Comprendere la crisi della democrazia antica per comprendere la crisi della democrazia moderna
Davide Susanetti: Atene post-occidentale, Carocci
Risvolto Nell’era post-ideologica della globalizzazione – tra crisi dell’economia e nodi irrisolti della rappresentanza politica – molti spettri continuano ad aggirarsi ai margini e negli interstizi della cultura europea. Fantasmi e relitti di età recente depositati nell’archivio delle grandi narrazioni declinanti. Ma anche spettri di età più remota: voci, figure e storie che vengono dalla Grecia classica. Che cosa fanno intendere questi spettri antichi? Come possono essere consapevolmente evocati perché agiscano segnando l’apertura di un contro-tempo e di un controdiscorso nello scenario della crisi, perché producano una modificazione dello sguardo? Partecipazione politica, natura della legge, distribuzione della ricchezza, modelli educativi, conflitto tra generazioni, donne e soggetti alternativi, linguaggi della comunicazione e del potere, strategie del rapporto tra governanti e governati, costruzione di un centro condiviso in cui riconoscersi sono i temi che qui si intrecciano nel confronto con i testi e gli autori della cultura greca, da Solone a Tucidide, da Eschilo a Aristofane, da Eraclito a Platone. Dal desiderio della democrazia ai sentieri della sapienza iniziatica, la traiettoria dell’evocazione costringe a riflettere sui modi e sul senso di abitare la polis.
Democrazia greca e crisi dei modelli Davide Susanetti, "Atene post-occidentale" da Carocci. Il grecista di Padova ci provoca a una lettura militante delle storie antiche (Platone, Euripide, Aristofane), smontando certi stereotipi classicistici duri a morire: gli «spettri» di Atene si aggirano tra di noi
Carlo Franco, il Manifesto 12.10.2014
No, non è rassicurante la Grecia ripensata nel libro di Davide Susanetti Atene post-occidentale Spettri antichi per la democrazia contemporanea (Carocci, pp. 299, euro 20,00). Niente serenità olimpica, né ordinate simmetrie, e nemmeno primitive grandezze. Le storie antiche non sono lette qui come un pacato repositorio di modelli utili ad abbellire il discorso sull’oggi, ma piuttosto come l’espressione di conflitti radicali e distruttivi, esito di una patologia complessa, indagata con lucidità fermissima. Una patologia che investe la comunità della polis a ogni suo livello, dal governo al rapporto con il divino, dalla famiglia all’educazione. Ognuno di questi ambiti è indagato a partire dalle narrazioni antiche: talora è data la parola ai testi, più spesso la voce dell’autore interviene per analizzare, con una prosa incalzante e inquieta che dipana le complesse sfaccettature dei problemi. La mediazione dell’interprete moderno nell’incontro con gli antichi è necessaria: le storie di Omero, dei tragici, dei comici, di Platone, sono raggiungibili ormai solo attraverso una evocazione. Giacché i loro protagonisti sono degli spettri, spettri inquietanti e portatori di messaggi. Fin dalle prime pagine è dichiarata la difficoltà di questo, e di qualsiasi discorso sull’antico. Fermo è il rifiuto di ogni attualizzazione accattivante: a essa, ma anche ai modelli di studio propri della tradizione, viene contrapposto uno sguardo più sofferto e critico, vòlto a formare una «officina di canoni provvisori che divengono oggetti di una continua negoziazione di frontiera». Una lettura che presuppone la consapevolezza della soggettività, giacché interroga i testi «a partire da domande che sono evidentemente nostre», domande davvero «post-occidentali», giacché scaturite dalla crisi generale di senso della nostra civiltà, che dai greci discende. Ma ai classici non spetta di fornire le risposte, sì di dare espressione radicale alle nostre inquietudini. Il libro si apre con l’incontro tra Odisseo e le anime dei morti: una scena che appare «il modello di un rapporto con il passato», quasi l’immagine del lavoro del filologo: così Nietzsche