martedì 23 settembre 2014
Prove di "rivoluzione colorata" in vista delle amministrative in Russia: comincia la mobilitazione dell'opinione pubblica occidentale
E l’ex oligarca Khodorkovskij rompe il silenzio: pronto a guidare la Russia
di Fabrizio Dragosei Corriere 22.9.14
MOSCA
— Dopo settimane di una guerra che ufficialmente non esiste,
l’opposizione fa sentire la sua voce contro l’intervento russo in
Ucraina. Una marcia della pace con migliaia di persone che hanno
attraversato le vie centrali di Mosca si è aggiunta a voci sporadiche
che si sono levate in varie parti del Paese. E Mikhail Khodorkovskij,
l’ex magnate che vive all’estero dopo la sua liberazione, ha annunciato
il lancio di un movimento per ottenere la sconfitta di Vladimir Putin
alle elezioni presidenziali del 2016.
Tutto questo mentre il piano
per creare una zona cuscinetto tra i combattenti nell’est dell’Ucraina
non decolla, nonostante le speranze iniziali. Il cessate il fuoco
continua a essere violato (ieri ci sono state sparatorie e morti) e così
nessuno ritira le truppe e l’artiglieria. I cannoni del governo di Kiev
rimangono a ridosso delle posizioni dei ribelli e le truppe
«volontarie» russe con il loro armamento non lasciano il Paese.
Sono
state almeno ventimila le persone scese in piazza nella capitale russa
per gridare slogan contro il presidente e per chiedere la fine delle
azioni contro i fratelli ucraini. Finora era stata quasi unicamente
l’Associazione delle madri dei soldati a far sentire la sua voce, dopo
che parecchi giovani erano tornati in casse di piombo dalla guerra che
non c’è. Ma adesso la società civile, quella che alle ultime elezioni
aveva alzato la voce contro la rielezione di Putin, sembra aver ripreso
fiato.
Già il mondo imprenditoriale aveva sommessamente osato dire
qualcosa contro la guerra che ha causato le sanzioni occidentali. E
aveva criticato le contro-sanzioni che fanno sentire i loro effetti
sulla popolazione russa. Vi ha accennato la Confederazione degli
industriali; ne hanno parlato esplicitamente oligarchi rifugiati
all’estero, come appunto Khodorkovskij e Yevgenij Chichvarkin. E anche
l’economista Sergej Guriyev.
In un momento di difficoltà economiche e
politiche, il potere comunque ha deciso di far sentire ai possibili
dissidenti che in Russia comanda solo il Cremlino. A questo, secondo
alcuni, è servita anche l’azione contro Evtushenkov, un oligarca assai
defilato. Probabilmente ci si vuole impadronire della sua compagnia
petrolifera, ma in ogni caso l’averlo messo agli arresti domiciliari può
servire da monito agli altri.
Essere tornati allo scontro con
l’Occidente non piace a molti, anche a personaggi legati direttamente a
Putin. C’è, ad esempio, chi si è dato da fare per evitare una nuova
ondata di contro-sanzioni che appesantirebbe ulteriormente il clima. Il
vice primo ministro Arkadij Dvorkovich ha detto, ad esempio, che misure
di ritorsione «non sono una priorità; non sono allo studio». A suo
avviso sarebbe molto meglio «sostenere coloro che sono colpiti dalle
sanzioni». E’ bene ricordare che nei giorni scorsi c’erano state invece
voci che avevano parlato a favore di misure molto incisive, come quella
di vietare il sorvolo della Russia alle compagnie occidentali.
Ma
parlare contro il potere in questo Paese è cosa assai delicata, che a
volte può diventare pericolosa. Così un noto fisico teorico ha
annunciato l’abbandono della Russia e la richiesta di asilo politico
all’Ucraina. Oleg Shro, discepolo del fisico dissidente Andrej Sakharov,
ha anche invitato i suoi connazionali a rileggersi quello che il premio
Nobel per la pace diceva, «per capire il suo ruolo e il suo pensiero».
Il Truman show della Russia di Putin
Così l’Europa può fermare lo zar (e salvarsi l’anima)
di Timothy Garton Ash Repubblica 22.9.14
L’UNIONE
Europea deve necessariamente mettere a punto un piano decennale per
l’Ucraina. Il piano determinerà anche quella che sarà la realtà europea
tra un decennio. In omaggio al personaggio politico cardine di questa
Europa, che ha guidato l’evoluzione della politica europea nei confronti
dell’Ucraina, potremmo chiamarlo piano Merkel. Se avrà successo vorrà
dire che la visione tipicamente europea dell’ordine liberale avrà
prevalso sulla ricetta conservatrice, nazionalista, del disordine
violento e permanente, rappresentata da Vladimir Putin. Se il piano
fallisce, l’Europa torna a fallire.
