giovedì 25 settembre 2014

Ancora su fascismo e psicoanalisi

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Saluti da Vienna, o duce 
Saggi. «Freud e Mussolini. La psicoanalisi in Italia durante il regime fascista» di Roberto Zapperi, per Franco Angeli editore. Il libro ricostruisce il contesto in cui il medico austriaco rispose al dittatore con grande cortesia
Maddalena Carli, il Manifesto 25.9.2014
A osser­varla dal pre­sente, la cir­co­la­zione cul­tu­rale dell’entre-deux-guerres non smette di stu­pire. Incroci, intrecci, incon­tri ben più arti­co­lati di quanto lasce­rebbe sup­porre la divi­sione ideo­lo­gica dell’Europa o la net­tezza delle sue lotte poli­ti­che, e che richie­dono una paziente opera di rico­stru­zione per evi­tare le sem­pli­fi­ca­zioni delle let­ture pro­so­po­gra­fi­che e gli ana­cro­ni­smi di quelle a sfondo pole­mico e scan­da­li­stico.

Tra i nomi che non ci si aspet­te­rebbe di tro­vare col­le­gati, vi sono quelli di Sig­mund Freud e di Benito Mus­so­lini. A unirli, è una dedica che il padre della psi­coa­na­lisi appone – prima di inviarla al duce del fasci­smo – su una copia dell’ultimo libro pub­bli­cato: Warum Krieg? (Per­ché la guerra?), il car­teg­gio sulla guerra intrat­te­nuto con Albert Ein­stein su sol­le­ci­ta­zione del Comi­tato per­ma­nente delle let­tere e delle arti della Società delle Nazioni. «A Benito Mus­so­lini coi rispet­tosi saluti di un vec­chio che nel deten­tore del potere rico­no­sce l’eroe della civiltà. Vienna, 26 aprile 1933»: una frase impe­gna­tiva, che ha occu­pato i bio­grafi e gli ese­geti del medico vien­nese fin dagli anni cin­quanta e che viene perio­di­ca­mente ripro­po­sta dai suoi detrat­tori come pre­sunta testi­mo­nianza di sim­pa­tie filo­fa­sci­ste o di un più gene­rico oppor­tu­ni­smo (venato di qua­lun­qui­smo) che ne avrebbe carat­te­riz­zato il rap­porto con i potenti. L’omaggio di Freud, in realtà, non rap­pre­senta un gesto gra­tuito. È la rispo­sta a un dono del dram­ma­turgo ita­liano Gio­vac­chino For­zano, in visita a Vienna con la figlia e il suo psi­coa­na­li­sta Edoardo Weiss, che ha chie­sto al mae­stro una con­su­lenza su alcuni punti con­tro­versi della rela­zione tera­peu­tica con la pro­pria paziente: un esem­plare della tra­du­zione tede­sca della tra­ge­dia Campo di mag­gio, dedi­cato dai suoi autori (For­zano e Mus­so­lini) «a Sig­mund Freud, che ren­derà migliore il mondo, con ammi­ra­zione e rico­no­scenza, Vienna, 26 aprile 1933».
Resti­tuito al con­te­sto, il com­por­ta­mento di Freud risulta meno com­pro­met­tente che a una let­tura estem­po­ra­nea, come quella con­dotta con pro­po­siti dif­fa­ma­tori da Michel Onfray in Le cré­pu­scule d’un idole. L’affabulation freu­dienne (Paris, Gras­set, 2010). È quanto sostiene Roberto Zap­peri (Freud e Mus­so­lini. La psi­coa­na­lisi in Ita­lia durante il regime fasci­sta, Milano, Franco Angeli, pp. 140, euro 18), che dello scam­bio di libri avve­nuto nello stu­dio in Berg­gasse 19 ricom­pone pun­tual­mente la sto­ria, avan­zando pre­ziose rifles­sioni sulla cul­tura poli­tica dell’autore dell’Inter­pre­ta­zione dei sogni e, al tempo stesso, sull’attitudine del regime fasci­sta nei con­fronti della psi­coa­na­lisi. La dedica a Mus­so­lini rin­via, in primo luogo, ai limiti e alle incon­gruenze dell’orientamento liberal-conservatore del suo esten­sore, oscil­lante tra la pre­oc­cu­pa­zione di atte­nuare il signi­fi­cato paci­fi­sta del volu­metto scritto assieme a Ein­stein e l’intenzione di valo­riz­zare la pro­te­zione offerta dall’Italia al can­cel­liere Dol­ffuss, al cui orien­ta­mento anti­so­cia­li­sta Freud affida illu­so­ria­mente il com­pito di sal­va­guar­dare l’indipendenza del pro­prio paese natale dalle mire annes­sio­ni­sti­che di Adolf Hitler e dai colpi di mano dei nazi­sti austriaci.
Se messe in rela­zione con la pro­fonda dif­fi­denza con cui il fasci­smo guarda al movi­mento psi­coa­na­li­tico inter­na­zio­nale e ai suoi espo­nenti ita­liani, le parole rivolte al capo del fasci­smo suo­nano – in secondo luogo – come un ten­ta­tivo di non nuo­cere ai pro­pri disce­poli e ai pro­pri col­le­ghi oltre fron­tiera; ten­ta­tivo fal­li­men­tare, dal momento che non riu­scì a evi­tare né la con­danna delle teo­rie sul modo di essere incon­scio della mente né l’ampliamento e l’aggressività del fronte anti­freu­diano, sal­da­mente capi­ta­nato dal gesuita Pie­tro Tac­chi Ven­turi, né, ancora, l’emissione (all’inizio del 1930, da parte della Que­stura di Roma) di un vero e pro­prio man­dato di cat­tura con­tro Freud, «ele­mento sospetto da rin­trac­ciare e da fer­mare» in caso di per­ma­nenza o di pas­sag­gio sul suolo ita­liano.
Roberto Zap­peri ci parla, infine, di un terzo ordine di moti­va­zioni che influi­scono sulla postura dello psi­coa­na­li­sta vien­nese: la potenza e l’ascendente ad ampio rag­gio del mito di Mus­so­lini, che eser­cita il pro­prio potere di fasci­na­zione tra gli intel­let­tuali e gli arti­sti di tutta Europa e tra­sver­sal­mente agli schie­ra­menti o alle appar­te­nenze di par­tito. Il cari­sma del capo: con­tra­ria­mente a quanto ci si potrebbe aspet­tare da un pen­sa­tore abi­tuato al lin­guag­gio e alla tem­po­ra­lità del mito, nem­meno Freud ne è immune, pur non nutrendo alcuna sim­pa­tia per il pro­getto poli­tico e per le isti­tu­zioni fasci­ste o la ben­ché minima volontà di trat­tare, da ebreo, per la pro­pria sal­vezza o destino indi­vi­duale.
Per­so­na­lità lun­gi­mi­rante e rivo­lu­zio­na­ria, egli rimane un uomo pro­fon­da­mente anco­rato al pro­prio tempo; un uomo a cui è pos­si­bile impu­tare una visione con­ser­va­trice ed ecces­si­va­mente sem­pli­fi­cante della poli­tica ma non incli­na­zioni tra­sfor­mi­sti­che e col­lu­sioni con il tota­li­ta­ri­smo fasci­sta, che – in patria come all’estero – ne ha rap­pre­sen­tato un irri­du­ci­bile avver­sa­rio e un con­vinto persecutore.

