martedì 23 settembre 2014
Ancora su "La guerra di posizione": Luciano Canfora
Togliatti lettera per letteraUn volume edito da Einaudi raccoglie una nutrita silloge di lettere scritte e ricevute dal leader comunista dal 1944 al 1964 Incompleto il carteggio con Ambrogio Donini
di Luciano Canfora Il Sole Domenica 21.9.14
Nel
gennaio 1991 un supplemento speciale de «l'Unità» commemorativo, post
mortem, della nascita del Pci nel gennaio 1921, comprendeva una
notevolissima lettera datata dicembre 1954, di Palmiro Togliatti ad
Ambrogio Donini (all'epoca direttore dell'Istituto Gramsci). L'edizione
era curata da Albertina Vittoria, benemerita studiosa della storia del
Partito comunista italiano e in particolare dei rapporti tra Togliatti e
gli intellettuali italiani del suo tempo. Pochi mesi più tardi
Albertina Vittoria ripubblicava l'importante documento nel volume
apparso presso gli Editori Riuniti intitolato Togliatti e gli
intellettuali. Entrambe le volte il testo veniva presentato come
inedito. La lettera di Togliatti prendeva spunto da un convegno
organizzato dall'Istituto Gramsci nelle settimane precedenti, curato da
Ambrogio Donini e aperto da una relazione introduttiva di Arturo
Colombi, considerato all'epoca particolarmente competente nel settore
agricoltura. Il tema del convegno era «La storiografia marxista in
Italia».
Le critiche che Togliatti formula nella sua lettera a
Donini sono molteplici, come il lettore può constatare, ma si affissano
su due punti soprattutto: la identificazione tra storiografia marxista e
storiografia sul movimento operaio; le critiche rivolte da Colombi e da
altri agli scritti (si intende carcerari) di Gramsci per il loro
carattere non perfettamente marxista. Il lettore può vedere agevolmente
la dovizia di argomenti con cui Togliatti si esprime e l'efficacia con
cui difende il diritto di Gramsci a essere un intellettuale che parla un
linguaggio che trascende il lessico scolasticamente di parte.
Nel
mese di maggio 2014 è apparso un interessante volume che raccoglie una
nutrita silloge di lettere di e a Togliatti per gli anni 1944-1964.
Titolo: La guerra di posizione in Italia (Einaudi). Curatori del volume:
Gianluca Fiocco e Maria Luisa Righi. Con scrupolo i due curatori
segnalano, nel presentare la lettera di Togliatti a Donini del dicembre
1954, che essa era stata in realtà pubblicata per la prima volta da
Ambrogio Donini su «Il Calendario del Popolo» nel fascicolo datato
dicembre 1989 e rivelano che in quella occasione Donini aveva pubblicato
anche la propria risposta a Togliatti, molto lunga e dettagliata, che
però non viene inserita in questo volume einaudiano quantunque in altri
casi venga fornita anche la replica dei vari interlocutori. Non
comprendiamo la ragione di questa esclusione, ma possiamo rimediarvi
pubblicando qui di seguito anche la replica di Donini. Non è un grande
testo; colpisce anzi il carattere formalistico, difensivo e sulla
questione Gramsci totalmente elusivo di tale risposta. Si può immaginare
che Donini non abbia osato confutare le osservazioni di Togliatti sul
diritto di Antonio Gramsci a non parlare come un funzionario di partito.
Il fatto che comunque non replichi su questo punto suggerisce che,
persuaso o meno che fosse, Donini "incassò". L'esperienza insegna
tuttavia che Gramsci continuò a non essere l'autore di riferimento
dell'establishment più tradizionalista del Pc (Sereni, Colombi, Donini
eccetera), i quali probabilmente condividevano intimamente quella
celebre e famigerata aspra critica di Ruggero Grieco contro Gramsci,
pubblicata su «Il lavoratore» del 1923 (e parzialmente ripubblicata da
Paolo Spriano nella sua Storia del Partito comunista italiano),
culminante nell'accusa: Gramsci ha letto Croce e Gentile, ma non ha
letto Marx!
Formalistica la difesa che Donini fa dell'impianto del
Convegno storiografico del dicembre 1954, allorché puntualizza che, alla
intitolazione Sulla storiografia marxista in Italia, seguiva ma poi fu,
per risparmiare spazio, eliminato un sottotitolo: e la storiografia sul
movimento operaio. Dopo di che Donini si affretta a ostentare presso
Togliatti le proprie ricerche intorno al cristianesimo antico per parare
la critica togliattiana mirante a ribadire che si può fare storiografia
marxista anche occupandosi della caduta dell'Impero romano.
In
realtà su questo terreno sarebbero necessari chiarimenti che
porterebbero a vanificare l'uso stesso, dogmaticamente praticato ma mai
scientificamente motivato e fondato, della categoria «storiografia
marxista». La tradizione di studi sul cristianesimo antico e sulla crisi
dell'Impero romano cui Donini faceva capo nelle sue ricerche,
specialistiche in gioventù e divulgative in età matura, non ha granché a
che fare con una ipotetica ortodossia marxista in tale campo, ma
piuttosto risente della maturazione in senso storico-critico degli studi
sul cristianesimo antico, nella scia della importante corrente di
pensiero definita "modernismo" cui aveva aderito con suo rischio il
maestro di Donini, Ernesto Buonaiuti. Analogamente le ricerche intorno
alla crisi dell'Impero romano che hanno posto al centro gli aspetti
economicosociali, religiosi, culturali, ma anche di altra natura, ebbero
inizio perlomeno all'epoca di Saint-Évremond e di Montesquieu, a tacere
di Rollin, Gibbon, Otto Seeck, Rostovtzeff, Bloch, Piganiol,
Momigliano, Mazzarino, A.H.M. Jones eccetera. Si infligge un serio danno
alla cosiddetta «storiografia marxista» se si pretende di attribuirle
orientamenti e scoperte che erano già presenti in una lunghissima
tradizione storiografica: essa preparò la originale riflessione di Marx,
e da un certo punto in poi ne fu influenzata. Mi piace ricordare a
questo punto che una delle ragioni fondamentali della crisi del
movimento comunista è stato il suo scolasticismo.