in una pagina degli Appunti per Noi filologi (3.51), da Susanetti valorizzata anche in polemica con la casta presente degli antichisti. Di qui si apre la via di una «politica della memoria e dell’eredità culturale» che cerchi ancora di dialogare con i fantasmi, attraverso una «dispendiosa» ma necessaria «pratica sacrificale»: solo così l’antichità si rivela «singolarmente contemporanea e anacronisticamente famigliare». Il libro affronta una serie di nodi tematici, estratti da pagine spesso famose della letteratura greca, rivelate nella loro forza dirompente. Basterà qualche esempio. Nella parola seducente e abilissima di Pericle, riscritta da Tucidide, si coglie il segno di una politica trasformata in «esperienza erotica collettiva», nella quale il controllo esercitato dal leader può facilmente scivolare nell’inganno della lusinga demagogica, anticamera della sottomissione tirannica: ciò mostra che la democrazia può finire nelle mani di malfattori senza scrupoli, o di individui paradossali come Alcibiade. Il discorso bello dell’eguaglianza, dell’equilibrio, della redistribuzione, il discorso insomma della «democrazia» ateniese, rivela la propria fragilità strutturale, cela una natura conflittuale: sotto la superficie di pacificazione, sotto l’unanimità del «noi», si celano la minaccia della violenza, e la debolezza degli strumenti di difesa. Il disvelamento di queste faglie è affidato soprattutto alla parola scenica: le vicende delle tragedie, inscenate dalla città e per la città, mostrano una comunità soccombere ai propri inguaribili mali a cicli ricorrenti. Là si trova espressa in forma consapevole e rassegnata l’idea, già tematizzata dalla cultura arcaica, che il dolore è presenza ricorrente, se non costante, dell’esistenza umana: ma la cultura dei greci ha anche sempre mantenuto vivo «il desiderio della vita buona e la tensione all’eccellenza». Incoerente, certo, è stata la convivenza di queste visioni: ulteriormente complicata dal senso della precarietà umana, e quindi dall’ansia di conoscere il destino, nel tentativo, sempre frustrato, di prevenirlo. Tuttavia le storie dei «grandi», narrate dai poeti e dagli storici, sembrano ineluttabilmente confermare che «nessun sapere, nessuna saggezza, nessuna esperienza possono proteggere l’uomo dalla sventura, ed ogni tentativo di usare la storia – propria o altrui – come istruttivo paradigma è solo un ulteriore passo verso l’inevitabile catastrofe». Non si salva nemmeno l’ambito della famiglia: nell’universo della tragedia, «che fa da specchio problematico alla città storica della sedicente democrazia e dell’uguaglianza», anche il rapporto tra padri e figli degenera in un «grumo problematico», nel quale né essere simili ai padri (non sempre saggi come ci si aspetterebbe), né percorrere rispetto a loro strade alternative (che talvolta appaiono vere pazzie) è garanzia di una scelta saggia e sicura. Lo scontro tra generazioni diviene una sfida che interpella la comunità dei cittadini, nella sua dialettica fra trasmissione dei valori tradizionali ed esperimenti di novità. Giacché se il passato può risultare inadeguato ad affrontare il presente, tra le «novità» c’è anche la rivoluzione, la guerra civile, il conflitto che lacera il corpo della città, che pure il discorso pubblico democratico celebra come unito negli intenti e pacificato dalle tensioni. E basterebbero le storie di Edipo o di Antigone a mostrare come la stirpe possa essere distruttiva anche per la città che l’ospita. Perfino la commedia, con le sue burle strampalate, riflette largamente su questi temi, dipingendo con tono scherzoso un mondo nel quale «vecchi e giovani non hanno più nessun bene da trasmettersi». Lontano da ogni consolatorio «umanesimo», il teatro sembra dunque trasmettere l’immagine di un mondo moribondo e mefitico. Di qui la domanda, che già alcuni antichi più consapevoli si posero: come uscirne? La risposta di alcuni ambienti filosofici, e