Il rapporto tra Freud e il Duce
di Giorgio Dell'Arti Il Sole Domenica 16.11.14
Einstein Incontro tra Freud e Einstein, il 28 dicembre 1926, a Berlino, in casa del figlio Ernst. Il giorno dopo Freud scrisse alla figlia Anna: «Einstein era molto interessante, sereno, felice, abbiamo parlato per due ore, anche discusso, molto più sull'analisi che sulla teoria della relatività. Sta leggendo, naturalmente non ha convinzioni, ha l'aspetto più vecchio di quanto avessi pensato».
Savinio Savinio, avendo scritto su un settimanale che Leopardi era morto per un'insistente "cacarella", Mussolini fece chiudere il settimanale e vietò a Savinio di scrivere su qualunque altro giornale o rivista d'Italia.
Gestapo Il 15 marzo 1938 la Gestapo perquisì l'appartamento di Freud e la sede della sua casa editrice, la Psychoanalytisches Internationales Verlag, gestita dal figlio Martin. La figlia Anna fu costretta ad aprire la cassaforte e i nazisti rubarono tutto il denaro.
Espatrio «Posso raccomandare la Gestapo a chicchessia» (dichiarazione che Freud dovette rilasciare per poter ottenere il nulla osta necessario per l'espatrio).
Forzano Mussolini cercava gloria anche come scrittore e assoldò a questo scopo Giovacchino Forzano, incontrato all'Opera di Roma all'inizio del 1923 in occasione della prima de I compagnacci di Primo Riccitelli, di cui Forzano aveva scritto il libretto. Il 7 luglio 1929, Mussolini affidò a Forzano la stesura di un dramma sulla fine di Napoleone, da trattarsi, a onta della verità storica, facendo perno sul tradimento. Il dramma, intitolato Campo di maggio, andò poi in scena nel 1931 e Forzano ne scrisse a Ugo Ojetti, il quale registrò nel suo diario: «La sera della prima Mussolini mandò la famiglia in palco (era andato alla prova generale), provò ad andare a un altro teatro; ma non era finito il primo atto che nervoso egli si presentò all'Argentina, e rimase in fondo al palco ad ascoltare. "Sembrava un giovane autore, – dice Forzano – contava le chiamate, criticava gli attori". Il giorno dopo lo chiamò. Volle fare aggiungere due battute, quella, fra l'altro in cui Napoleone si duole di non aver avuto fiducia nell'Italia e nella sua unità, ché l'Italia gli sarebbe stata fedele. E il pubblico applaude sempre a quella tirata che è l'opposto della verità storica. Il pubblico, si vede, egli lo conosce bene».
Dedica Nella traduzione tedesca, che Forzano portò in dono a Freud, l'opera risultava scritta, oltre che da Forzano, anche da Mussolini. La dedica di Mussolini e Forzano a Freud: «A Sigmund Freud / che renderà migliore il mondo, / con ammirazione e / riconoscenza / Vienna 26 aprile 1933 XIo Benito Mussolini und G. Forzano».
Controdedica «A Benito Mussolini coi rispettosi saluti di un vecchio che nel detentore del potere riconosce l'eroe della civiltà» (dedica scritta da Freud sul frontespizio di un libro mandato in regalo a Mussolini nel 1933).
Offensivi Nelle due informative diffuse dal ministero dell'Interno il 22 e il 23 gennaio 1940, si leggeva che in Italia i libri di Freud e quelli di psicoanalisi in generale erano proibiti, perché l'autore era ebreo e perché «offensivi per la religione cristiana». Freud era già scappato in Francia da due anni.

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