mercoledì 17 settembre 2014

Corrado Augias affianca Fabio volo in casa Einaudi. Un esempio di marchetta lacaniana

Corrado Augias: Il lato oscuro del cuore, Einaudi pagg. 280, euro 19


Dove finisce il principio del piacere
La ricerca della verità è il tema principe dell’autore. Sia in letteratura che in tv Una vicenda emblematica che ci svela come i mostri nascano nella nostra mente
Nel nuovo romanzo Augias torna alla psicoanalisi delle origini. Per raccontare un mistero al femminile
di Massimo Recalcati Repubblica 17.9.14

QUID est veritas? È la domanda che Pilato rivolse a Gesù e che risuona sulle labbra di un personaggio di Il lato oscuro del cuore , prima prova di letteratura “alta” di Corrado Augias che Einaudi ha deciso di ospitare nella sua collana più prestigiosa, dove appaiono i nomi dei grandi: Rigoni Stern, Roth, Auster, Mc Carthy, Calvino, De Lillo. Questa domanda non è solo la vera protagonista del libro ma costituisce una sorta di filo rosso che insistentemente — e come potrebbe essere diversamente? Non si scrive sempre del proprio fantasma? — percorre l’opera sfaccettata di Augias. Se si osserva infatti la sua imponente produzione — narrativa, giornalistica, televisiva — un tema si impone su tutti gli altri: quello della verità e dei suoi segreti.
A questo tema si può riportare l’interesse per le città di Parigi, New York, Roma, Londra, ma anche i primi lavori di narrativa noir e le inchieste giornalistiche più recenti e fortunate sui segreti del Vaticano, Gesù, Maria e gli italiani nel loro strambo rapporto con il potere ( Perché agli italiani piace avere un padrone?
Recita il sottotitolo del saggio Il disagio della libertà ). Anche l’Augias televisivo appare mosso dalla stessa corrente se solo si ricorda, tra tutti i suoi fortunati programmi, forse quello divenuto più popolare: Telefono giallo. Insomma pare evidente che la cifra dell’Augias-intellettuale è quella di inseguire la verità nei suoi luoghi più oscuri. Di qui, non ultima, la sua passione per i labirinti della vita psichica e la sua ammirazione per il geniale Charcot alla cui lezione si formò, nella Parigi di fine Ottocento, il giovane Freud. È proprio quest’ultima vena di ricerca a nutrire il romanzo di Augias: la psicoanalisi come “scienza delle tracce” — secondo una bella definizione di Freud. La protagonista della storia, Clara, è infatti una giovane studiosa di psicoanalisi, aspirante psicoterapeuta. Si interessa dell’inconscio e delle sue enigmatiche manifestazioni, in particolare quelle legate al corpo delle donne al quale la psicoanalisi deve, come nessun’altra disciplina, la sua identità e la sua genesi. Lo sa bene Clara quando ripercorre nei suoi studi i passi che condussero Breuer e Freud a concepire i corpi delle isteriche come teatri di un discorso senza parole, a vedere — sulla via aperta da Charcot — nelle loro contorsioni l’affiorare in superficie di una verità scabrosa e inconfessabile.
Nella scena d’apertura troviamo il corpo di una donna spaventato, inerme e offeso dalla brutalità terrorizzante di un uomo. È il corpo di Wanda. È lei la donna che apparirà come uno spettro imprevisto sul cammino diligente di Clara. Sospettata di essere coinvolta in qualche modo nell’omicidio del marito, viene sospinta dal suo avvocato verso Clara con l’intento di ricavare qualche informazione utile dalle sedute psicoterapeutiche. Il passaggio della giovane studiosa dallo studio delle prime “eroine“ della piscoanalisi (Bertha Pappenheim, Dora, Sabina Spielrein, le isteriche di Charcot), alla nuda vita di Wanda è un doppio salto mortale. Clara s’imbatte nell’esperienza che ogni psicoanalista conosce bene: l’incontro con una storia reale e con una vita disfa la sicurezza dogmatica della dottrina, facendo vacillare le sue fragili basi. Nell’incontro con il mistero di Wanda, Clara vive con smarrimento il punto dove la chiarezza cartesiana della teoria l’abbandona: «Il colloquio con Wanda stuprata e ferita, incapace di una qualunque difesa per ragioni che ignorava aveva avuto su di lei un effetto sconvolgente!... mai come in quel momento si era sentita sospesa tra l’analisi astratta di casi vecchi di decenni e gli urti violenti con cui la vita la stava colpendo… ». La verità della psicoanalisi non riguarda la natura del mondo, ma quella “umana troppo umana” del sesso; è la verità della divisione e non dell’unità dell’uomo.
Il mistero indigesto sulla cui pista si è gettata Clara è un mistero che ci riguarda. Esso fa saltare i confini della vittima e del carnefice, del buono e del cattivo, del razionale e dell’irrazionale. L’oscuro non è l’opposto della luce, la volontà e la ragione non governano integralmente le passioni del corpo, la violenza non è il contrario del piacere: «Potevo dire di essere violentata? — si chiede Wanda — Un uomo mi era venuto addosso a casa mia, sul mio letto. Era sicuramente violenza. Però mi aveva anche provocato un piacere mai provato prima, cancellando qualunque altra cosa». Questo piacere è un eccesso che si mescola al male e all’offesa e che genera un attaccamento mortifero. I mostri non vengono mai dall’esterno ma sgorgano dalla nostra mente. La barbarie non è il confine esterno e straniero della Civiltà ma la faglia, l’orrore che cresce nel suo seno. Clara può allora scoprire in modo spaesante che Wanda non è solo un’altra donna, ma abita in lei, è l’indice della sua differenza interna, della sua divisione. Può scoprire che in questa donna la posizione di vittima («della società, dei costumi, dell’indigenza, di una cultura insufficiente, di un matrimonio sbagliato, di una serie di circostanze sfortunate, di una congenita debolezza di carattere »), si ribalta in modo sconcertante in quello di chi ha una responsabilità attiva nel fare qualcosa di quello che gli altri hanno fatto di lei. Wanda non è solo una vittima.
La verità che emerge non può non lasciare il lettore spiazzato. Se per un verso uno dei temi del romanzo è l’occupazione violenta da parte di una cultura maschilista e sessista del corpo delle donne (una sorta di rappresentazione retroattiva del nostro ultimo ventennio?), per un altro esso non sceglie la via comoda dell’alleanza con la vittima. Il lato oscuro del cuore è oscuro perché non risponde all’Ideale, ma alla pulsione. La domanda finale che investe il mistero della vita di Wanda («com’era possibile, dopo tutto quello che le avevano fatto, che Wanda si chiedesse se doveva aiutare o no l’uomo che l’aveva torturata ») non è diversa da quella che dobbiamo porci su Sabina Spilrein — tormentata paziente di Jung e Freud — quando decide di consegnarsi nella mani dei nazisti mentre avrebbe potuto fuggire: «Perché Sabina si consegna volontariamente ai suoi carnefici?». Quid est veritas?

Augias: Freud e Jung, fate luce sugli abissi di Wanda
Il noir filosofico dello scrittore e giornalistamirella serri La Stampa

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