di Platone, sembra indicare come rimedio, non perfetto, la soggezione alla legge. Concetto non poco problematico anch’esso, viste le contraddizioni del rapporto tra legge e giustizia dimostrate dalla stessa vicenda di Socrate. Se non qui, la soluzione allora sta altrove: nell’utopia si potrà disegnare uno Stato nel quale i governanti saranno «schiavi delle leggi», a salvezza dalla rovina altrimenti certa dell’intera comunità. Tanto più che la crisi non è solo nei valori, ma chiaramente anche nelle condizioni materiali dei cittadini: nella Repubblica platonica la dispari distribuzione della ricchezza e l’insaziabile accumulo sono già chiaramente individuati come «una minaccia costante alla stabilità e alla giusta concordia». E ancora una volta, la democrazia appare inetta a trovare soluzioni adeguate. Lo mostrano, con il consueto grottesco rovesciamento, le utopie della commedia di Aristofane: né i folli progetti comunistici, né i sogni di ricchezza generale, una volta messa sotto controllo la potenza del denaro, hanno successo. In questi tentativi «ogni volta parziali e insoddisfacenti» sta peraltro un contributo di analisi: è «la dinamica economica il punto di partenza di un rinnovamento», oppure è «eliminando la tensione alla ricchezza che si pongono le premesse di una nuova convivenza»? Nemmeno dagli intellettuali, e dal mondo che oggi si chiamerebbe della «formazione», sembra poter venire una risposta sufficiente. Basta ripensare alle Nuvole di Aristofane: la commedia mette in scena dei (presunti) «cattivi maestri», e celebra la voglia di liberarsene per le vie spicce. Si crede così di rimediare alla malattia: ma il vero problema sono soprattutto gli adulti, incapaci di decidere dell’educazione dei figli e di assolvere il proprio ruolo. Si comprende sempre meglio la spinta a cercare vie completamente diverse, anche dure, per tentare di risolvere il problema. In attesa della «città bella» di Platone, la città reale continua intanto a confrontarsi con i suoi problemi: «dalla tragedia alla commedia, si rinnova il panorama di un presente disforico». Che risalta ancor meglio nell’incontro provocatorio con l’alterità. La barbara Medea o l’inquietante Dioniso, figure seduttive, inducono la comunità a sfide autodistruttive, e si rivelano alla fine «liquidatori di un’élite oscena», a Tebe e a Corinto. È questa apocalisse, estrema e scioccante, l’unica catarsi? E intorno a quale «nuovo patto» la città potrà ricomporsi? La proposta platonica per sottrarre la città al regno ammorbante della morte è che qualcuno sia forzato a uscire dalla caverna dell’inconsapevolezza, compiendo il cammino verso la verità e la bellezza, e poi ritorni a impegnarsi nella fatica della politica. Anche contro il desiderio dei suoi precedenti compagni di prigionia, ancora servi del proprio asservimento, egli dovrà tentare di svolgere la propria missione. Questa sfida, positiva seppure largamente destinata alla sconfitta, è ciò che, secondo il ripensamento di Davide Susanetti, Atene può proporre oggi alla nostra democrazia, certo non meno malata di quella antica. Interpellato dalle storie degli antichi, rilette in questo denso e pensoso libro, il lettore viene indotto a riflettere: a chiedersi a quali scelte egli sia personalmente chiamato. Quegli spettri antichi che minacciano la democrazia
Davide Susanetti nel suo ultimo saggio, "Atene post-occidentale",
analizza la decadenza degli studia humanitatis, l’indebolirsi del
rapporto continuo e diretto col mondo antico greco-latino sono sintomi
inequivocabili della crisi dell’OccidentePaolo Randazzo
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Bertolt Brecht, An die Nachgeborenen (1939)
Wirklich, ich lebe in finsteren Zeiten!/... Ach, wir/Die wir den Boden bereiten wollten für Freundlichkeit/Konnten selber nicht freundlich sein./Ihr aber, wenn es soweit sein wird/Dass der Mensch dem Menschen ein Helfer ist/Gedenkt unsrer/Mit Nachsicht.
