di pitagorismo, senza dubbio ancor più di quanto non riusciamo noi oggi ad accorgercene. I nomi assegnati a due delle tre persone della Trinità derivano dagli stoici. 
Il fatto che sovrani di una grandezza pari a quella degli antonini e specialmente di Marco Aurelio abbiano più tardi perseguitato i cristiani, si spiega solo con la supposizione che la vita catacombale, illegale, e in particolar modo l'attesa imminente della fine del mondo avessero dovuto inoculare fra quei ranghi una quantità di soggetti criminali e rendere il loro influsso autenticamente pericoloso. Ma la cosa più singolare è il segreto serbato a riguardo delle affinità del cristianesimo con le religioni e i filoni sapienziali dell'antichità non ebraica. Il nazionalismo impediva nei giudei di Palestina fattisi cristiani il riconoscimento di questa affinità. Una pregiudiziale di questo tipo non esisteva affatto in san Giovanni. Ma i testi lasciano ben trasparire che in san Paolo, benché apostolo delle genti, vi era un certo fanatismo nazionale. Per parte sua l'Impero romano, allorquando fece della religione cristiana la religione ufficiale, dovette fingere di averla grosso modo inventata. La Palestina martirizzata non dava più noia, e del resto l'insieme dei cristiani disconosceva l'antica legge nel momento stesso in cui professava di richiamarvisi. Ma in che modo l'Impero romano avrebbe mai accettato l'aperto riconoscimento di una continuità esistente fra il cristianesimo e il pitagorismo, la religione di Eleusi, il druidismo, il culto di Osiride, le religioni di tutti i territori conquistati da Roma? Non andava bene che il cristianesimo fosse eterno. L'eternità non giova alla ragione di Stato. Un mistero avvolge i primi tempi del cristianesimo. Strane lacune compaiono nei testi degli storici. Analogamente un certo numero di testi greci si è smarrito, come il Prometeo liberato di Eschilo, e molti altri di cui sentiamo grande mancanza. L'oscurità, molto probabilmente, non si produsse a caso. Genera stupore anche il fatto che la verità non abbia cercato rifugio a Bisanzio. Tuttavia questa ingerenza governativa non è arrivata a penetrare nel dogma. Nessun pronunciamento della Chiesa afferma che non esistano religioni rivelate, o testi sapienziali, estranei alla tradizione giudaico-cristiana. L'elenco dei libri canonici espunge semplicemente gli apocrifi sottentrati nell'Antico e nel Nuovo Testamento. Nessun accenno al Timeo di Platone, alle Upanishad o al Libro dei morti egiziano. A questo riguardo, per quale motivo Giuseppe e Maria andarono fino in Egitto? Quale messaggio vi appresero? Qualunque ipotesi è lecita in merito. Quando il Cristo, in uno dei suoi discorsi più belli e più importanti, parla di coloro che fanno la verità, poiountes alêtheian, l'espressione – salvo errori – non è ebraica né greca (bisognerebbe chiedere a esperti veri dell'ebraico). Viceversa in egiziano Maât significa a un contempo verità e giustizia. «Signore della Verità, ti offro la verità. Ho sconfitto per te il male».
 




Simone Weil l’ultimo quadernetto
di Francesca Bolino Repubblica 15.6.14



«LA guerra sta finendo, ma non l’odio e la violenza che ha generato». Londra, maggio 1943. Simone Weil giace in un lettino d’ospedale. Non deve affaticarsi: niente letture, poche visite. Sotto il cuscino tiene un quadernetto e appena è sola scrive: «M’è venuta voglia di ripensare alla mia vita». Sono le sue ultime settimane. Quel taccuino esce ora in Italia dall’editore rue Ballu in un’edizione su carta di fibre di cotone riciclate a cura di Guia Risari e con le illustrazioni di Pia Valentinis.
Memoir e testamento che si chiude con un invito – così attuale - al suo paese, la Francia: «Deve smetterla con l’orgoglio». Il paese era occupato dai nazisti, Parigi si era consegnata senza combattere, a Vichy regnava il collaborazionista Pétain. «La mamma era fissata con la ginnastica, ogni mattina facevamo esercizi, mi sono abituata a sopportare i disagi: non ero molto forte, sono di materia leggera, di soffio, di brina, non so… ma non piangevo mai, mi sentivo invincibile». La politica, una delle prime passioni: «A furia di leggere storie di cavalieri e miti mi sono resa conto che ero allergica alle ingiustizie. La mia vita è diventata un cammino verso gli altri, la pace, la giustizia, Dio». Perché ha vinto il nazismo?
«Rassicurava, parlava una lingua che tutti potevano capire, puntava sul sentimento nazionale, sull’orgoglio e l’odio dei nemici». Un programma per il futuro? Sostituire l’astratta Dichiarazione dei diritti dell’uomo con quella «dei doveri verso la creatura umana». Rispettare «l’esistenza concreta di tutti».
Per Simone. Per tutti.

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