lunedì 13 ottobre 2014
Altre barzellette di Zizek, ma eventuali
Slavoj Zizek: Evento, Utet, euro 14
Risvolto
Che si tratti di un disastro naturale devastante o di un’importante
decisione esistenziale, di una rivolta politica violenta o di
un’illuminazione religiosa, di un avvenimento mondano o di una buona
notizia, c’è sempre qualcosa di dirompente, inaspettato e addirittura
miracoloso in un “evento”: concetto tra i più rilevanti della storia del
pensiero e insieme tra i più ambigui, caratterizzato da ben più di
cinquanta sfumature. Che cos’è l’evento? Una trasformazione nel modo in
cui il mondo ci appare o un cambiamento nella realtà stessa? Entrambe le
cose _ e molto di più _ ci spiega con chiarezza e ironia Slavoj Žižek,
uno dei più celebri e apprezzati filosofi viventi, spaziando con lo
stile irresistibile che gli è proprio tra excursus scientifici e
barzellette sconvenienti, tra aneddoti storici e spiazzanti citazioni
dai fi lm. Insomma: dal Big Bang agli haiku Zen, passando per il
waterboarding, Hegel, Buddha e Lars von Trier, senza tralasciare neppure
una rapida ma efficacissima disamina dell’“evento” pop Gangnam Style.
Perché per Žižek l’evento può essere la chiave per comprendere uno
spettro straordinariamente ampio di fenomeni delle nostre vite. Perfino
l’amore: la nascita di «qualcosa di nuovo in grado di sovvertire gli
schemi», un evento personalissimo e dirompente al di là di ogni causa e
fattore spiegabile.
La filosofia travolta dagli eventi
Ciò che esiste si basa su ragioni sufficienti o esistono cose che sorgono dal nulla? Stephen Hawking annuncia in modo trionfale che “la metafisica è morta” Dal
gossip alle rivolte in Egitto, dalla musica al cinema noir, da
Heidegger alle neuroscienze: Zizek si interroga sui nuovi fondamenti del
pensiero
di Slavoj Zizek Repubblica 13.10.14
«INI ndonesia uno tsunami ha ucciso più di 200mila persone!» «Britney
Spears è stata fotografata senza biancheria da un paparazzo!» «Il
brutale golpe dei militari ha dilaniato l’intera nazione!» «Il popolo ha
vinto! Il dittatore è fuggito!« «Come può esistere qualcosa di così
bello come l’ultima sonata per pianoforte di Beethoven?» Tutte queste
frasi si riferiscono a ciò che alcuni di noi considererebbero un evento:
una nozione ambigua con ben più di cinquanta sfumature. “Evento” può
essere infatti un disastro naturale devastante così come un gossip
scandaloso fresco di stampa, il trionfo di un popolo o un cambiamento
politico violento, l’intensa esperienza estetica di fronte a un’opera
d’arte. Considerate tutte queste variabili, c’è un solo modo per
risolvere il rompicapo: intraprendere il viaggio alla scoperta del
concetto di evento, partendo da una definizione approssimativa.
Istantanea di un delitto di Agatha Christie si apre nel bel mezzo di un
viaggio in treno dalla Scozia a Londra: mentre sta andando a fare visita
alla sua vecchia amica Jane Marple, Elspeth McGillicuddy vede
strangolare una donna nello scompartimento di un treno in transito.
Tutto accade molto velocemente e la sua visione è confusa, perciò la
polizia non prende sul serio il resoconto della donna; soltanto Miss
Marple le crede e inizia a investigare. Ecco un evento nella sua forma
minima e più pura: qualcosa di scioccante, fuori posto, che compare
all’improvviso e interrompe il flusso consueto degli avvenimenti;
qualcosa che sembra emergere dal nulla, senza cause discernibili.
C’è per definizione qualcosa di “miracoloso” in un evento, che si tratti
dei miracoli della nostra vita quotidiana o di sfere più elevate come
quella divina. La natura di evento del Cristianesimo nasce dal fatto che
essere cristiani ha come requisito la fede in un evento eccezionale, la
morte e resurrezione di Cristo. Ancora più fondamentale è forse la
relazione circolare tra la fede e le sue ragioni: non posso dire di aver
fede in Cristo perché convinto da una serie di ragioni per credere;
piuttosto, è solo quando credo che comprendo le ragioni della fede. È la
stessa circolarità che si ha nell’amore: non mi innamoro per ragioni
precise (le sue labbra, il suo sorriso…) ma è perché la amo già che le
sue labbra, o altre sue caratteristiche, mi attraggono. Ecco perché
anche l’amore ha il carattere dell’evento. È la manifestazione di una
struttura circolare nella quale l’effetto evenemenziale determina
retroattivamente le proprie cause o ragioni. Lo stesso vale per un
evento politico come il movimento di protesta di piazza Tahrir al Cairo,
che ha rovesciato il regime di Mubarak: agitazioni che si potrebbero
facilmente considerare il risultato di certi problemi specifici della
società egiziana (per esempio, la mancanza di prospettiva per giovani
istruiti ma senza lavoro), anche se in realtà nessuno di questi problemi
può realmente spiegare la sinergia che ha dato vita a ciò che è
accaduto.