La presentazione della nuova edizione nei Millenni Einaudi del I libro del Capitale a UniUrb
Presentazione del curatore Roberto Fineschi. Interventi di Fabio Frosini, Antonio Cantaro, Venanzio Raspa, Federico Losurdo, Emiliano Alessandroni, Sergio Domenico Scalzo, Antonio De Simone, Stefano G. Azzarà
Filosofia e arte come azione politica in Heidegger. Palermo, 13 novembre 2024
L'eredità di Lenin, intervento al convegno della Fondazione Basso, 23 novembre 2024
Intervento di Stefano G. Azzarà al convegno “Lenin, a cento anni dalla morte”, Fondazione Basso, Roma, 23 gennaio 2024.
Relatori: Jutta Scherrer, Luciano Canfora, Étienne Balibar, Rita Di Leo, Luciana Castellina, Giacomo Marramao, Stefano G. Azzarà.
La fine della democrazia moderna. Intervento al workshop della Fondazione Feltrinelli, 19/10/23
Adeus pós-modernismo: populismo e hegemonia na crise da democracia moderna
Se a primeira parte é dedicada à política imediata, as partes seguintes são, sobretudo, uma crítica filosófica e política do pós-modernismo. Elas nos fazem ver como o pós-modernismo em última análise tem favorecido o processo de desemancipação que está em curso seja ao nível nacional quanto internacional. (…) é urgente aprofundar a crítica do pós-modernismo – uma crítica que até agora encontrou escassa expressão, mas que se impõe seja de um ponto de vista filosófico seja de um ponto de vista político – e neste sentido estamos diante de um livro absolutamente precioso. Domenico Losurdo, na Introdução
Stefano G. Azzarà: Il virus dell'Occidente, Mimesis 2020
Disponibile in libreria e on line
Il revival del pensiero magico nel dibattito odierno: tra No Vax e Censis. Cagliari, 9 12 2021
La fine della "fine della storia": Festival Iconografie XXI, Milano, 25 settembre 2021
Una presentazione de "Il virus dell'Occidente" per Dialettica e Filosofia. Conduce E.M. Fabrizio
PREMIO LOSURDO 2021
Deadline domande di partecipazione: 6 settembre 2021
Premio internazionale "Domenico Losurdo"
Premiazione (28/1/2021): registrazione dei lavori
Gruppo di ricerca internazionale "Domenico Losurdo". A cura di S.G. Azzarà, P. Ercolani e E. Susca
La scuola di Pitagora editrice
LA COMUNE UMANITA'
Memoria di Hegel, critica del liberalismo e ricostruzione del materialismo storico in Domenico Losurdo. Una critica della storia del movimento liberale che chiama in causa i suoi maggiori teorici ma anche gli sviluppi e le scelte politiche concrete delle società e degli Stati che ad essi si sono ri - chiamati; un grande affresco comparatistico nel quale il confronto secolare tra il liberalismo, la corrente conservatrice e quella rivoluzionaria fa saltare gli steccati della tradizione storiografica e disvela il faticoso processo di costruzione della democrazia moderna; l'abbozzo di una teoria generale del conflitto che emerge dalla comprensione dialettica del rapporto tra istanze universalistiche e particolarismo; un'applicazione del metodo storico-materialistico che costituisce al tempo stesso un suo radicale rinnovamento, a partire dalla riconquista dell'equilibrio marxiano tra riconoscimento e critica della modernità: a un anno dall'improvvisa scomparsa, la prima ricostruzione complessiva del pensiero di Domenico Losurdo, uno dei maggiori autori contem - poranei di orientamento marxista e tra i filosofi italiani più tradotti e conosciuti nel mondo.