Alla luce di quanto
oggi ci è noto, grazie all'esperienza dei 60 anni che ci separano da
quel dicembre 1954, possiamo dire che fin troppo timide erano state le
critiche che giustamente Togliatti aveva rivolto ad Ambrogio Donini. Se i
curatori del recente epistolario togliattiano avessero incluso la
replica di Donini nella loro antologia, avrebbero reso un buon servizio a
Togliatti e all'efficacia della sua militanza culturale.
Le scatole del leader
Un libro in gocce
di Giorgio Dell'Arti Il Sole Domenica 21.9.14
Inchiostro.
Togliatti in esilio a Parigi visto in un caffè «mentre cerca di
mimetizzare con l'inchiostro della stilografica i buchi delle tarme in
una manica della giacca».
Disonesti. «Bisogna accogliere molti ma
espellere senza esitazione coloro che deturpano l'immagine del partito:
"Là dove in qualche nostra sezione sono riusciti a infiltrarsi elementi
disonesti, malsani, di cattiva indole morale, elementi che non fanno
onore al Partito, l'opera di reclutamento viene ostacolata perché i
lavoratori onesti non amano sedere accanto ai disonesti"».
Animo.
«Gli chiesi un giorno – racconta Secchia – qual è lo stato d'animo
preferibile in un comunista. L'ottimismo o il pessimismo? Mi rispose: in
politica sono ambedue pericolosi. Si tratta di giudicare la situazione
quale essa è realmente».
Resistenza. «A Codignola, uno dei comandanti
delle formazioni Giustizia e Libertà che hanno liberato con i
garibaldini la Toscana, Togliatti, in visita a Firenze il 3 ottobre
1944, dice: "Voi mi proponete il blocco della sinistra, ma vi sbagliate:
l'Italia è cattolica, la maggioranza dei contadini è cattolica.
Possiamo sperare in una loro alleanza con i comunisti e i socialisti.
Voi del Partito d'Azione siete un doppione o socialista o liberale;
dovreste fondervi con la Democrazia del lavoro". Il tono offensivo usato
con un partito secondo solo al comunista nella guerra di liberazione
non è casuale: Togliatti vuol far sapere che considera la Resistenza un
episodio passeggero e di scarso rilievo. Necessario, d'accordo, ma
fabbrica di guastafeste, di avventuristi».
Compagni. «Vengono a
dirgli che sono a Roma i compagni di Schio, quelli ricercati dalla
polizia per la giustizia sommaria che hanno fatto dei fascisti
incarcerati. "Vorrebbero parlarti" lo informa Caprara. "Ma sono pazzi"
dice Togliatti. "Digli che non posso assolutamente occuparmi di loro".
Del resto, c'è la sua mano anche nell'ordinanza governativa che ha
disarmato l'esercito partigiano. Tutto rientra nella linea politica, ma i
capi della Resistenza non possono capire».
Scatole. «La Resistenza gli rompeva le scatole» (Valiani).
Princìpi.
«Quando il cambiamento è più difficile, proprio allora è indispensabile
il richiamo ai princìpi, la chiarezza delle idee, la precisione più
grande nel dedurre i compiti da incrollabili posizioni di dottrina»
(Rinascita, 1944).
Lingue. Conferenza stampa del 31 marzo 1944.
«Erano presenti giornalisti di tutto il mondo. Con un po' di arroganza,
uno di costoro chiese se Togliatti avrebbe parlato l'inglese o il russo e
Togliatti, che pur non sa parlare inglese, con altrettanta altezzosità
replicò che avrebbe parlato italiano, ma era disposto a dare spiegazioni
in una qualsiasi delle lingue dell'Europa occidentale» (testimonianza
di Marcella e Maurizio Ferrara).
Militare. Togliatti, amore assoluto per l'arte militare.
Spagna.
Guerra di Spagna, Togliatti e Vidali si sono buttati in una buca del
giardino per ripararsi dalle bombe che cadono senza sosta. Togliatti:
«Cosa fai adesso?». Vidali: «Cosa vuoi che faccia? Controllo la paura».
Togliatti: «Voglio dire: che incarichi hai?». Le bombe continuano a
cadere. Vidali, zitto. Togliatti: «Fai troppe cose insieme, Carlos. Chi
fa troppi lavori insieme, li fa male tutti». Vidali, probabilmente
urlando per via delle bombe: «D'accordo, ne parliamo dopo». Togliatti:
«Ecco un'altra brutta abitudine, rimandare a domani quello che può
essere fatto oggi».
Menzogne. «Non si può scrivere una biografia di
Togliatti se non si esce dall'abitudine provinciale di negare la
funzione della menzogna. Le menzogne dette nel quadro di grandi
istituzioni hanno una loro grande verità» (Franco Rodano).
Notizie tratte da Togliatti, Giorgio Bocca, Feltrinelli, Milano, pagg. 640 € 22,00
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