martedì 2 settembre 2014

Tradotto il libro di Macherey su Pierre Bourdieu

Pierre Mache­rey: Geo­me­tria dello spa­zio sociale. Pierre Bour­dieu e la filo­so­fia, Ombre Corte, pp. 118, Euro 10

Risvolto
Pierre Macherey, filosofo francese tra i più importanti dell'attuale scena culturale, in questo libro, inedito in Francia e pensato per il pubblico italiano, ci presenta un'interpretazione "d'autore" della sociologia di Pierre Bourdieu.
Al centro della sua analisi Macherey pone il rapporto conflittuale, ambivalente e mai del tutto risolto, che il sociologo ha sempre avuto con la filosofia, a cui deve del resto la propria formazione. A testimoniarlo, la sua passione per Blaise Pascal, figura per eccellenza dell'eterodossia, dal quale Bourdieu impara a diffidare delle vane illusioni create dei filosofi e a mettersi alla ricercara di quella "ragione degli effetti" che guida inconsciamente le azioni apparentemente più bizzarre degli agenti sociali. Dagli studi etnologici a quelli sul sistema educativo, dal concetto di pratica a quello di ragione scolastica, Macherey valorizza sempre la dimensione politica del dispositivo sociologico di Bourdieu, la sua volontà di svelare i meccanismi di dominazione che si annidano anche nelle pratiche sociali più banali e quotidiane.


Pierre Bourdieu, l’antifilosofo
Pierre Bourdieu. In un volume Pierre Macherey analizza il rapporto tra teoria e azione a partire dalle tesi del sociologo francese. Un teorico che vedeva nell’analisi della prassi la sola chiave di interpretazione delle società capitaliste 
Gabriella Paolucci, 17.7.2014 il Manifesto

L’importanza che la for­ma­zione filo­so­fica rive­ste nella car­riera di Pierre Bour­dieu è nota a coloro che hanno una fre­quen­ta­zione dell’opera di que­sto con­tro­verso intel­let­tuale. Così come è ben noto anche il suc­ces­sivo abban­dono del campo filo­so­fico – «nel quale e con­tro il quale» Bour­dieu si è fatto – e la «con­ver­sione» alla socio­lo­gia, ini­ziata in terra alge­rina, quando, mili­tare al seguito dell’esercito fran­cese, il futuro socio­logo spe­ri­menta la neces­sità di stru­menti più con­soni di quelli della skholè filo­so­fica alla com­pren­sione di un paese scon­volto dalla guerra colo­niale. Meno noto – o comun­que meno discusso, soprat­tutto in Ita­lia – è il genere di rot­tura ope­rata nei con­fronti della filo­so­fia e il rap­porto che Bour­dieu da allora in poi intrat­tiene con la «disci­pline du cou­ron­ne­ment». Nume­rosi e fon­da­men­tali sono i que­siti che emer­gono: che rap­porto instaura Bour­dieu con il campo che ha tra­dito e nei con­fronti del quale si sente un diser­tore? E ancora: si tratta di una rot­tura effet­tiva e irre­vo­ca­bile? Ma soprat­tutto: che pro­por­zioni assume e qual è il vero oggetto di que­sto tradimento?
 
La ragione di un tradimento
In realtà il socio­logo non ha mai ope­rato una rot­tura radi­cale e defi­ni­tiva con il filo­sofo. Il dia­logo tra i due è rima­sto costan­te­mente aperto, anche se è stato un rap­porto tor­men­tato e ambi­va­lente. Si potrebbe soste­nere una tesi che potrebbe sem­brare para­dos­sale: non solo Bour­dieu, a dif­fe­renza di quanto ha costan­te­mente dichia­rato, non è mai uscito dal campo filo­so­fico, ma è pro­prio in nome di un’esigenza squi­si­ta­mente filo­so­fica che si è imbar­cato nell’avventura socio­lo­gica. Un’esigenza che nulla a che fare, tut­ta­via, con il modo di filo­so­fare che mette in campo la «ragione sco­la­stica», uno degli avver­sari pri­vi­le­giati di Bour­dieu. Ciò che dà i mezzi per entrare in con­tatto con l’essere sociale dell’uomo, con la sua gran­dezza e la sua mise­ria, è invece una filo­so­fia nuova, «nega­tiva», come recita il sot­to­ti­tolo della prima edi­zione delle Medi­ta­zioni pasca­liane, che non opera sepa­ra­zioni con le cose del mondo ed è con­sa­pe­vole delle con­di­zioni di pos­si­bi­lità del pro­prio ope­rare. La vera filo­so­fia «se moque de la phi­lo­so­phie», come dice Pascal. L’abbandono e il tra­di­mento si tra­du­cono così, in defi­ni­tiva, in una pra­tica di ricerca rivolta al mondo sociale e in una visione del sapere scien­ti­fico che tro­vano nella stessa filo­so­fia gli stru­menti di una cri­tica della filo­so­fia. Osser­vato in que­sta pro­spet­tiva, il rap­porto di Bour­dieu con la filo­so­fia può essere visto come «una delle chiavi di accesso al senso ultimo della sua ricerca».
È la sug­ge­stiva tesi che pro­pone Pierre Mache­rey nel libro appena uscito in libre­ria per Ombre Corte Geo­me­tria dello spa­zio sociale. Pierre Bour­dieu e la filo­so­fia (pp. 118, Euro 10). Il volume, ine­dito in Fran­cia e pen­sato per il pub­blico ita­liano, rac­co­glie tre saggi che Mache­rey, filo­sofo fran­cese tra i più signi­fi­ca­tivi dell’attuale scena cul­tu­rale, ha dedi­cato a Bour­dieu nell’arco degli ultimi anni: Pen­sare la pra­tica, Medi­tare Pascal e Cri­ti­care la ragione sco­la­stica. L’interesse di Mache­rey per la socio­lo­gia bour­dieu­siana non si esau­ri­sce in que­sti studi. Ce sono anche altri, come annota Fabri­zio Denun­zio nella post­fa­zione. Ma i saggi pub­bli­cati in que­sto volume rive­stono un’importanza spe­ci­fica per il pub­blico ita­liano, dal momento che il tema del com­pli­cato rap­porto di Bour­dieu con la filo­so­fia è stato affron­tato ben poco dalla pub­bli­ci­stica ita­liana. Così come assai scarsa è la rifles­sione cri­tica sulle Medi­ta­zioni pasca­liane, il libro al cen­tro dell’analisi di Mache­rey. Motivi che emer­gono dal testo di Fabri­zio Denun­zio, socio­logo dell’Università di Salerno, che ha pen­sato e attuato il pro­getto editoriale.
 