Heidegger, la guerra “metafisica” della Germania contro il bolscevismo e alcune poesie di Hölderlin
Gianni Vattimo e l'oltreuomo nietzscheano dalla rivoluzione del Sessantotto al riflusso neoliberale
Università di Bologna, via Zamboni 38, 30 maggio 2019 ore 11.00. Organizza: Prospettive Italiane
Domenico Losurdo tra filosofia, storia e politica
Urbino, Palazzo Albani, 12 e 13 giugno 2019
Comunisti, fascisti e questione nazionale. Germania 1923: fronte rossobruno o guerra d'egemonia?
In libreria e in e-book da Mimesis
Esistono ancora destra e sinistra? Preve e Losurdo, Torino 9/3/2019
E' on line il quinto numero di "Materialismo Storico" (2/2017)
Saggi di Cospito, Francioni, Frosini, Izzo, Santarone, Taureck e altri. Ancora un testo di André Tosel. Recensioni: Grasci e il populismo
S. G. Azzarà, A. Monchietto - Comunisti, fascisti e questione nazionale - parte 2, Torino 8/3/2019
S. G. Azzarà, A. Monchietto - Comunisti, fascisti e questione nazionale - parte 2, Torino 8/3/2019
Esistono ancora destra e sinistra? Il confronto tra Domenico Losurdo e Costanzo Preve
Nonostante Laclau. Populismo ed egemonia nella crisi della democrazia moderna
Mimesis 2017
A. Moeller van den Bruck: Tramonto dell'Occidente? Spengler contro Spengler
OAKS editrice
Stefano G. Azzarà: "L'Occidente scivola a destra"
Globalisti contro sovranisti: un'intervista a "Il bene comune"
Una presentazione di Democrazia Cercasi a Milano, 20 maggio 2016
Crisi della democrazia moderna, conflitto politico-sociale e ricomposizione
Intervista a Stefano G. Azzarà
Restaurazione e rivoluzione passiva postmoderna nel ciclo neoliberale
Stefano G. Azzarà: Heidegger ‘innocente’: un esorcismo della sinistra postmoderna. MicroMega 2/2015
Limitarsi a condannare l’antisemitismo di Heidegger cercando di salvare la sua filosofia è un tentativo disperato, perché l’antisemitismo dell’autore di "Essere e tempo" non ha una dimensione naturalistica, bensì culturale: per lui ‘giudaismo mondiale’ è anzitutto sinonimo di modernità, di umanesimo. La filosofia di Heidegger va rigettata non (solo) in quanto antisemita, ma (soprattutto) in quanto intrinsecamente reazionaria
Democrazia Cercasi: una critica del postmodernismo. Società di studi politici, Napoli, 24 2 2015
Sul Foglio una recensione del libro su Moeller-Nietzsche
Friedrich Nietzsche dal radicalismo aristocratico alla Rivoluzione conservatrice, Castelvecchi
Democrazia Cercasi. Dalla caduta del Muro a Renzi: sconfitta e mutazione della sinistra, bonapartismo postmoderno e impotenza della filosofia in Italia, Imprimatur
S.G. Azzarà: "La sinistra postmoderna, il neoliberismo e la fine della democrazia"
Un estratto da "Democrazia Cercasi" su MicroMega / Il rasoio di Occam
S.G. Azzarà: Friedrich Nietzsche dal radicalismo aristocratico alla Rivoluzione conservatrice
Quattro saggi di Arthur Moeller van den Bruck, CastelvecchiEditore. In libreria e in e-book
Nietzsche profeta e artista decadente? Oppure filosofo-guerriero del darwinismo pangermanista? O forse teorico di un socialismo "spirituale" che fonde in un solo fronte destra e sinistra e prepara la rivincita della Germania? Nella lettura di Arthur Moeller van den Bruck la genesi della Rivoluzione conservatrice e uno sguardo sul destino dell'Europa.