Allo stesso modo è un evento anche la comparsa di una nuova forma
artistica. Facciamo l’esempio del cinema noir. Nelle sue dettagliate
analisi, Marc Vernet dimostra che tutte le principali caratteristiche
del cinema noir (il chiaroscuro; le inquadrature con inclinazioni
sghembe; l’universo paranoico del romanzo hard-boiled, nel quale la
corruzione è elevata al rango di cosmica caratteristica metafisica)
erano presenti già in precedenza nei film di Hollywood. Tuttavia,
l’enigma che rimane irrisolto è quello della misteriosa efficacia e
persistenza della nozione di noir: quanto più Vernet ha ragione sul
piano dei fatti e offre giustificazioni storiche, tanto più diventano
enigmatiche e difficili da spiegare la forza e la longevità di questa
nozione “illusoria” di noir: un’idea che ha popolato la nostra
immaginazione per decenni.
In prima approssimazione, perciò, un evento è definibile come l’effetto
che sembra eccedere le proprie cause. Lo spazio di un evento, invece, è
ciò che si apre nello iato che separa un effetto dalle sue cause. Anche
solo con questa definizione approssimativa ci ritroviamo nel cuore della
filosofia, poiché la causalità è uno dei problemi filosofici
fondamentali: tutte le cose sono connesse da legami causali? Tutto ciò
che esiste deve essere fondato su ragioni sufficienti? Oppure esistono
cose che in un certo senso sorgono dal nulla? E quindi: come può la
filosofia aiutarci a determinare che cosa sia e come sia possibile un
evento, che è proprio un avvenimento privo di ragioni sufficienti a suo
fondamento?
Fin dai suoi esordi la filosofia sembra oscillare tra due approcci:
quello trascendentale e quello ontologico o ontico. Il primo concerne la
struttura universale di come la realtà ci appare. Quali condizioni
devono realizzarsi affinché qualcosa sia da noi percepito come realmente
esistente? Una simile cornice che definisce le coordinate della realtà è
detta, nel linguaggio tecnico della filosofia, “trascendentale”. Per
esempio, è
l’approccio trascendentale a renderci coscienti del fatto che,
nell’ottica di un naturalista scientifico, esistono realmente soltanto
fenomeni materiali che si verificano nello spazio-tempo, regolati da
leggi naturali, mentre per la tradizione premoderna anche spiriti e
significati sono parte della realtà, e non solo nostre umane proiezioni.
L’approccio ontico riguarda la realtà in se stessa, nel suo emergere e
dispiegarsi: come si è originato l’universo? Ha un inizio e una fine?
Qual è il nostro posto in esso? Nel XX secolo, la distanza tra questi
due metodi di pensiero divenne estrema. L’approccio trascendentale
raggiunse il suo apogeo con Martin Heidegger, mentre quello ontologico
oggi è a quanto pare ostaggio delle scienze naturali: ci aspettiamo che
la risposta all’interrogativo sulle origini del nostro universo debba
venire dalla cosmologia quantistica, dalle neuroscienze e
dall’evoluzionismo. All’inizio del suo recente bestseller Il grande
disegno, Stephen Hawking annuncia in modo trionfale che «la filosofia è
morta»: alle questioni metafisiche come quella sull’origine
dell’universo si può ora dare una risposta, verificata empiricamente,
grazie alla scienza sperimentale.
Entrambi gli approcci culminano in una nozione di “Evento”: nel pensiero
di Heidegger l’Evento dello svelarsi dell’Essere, ovvero l’orizzonte di
senso che determina come percepiamo e ci relazioniamo alla realtà;
nell’approccio ontico il Big Bang (rottura di simmetria), ossia l’Evento
primordiale dal quale è emerso l’intero universo. Così, il nostro primo
tentativo di definire l’evento, come effetto che eccede le proprie
cause, ci riporta a una molteplicità contraddittoria: un evento è un
mutamento nel modo in cui la realtà ci appare o è una trasformazione
sconvolgente della realtà stessa? La filosofia riduce l’autonomia di un
evento o al contrario può spiegare quella stessa autonomia? Traduzione
di Edoardo Acotto
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