La sco­perta dei limiti
L’ipotesi di let­tura di Mache­rey è che lo spe­cia­li­sta in scienze sociali non abbia mai defi­ni­ti­va­mente chiuso con la filo­so­fia e che la sua fine ine­lut­ta­bile sia ancora filo­so­fica, poi­ché «non si può fare della cri­tica alla filo­so­fia senza filo­so­fia». Dun­que se all’inizio del suo per­corso Bour­dieu sem­bra esclu­dere la ragione, cri­ti­can­dola, al ter­mine egli ritrova «la ragione in forma tra­sfor­mata», che ha inte­grato la coscienza rifles­siva dei suoi limiti.
Mache­rey rin­trac­cia alcune delle figure di cui Bour­dieu si serve per por­tare a ter­mine la cri­tica del punto di vista sco­la­stico e costruire con­tem­po­ra­nea­mente il pro­prio punto di vista: l’epistemologia sto­rica delle scienze, con Bache­lard e Can­gui­lhem, natu­ral­mente; Merleau-Ponty, Witt­gen­stein, Austin, e natu­ral­mente Spi­noza. La figura cui va tut­ta­via ha la pre­va­lente atten­zione di Mache­rey è Pascal, e non potrebbe essere diver­sa­mente. È sotto l’egida di Pascal che Bour­dieu scrive le sue Medi­ta­zioni ed è Pascal il nume tute­lare delle bat­ta­glie cru­ciali che il socio­logo intenta con­tro i suoi nemici più acerrimi.
 
Una scienza della prassi
La «rela­zione pri­vi­le­giata di con­ni­venza» che Bour­dieu intrat­tiene con una delle figure più ete­ro­dosse della filo­so­fia occi­den­tale per­mette di acce­dere alla cifra del gesto filo­so­fico bour­dieu­siano come pra­tica engagé nella vita e nel mondo sociale. Sì, per­ché «schie­rarsi con Pascal con­tro Car­te­sio» — opzione in pole­mica con la tra­di­zione delle Médi­ta­tio­nes, a cui ammicca il titolo stesso Medi­ta­zioni Pasca­liane — signi­fica assu­mere uno dei temi cen­trali dell’antifilosofia per pro­muo­vere una «nuova filo­so­fia» che si inte­ressi delle cose ordi­na­rie della vita e che offra gli stru­menti per entrare in con­tatto con l’essere sociale dell’uomo. Signi­fica ade­rire alla denun­cia degli errori ai quali sono por­tati i «mezzo addot­tri­nati» che cre­dono di poter vedere il mondo met­ten­dolo a distanza, di fronte, e dal quale pen­sano di poter esclu­dere se stessi. Mache­rey ci resti­tui­sce così l’insieme dell’epistemologia di Bour­dieu: la neces­sità di tra­scen­dere la «falsa» dico­to­mia soggetto-oggetto, l’imperativo della rifles­si­vità epi­ste­mica e la neces­sità di una cono­scenza che superi i limiti della feno­me­no­lo­gia da un lato e dello strut­tu­ra­li­smo dall’altro, e che acceda final­mente alla cono­scenza del modo di gene­ra­zione delle pra­ti­che, con­di­zione indi­spen­sa­bile per la costru­zione di una scienza spe­ri­men­tale della dia­let­tica dell’interiorità e dell’esteriorità, e cioè dell’interiorizzazione dell’esteriorità e dell’esteriorizzazione dell’interiorità (in altre parole, dell’habi­tus).
Pascal non è dun­que per Bour­dieu sol­tanto un qua­dro di rife­ri­mento gene­rale, ma una vera e pro­pria «guida, un orien­ta­mento e una ispi­ra­zione» al lavoro ana­li­tico. Per mostrare la vali­dità di que­sta tesi, Mache­rey prende in con­si­de­ra­zione tre mas­sime pasca­liane che Bour­dieu riprende per rilan­ciare la pro­pria rifles­sione: «sane opi­nioni dl popolo», «siamo imbar­cati» e «noi siamo auto­ma­ti­smo altret­tanto che spi­rito». Non sono le uni­che ma sono forse le più importanti.
 