È la stessa cosa leggere Nietzsche quando è ancora vivo il ricordo della Comune di Parigi e i socialisti avanzano dappertutto minacciosi e leggerlo qualche anno dopo, quando la lotta di classe interna cede il passo al conflitto tra la Germania e le grandi potenze continentali? Ed è la stessa cosa leggerlo dopo la Prima guerra mondiale, quando una sconfitta disastrosa e la fine della monarchia hanno mostrato quanto fosse fragile l’unità del popolo tedesco? Arthur Moeller van den Bruck è il padre della Rivoluzione conservatrice e ha anticipato autori come Spengler, Heidegger e Jünger. Nel suo sguardo, il Nietzsche artista e profeta che tramonta assieme all’Ottocento rinasce alla svolta del secolo nei panni del filosofo-guerriero di una nuova Germania darwinista; per poi, agli esordi della Repubblica di Weimar, diventare l’improbabile teorico di un socialismo spirituale che deve integrare la classe operaia e preparare la rivincita, futuro cavallo di battaglia del nazismo. Tre diverse letture di Nietzsche emergono da tre diversi momenti della storia europea. E sollecitano un salto evolutivo del liberalismo conservatore: dalla reazione aristocratica tardo-ottocentesca contro la democrazia sino alla Rivoluzione conservatrice, con la sua pretesa di fondere destra e sinistra e di padroneggiare in chiave reazionaria la modernità e le masse, il progresso e la tecnica.
In appendice la prima traduzione italiana dei quattro saggi di Arthur Moeller van den Bruck su Nietzsche.
La recensione di Damiano Palano a "Democrazia Cercasi"
Heidegger il cambiavalute dell'essere
Intervento al convegno di Urbino "I poveri, la povertà", 4 dicembre 2014
S.G. Azzarà, Democrazia cercasi, Imprimatur Editore, pp. 363, euro 16: in libreria e in e-book
www.democraziacercasi.blogspot.it Possiamo ancora parlare di democrazia in Italia? Mutamenti imponenti hanno svuotato gli strumenti della partecipazione popolare, favorendo una forma neobonapartistica e ipermediatica di potere carismatico e spingendo molti cittadini nel limbo dell’astensionismo o nell’imbuto di una protesta rabbiosa e inefficace. Al tempo stesso, in nome dell’emergenza economica permanente e della governabilità, gli spazi di riflessione pubblica e confronto sono stati sacrificati al primato di un decisionismo improvvisato. Dietro questi cambiamenti c’è però un più corposo processo materiale che dalla fine degli anni Settanta ha minato le fondamenta stesse della democrazia: il riequilibrio dei rapporti di forza tra le classi sociali, che nel dopoguerra aveva consentito la costruzione del Welfare, ha lasciato il campo ad una riscossa dei ceti proprietari che nel nostro paese come in tutto l’Occidente ha portato ad una redistribuzione verso l’alto della ricchezza nazionale, alla frantumazione e precarizzione del lavoro, allo smantellamento dei diritti economici e sociali dei più deboli. Intanto, nell’alveo del neoliberalismo trionfante, si diffondeva un clima culturale dai tratti marcatamente individualistici e competitivi. Mentre dalle arti figurative alla filosofia, dalla storia alle scienze umane, il postmodernismo dilagava, delegittimando i fondamenti e i valori della modernità – la ragione, l’eguaglianza, la trasformazione del reale… - e rendendo impraticabile ogni progetto di emancipazione consapevole, collettiva e organizzata. É stata la sinistra, e non Berlusconi, il principale agente responsabile di questa devastazione. Schiantata dalla caduta del Muro di Berlino assieme alle classi popolari, non è riuscita a rinnovarsi salvaguardando i propri ideali e si è fatta sempre più simile alla destra, assorbendone programmi e stile di governo fino a sostituirsi oggi integralmente ad essa. Per ricostruire una sinistra autentica, per riconquistare la democrazia e ripristinare le condizioni di una vasta mediazione sociale, dovremo smettere di limitare il nostro orizzonte concettuale alla mera riduzione del danno e riscoprire il conflitto. Nata per formalizzare la lotta di classe, infatti, senza questa lotta la democrazia muore.