Il nostro piano dovrebbe
svilupparsi principalmente su tre fronti, militare, politico ed
economico, ciascuno dotato di molteplici componenti, adattabili al
mutare delle circostanze. Gli Stati Uniti vi giocano un ruolo, ma di
supporto, non di guida. Per avere un piano noi europei dobbiamo sapere a
che cosa stiamo reagendo. Questo è difficile da stabilire, perché lo
stato mentale di Putin è quello imprevedibile e arrogante del despota.
Comunque ipotizzo che il suo obiettivo, oggi, sia mantenere l’Ucraina
sud orientale in uno stato di disordine, divisione del potere e
influenza russa tale da impedire all’Ucraina nel complesso di
consolidarsi come stato sovrano in grado di esercitare le proprie
funzioni e di avvicinarsi all’Ue e alla Nato. Elemento chiave in questa
strategia è una frontiera russo-ucraina porosa, che consenta alle armi e
agli agitatori russi di andare e venire a piacimento.
Intanto i
paesi occidentali dovrebbero fornire alle forze armate ucraine armamenti
scelti, approvvigionamenti e addestramento, non da ultimo alle truppe
di frontiera. Nel lungo periodo una delle strategie fondamentali per far
sì che Putin non arrivi al suo “conflitto congelato” è chiudere la
frontiera con la Russia. Poi deve essere colta ogni occasione di
intavolare negoziati diplomatici e politici. Ma le possibilità di
arrivare ad un accordo costituzionale in Ucraina orientale che sia
accettabile per la Russia di Putin e l’Ucraina di Kiev sono minime.
Nessuna delle due parti può accettare ciò che implicano i termini
decentralizzazione, federalizzazione o “status speciale” né convenire
sulle aree cui si applicano. In sintesi, Putin in realtà non può volere
un accordo stabile, pacifico, duraturo, perché esso consentirebbe
all’Ucraina di agire come Stato federale, in grado di avvicinarsi
all’Ue. Nel frattempo l’Europa può fare altre mosse politiche. Ora che
il parlamento europeo e quello ucraino hanno ratificato simultaneamente
l’accordo di associazione, l’Ue deve aiutare l’Ucraina a diventare uno
Stato in grado di esercitare le sue funzioni. L’unico passo efficace che
la Ue può intraprendere per influenzare l’opinione pubblica ucraina
sarebbe concedere l’ingresso senza visto alla maggior parte degli
ucraini. Le esperienze di tutta l’Europa orientale post-comunista lo
indicano come la strategia che porta più velocemente a influenzare
l’opinione pubblica, ma vuol dire ovviamente chiedere moltissimo
all’Europa occidentale, stanca di immigrazione. In cambio di questi
grandi incentivi, però, gli ucraini dovrebbero accingersi seriamente a
riformare il loro Stato. Ciò comporta in primo luogo dichiarare guerra
alla mostruosa corruzione che è stata il ferro del mestiere nella
politica dell’Ucraina post-sovietica. Quanto alla Russia, non va mai
dimenticato che, nonostante la sua attuale popolarità, Putin non è la
Russia e la Russia non è Putin. In ogni nostra dichiarazione e azione
faremmo bene a tornare a questa importantissima distinzione. E poi, ad
un certo punto nei prossimi 10 anni Putin se ne andrà.
L’inasprimento
delle sanzioni economiche sul regime affretterà la fine di Putin? Le
sanzioni stanno già iniziando a pesare, persino sulle grandi società
energetiche russe, come la Rosnef, ma nel breve periodo la sensazione di
essere sotto assedio alimentata dalla propaganda può addirittura
rafforzare la posizione politica di Putin. Nel lungo periodo però le
sanzioni eroderanno la sua base. Gradualmente, è questione di anni, i
russi calcoleranno pragmaticamente quelli che sono i loro interessi. Il
portafoglio delle singole famiglie prevarrà sul cuore imperiale
collettivo.
Così sarà soprattutto se si vedrà prosperare l’Ucraina e
non la Russia. Cruciale per la prosperità dell’Ucraina sarà trovare il
difficile equilibrio tra l’azione di sviluppo dei legami commerciali e
di investimento con la Ue e la necessità di non interrompere i rapporti
economici con la Russia. Poi c’è l’energia. Circa la metà degli introiti
della federazione russa derivano dal petrolio e dal gas. Gran parte
dell’Europa attualmente dipende dal combustibile russo per tenere le
luci accese. Se l’Unione europea si adopera per garantirsi
l’indipendenza energetica — che richiede l’interdipendenza energetica e
il collegamento tra i vari stati membri — gli equilibri di potere tra
Russia e Europa cambiano in maniera determinante. Aiutando l’Ucraina,
l’Europa aiuta se stessa. Traduzione di Emilia Bengh
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