martedì 23 settembre 2014

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Schiavi della visibilitàTonino Perna: Schiavi della visibilità, Rubbettino Editore 

Risvolto
Basta osservare un bambino per accorgersi che il bisogno di "visibilità" è innato quanto il bisogno di affetto. Ma, nel nostro tempo, questo bisogno è diventato una ossessione fino a trasformarsi in una vera e propria patologia: siamo diventati "schiavi della visibilità" fino a perdere ogni valore, pudore, vincolo. Le nuove tecnologie della comunicazione hanno esaltato questo bisogno, hanno creato un nuovo modello di vita che sta generando una mutazione antropologica. Tra iperconnessione e lotta per la visibilità c'è un nesso forte, un intreccio perverso che ci porta a vivere in altre coordinate spazio-temporali. Possiamo arrenderci al fatto che pensiamo di esistere, di valere, di avere un ruolo nel mondo o nella storia, solo quando siamo "visibili"? E' rivolgendo lo sguardo al mondo degli "invisibili", ai soggetti sociali che lottano per uscire dai sotterranei della storia, che possiamo ritrovare l'essenza della nostra umanità. E' questa la sfida che gli intellettuali, gli artisti, i giornalisti, non possono non assumersi nella nuova era in cui siamo entrati.



La buona arte della disconnessione 
Vanni Codeluppi, il Manifesto 23.9.2014 

Nelle società con­tem­po­ra­nee, il con­cetto di visi­bi­lità è impor­tante. Pro­ba­bil­mente il Web, che con­sente alle per­sone di esporre facil­mente la pro­pria vita, ha una note­vole respon­sa­bi­lità in que­sto risul­tato. Sta di fatto che la capa­cità di essere visi­bili sta diven­tando un ele­mento signi­fi­ca­tivo nelle rela­zioni sociali.
Tonino Perna ha ana­liz­zato que­sto tema nel volume Schiavi della visi­bi­lità (Rub­bet­tino, pp. 86, euro 10). Si tratta di un pam­phlet di dimen­sioni con­te­nute, ma che, nono­stante la sua bre­vità, rie­sce a for­nire al let­tore rifles­sioni sti­mo­lanti rispetto al tema affron­tato. Perna è par­tito dalla con­sta­ta­zione che il biso­gno di visi­bi­lità è qual­cosa d’innato nelle per­sone. Negli ultimi anni, però, le nuove tec­no­lo­gie della comu­ni­ca­zione hanno inten­si­fi­cato tale biso­gno, che si è tra­sfor­mato in una vera e pro­pria osses­sione. Siamo per­tanto diven­tati tutti «schiavi della visi­bi­lità». Rite­niamo di esi­stere e di avere un valore nella società sola­mente quando siamo con­nessi agli altri attra­verso il Web e pen­siamo in tal modo di riu­sci­rea essere visi­bili. Perna addi­rit­tura sostiene, rie­cheg­giando una cele­bre affer­ma­zione di Pier Paolo Paso­lini, che è in atto una vera e pro­pria muta­zione antro­po­lo­gica.
La parte più inte­res­sante del volume è quella rela­tiva all’intreccio sem­pre più evi­dente tra la visi­bi­lità e l’invisibilità. Vale a dire che Perna, pur sot­to­li­neando la grande impor­tanza odierna della visi­bi­lità, mette in luce anche come a ciò cor­ri­sponda para­dos­sal­mente una paral­lela cre­scita dell’invisibilità.
L’ambito dove tutto ciò risulta più evi­dente è quello della poli­tica. Nelle realtà occi­den­tali, annota a ragione Perna, i par­titi sono entrati già da alcuni decenni in una grave situa­zione di crisi, men­tre al con­tra­rio i loro lea­der sono diven­tati sem­pre più impor­tanti. Al punto che la forma-partito tende a iden­ti­fi­carsi con loro e con il loro con­senso. Il quale si rag­giunge oggi sol­tanto attra­verso una pre­senza dura­tura sui media. Ecco dun­que la neces­sità di creare «grandi opere» oppure grandi eventi spet­ta­co­lari (Olim­piadi, Expo, ecc.). Men­tre, nel con­tempo, si tra­scura tutto ciò che non dà visi­bi­lità, come gli acque­dotti, i depu­ra­tori e le fogna­ture, seb­bene siano invece fon­da­men­tali per l’igiene e la salute della popo­la­zione. Anche i movi­menti ambien­ta­li­sti, paci­fi­sti e no glo­bal, per dif­fon­dere le loro idee, hanno biso­gno di diven­tare visi­bili all’interno dello spa­zio sociale. Lo stesso biso­gno che hanno coloro che vivono nei «sot­ter­ra­nei della sto­ria», come gli ope­rai che devono salire sulle gru o fare lo scio­pero della fame per riu­scire a far cono­scere le loro pro­te­ste.
Perna però sot­to­li­nea che oggi è cre­sciuta la neces­sità di essere visi­bili da parte di chi gesti­sce il potere poli­tico, ma paral­le­la­mente si è svi­lup­pata anche la pre­senza dei cosid­detti «poteri occulti». A comin­ciare dai «ser­vizi segreti», che ope­rano per defi­ni­zione in maniera invi­si­bile, pur essendo nello stesso tempo rico­no­sciuti isti­tu­zio­nal­mente. Si pensi sol­tanto a tutte le nume­rose «stragi di stato» ita­liane rima­ste impu­nite e al ruolo che i ser­vizi segreti vi hanno svolto. Non è un caso, d’altronde, che Assange e Sno­w­den siano per­se­gui­tati per­ché hanno cer­cato di met­tere a nudo i segreti del potere invi­si­bile. Un potere reso evi­dente anche dal ruolo gio­cato dalla finanza, che attual­mente opera soprat­tutto in maniera occulta, la cosid­detta «finanza ombra», il cui valore com­ples­sivo è supe­riore a quello del Pil mon­diale. Tale finanza è sle­gata dall’economia reale e soprat­tutto dai con­trolli dei cit­ta­dini e delle isti­tu­zioni pub­bli­che, ma eser­cita un enorme potere sulla vita delle per­sone. Il vero potere, insomma, è quello invi­si­bile. Seb­bene visi­bi­lità e invi­si­bi­lità, in qual­che misura, si sosten­gano a vicenda.
Nella parte finale del volume Perna si è chie­sto come sia pos­si­bile uscire da que­sta situa­zione. Le sue rispo­ste sono diverse. Innan­zi­tutto, scrive che occorre «andare al di là del pen­siero unico», vale a dire libe­rarsi da quell’ideologia eco­no­mi­ci­stica che ha con­ta­mi­nato ormai l’intera esi­stenza quo­ti­diana. Quell’ideologia per cui per­sino un pae­sag­gio o un bene cul­tu­rale acqui­stano un’utilità sociale sola­mente se ven­di­bili sul mer­cato. Inol­tre, per Perna, biso­gna «libe­rare le ener­gie som­merse», vale a dire fare cono­scere quell’intensa atti­vità sociale che rimane soli­ta­mente nasco­sta per­ché non è utile ai media per cat­tu­rare l’attenzione del pub­blico. Infine, è neces­sa­rio «pro­muo­vere le buone pra­ti­che», cioè far cono­scere tutte quelle atti­vità che ven­gono quo­ti­dia­na­mente rea­liz­zate da tanti ammi­ni­stra­tori «illu­mi­nati» e che, se divul­gate, pos­sono inne­scare pro­cessi imi­ta­tivi.
Que­sta posi­zione potrebbe sem­brare nostal­gica e in parte pro­ba­bil­mente lo è. Ma Perna sostiene che già oggi una por­zione mino­ri­ta­ria della popo­la­zione delle società eco­no­mi­ca­mente più svi­lup­pate sente l’esigenza di un altro modo di vivere. Perna insomma ci dice che que­sti uomini e donne sono alla ricerca di una nuova forma di vita comu­ni­ta­ria dove sia pos­si­bile ricor­dare il pas­sato e sia con­sen­tito pra­ti­care la dif­fi­cile «arte della discon­nes­sione», al fine di ritro­vare un pro­prio spa­zio inte­riore. E dove, soprat­tutto, a con­tare sia un tes­suto sociale che valo­rizza ciò che si fa e ciò che si è, indi­pen­den­te­mente da quanto si rie­sce a essere visibili.

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