Emiliano Alessandroni: Ideologia e strutture letterarie, Aracne Editrice
Che cos'è esattamente il bello? È possibile procedere ad una sua decodificazione? Che significato racchiude il termine ideologia? E quale rapporto intrattiene con la letteratura, ovvero con le sue strutture? Come giudicare il valore di un'opera? A questi come ad altri quesiti questo libro intende fornire una risposta, contrastando, con la forza del ragionamento e il supporto dell'analisi testuale, quegli assunti diffusi (“il bello è soltanto soggettivo!”) e quelle opinioni consolidate (“tutto è ideologia!” o “le ideologie sono morte!”) che finiscono per disorientare chiunque si trovi, per via diretta o indiretta, a confrontarsi con tali problematiche. Un saggio di ampio respiro tra filosofia, storia, critica letteraria e teoria della letteratura.
Stefano G. Azzarà: Ermeneutica, "Nuovo Realismo" e trasformazione della realtà
Una radicalizzazione incompiuta per la filosofia italiana - Rivista di Estetica, 1/2013
Due giornate di seminario su Ernesto Laclau a Urbino. 21 novembre
Stefano G. Azzarà: L'humanité commune, éditions Delga, Paris
Une critique anticonformiste de l’histoire du mouvement libéral qui remet en cause ses théoriciens principaux ainsi que les développements et les choix politiques concrets des sociétés et des États qui s’en réclament ; une grande fresque comparative, où la mise en confrontation entre le libéralisme, le courant conservateur et le courant révolutionnaire au cours des siècles, fait sauter les barrières de la tradition historiographique et dévoile le difficile processus de construction de la démocratie moderne ; l’essai d’une théorie générale du conflit qui part de la compréhension philosophique, dialectique, du rapport entre instances universelles et particularisme ; mais aussi, une application radicalement renouvelée de la méthode matérialiste historique à travers la revendication de l’équilibre entre reconnaissance et critique de la modernité. Ce sont là les idées directrices du parcours de recherche de Domenico Losurdo, l’un des principaux auteurs italiens contemporains d’orientation marxiste, déjà connu en France à travers des ouvrages comme Heidegger et l’idéologie de la guerre (PUF 1998), Démocratie ou bonapartisme (Le Temps des Cerises 2003), Antonio Gramsci, du libéralisme au « communisme critique » (Syllepse 2006) et Fuir l’histoire ? (Delga – Le Temps des Cerises 2007).
Seconda edizione 2013
Stefano G. Azzarà: Un Nietzsche italiano. Gianni Vattimo e le avventure dell'oltreuomo rivoluzionario, manifestolibri, Roma 2011
In libreria
Stefano G. Azzarà: L'imperialismo dei diritti universali. Arthur Moeller van den Bruck, la Rivoluzione conservatrice e il destino dell'Europa, con la prima traduzione italiana de "Il diritto dei popoli giovani", di A. Moeller van den Bruck, La Città del Sole, Napoli 2011
Dialettica, storia e conflitto. Il proprio tempo appreso nel pensiero
Presentazione della Festschrift in onore di Domenico Losurdo - VII Congresso della Internationale Gesellschaft Hegel-Marx, Urbino, 18-20 novembre 2011
Stefano G. Azzarà: Settling Accounts with Liberalism
Historical Materialism 19.2
L'intervento di Stefano G. Azzarà al convegno di Urbino sul comunismo
Socialismo nazionale,integrazione delle masse e guerra nella Rivoluzione conservatrice
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