Una situa­zione schizofrenica Se la prima, «pro­cla­mando solen­ne­mente l’abolizione dei pri­vi­legi del pen­siero scien­ti­fico», offre a Bour­dieu argo­menti per pen­sare la pra­tica senza annien­tare il pro­prio oggetto, la seconda sor­regge il socio­logo nella sua ricerca di una cono­scenza dello spa­zio sociale che includa, con un ritorno cri­tico su di sé, il sog­getto stesso della cono­scenza. In que­sta situa­zione schi­zo­fre­nica, nella neces­sità di stare con­tem­po­ra­nea­mente den­tro e fuori, biso­gna scom­met­tere per acce­dere alla «città scien­ti­fica», vera e pro­pria uto­pia razio­nale chiusa erme­ti­ca­mente nella pro­pria auto­no­mia.
Qui Mache­rey coglie il senso del lungo e com­plesso lavo­rìo com­piuto da Bour­dieu per scac­ciare dal pro­prio oriz­zonte l’illusione sco­la­stica e dar vita ad un con­cre­tis­simo sog­getto cono­scente il quale possa rea­liz­zare un ritorno cri­tico su se stesso, pur asse­diato, come tutti, dalla doxa. Mise­ria e gran­dezza del socio­logo, «che porta alla luce l’implicito del mondo sociale e della sua stessa con­di­zione».
«Siamo auto­ma­ti­smo altret­tanto che spi­rito» è la mas­sima pasca­liana che offre invece a Bour­dieu il soste­gno per l’acerrima bat­ta­glia che da sem­pre con­duce con­tro il men­ta­li­smo, a favore delle ragioni del corpo (che in Pascal sono per la verità le ragioni del cuore). «Noi appren­diamo attra­verso il corpo» dice Bour­dieu. E ed è nei corpi che s’inscrive l’ordine sociale: «le ingiun­zioni sociali più serie si rivol­gono non all’intelletto ma al corpo». La cono­scenza pra­tica – radi­cal­mente antin­tel­let­tua­li­stica – è cono­scenza del corpo e attra­verso il corpo. È que­sto tipo di cono­scenza che ci per­mette di agire come con­viene in un ordine sociale dato, senza che que­sta con­ve­nienza dipenda da regole espli­cite né da un cal­colo razio­nale. L’incontro tra la cre­denza pasca­liana e l’habi­tus bour­dieu­siano non potrebbe essere più espli­cito né più fecondo. Sia per Pascal che per Bour­dieu l’ordine sociale non ha altro fon­da­mento che la cre­denza, l’abitudine e l’illusione, sal­da­mente anco­rati al corpo. Ma per Bour­dieu, a dif­fe­renza di Pascal, l’ordine sociale non è un valore da sal­va­guar­dare, ma un’impostura da sma­sche­rare e da sov­ver­tire.
Più che a Pascal, qui Bour­dieu è vicino a Marx: la socio­lo­gia non si limita a rac­con­tare il mondo com’è, ma con­tri­bui­sce alla sua tra­sfor­ma­zione. Così come Marx auspica il «dive­nire reale della filo­so­fia», Bour­dieu affida alla cono­scenza socio­lo­gica, e alla sua capa­cità di sma­sche­rare i dispo­si­tivi del domi­nio, una fun­zione di sov­ver­sione dell’ordine sociale. Qui si inter­rompe il legame tra Marx e Bour­dieu. Per­ché se in Marx la rea­liz­za­zione della filo­so­fia è mediata dalla pra­xis, in Bour­dieu è la cono­scenza socio­lo­gica che si offre come stru­mento pri­vi­le­giato, se non unico, di sov­ver­sione poli­tica. Ma porre la que­stione nei ter­mini di prio­rità onto­lo­gica della ragione socio­lo­gica sulla prassi poli­tica nel cuore di una teo­ria che postula la soma­tiz­za­zione del domi­nio, pone seri pro­blemi di coe­renza interna alla costru­zione teo­rica di Bour­dieu. Pro­blemi che spin­gono Mache­rey a osser­vare come, in defi­ni­tiva, «attra­verso un capo­vol­gi­mento mira­co­loso», lo spi­rito fini­sca comun­que «per trion­fare sul corpo e sulla sua logica implacabile».

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