domenica 12 ottobre 2014

L'ideologia politica della destra italiana del dopoguerra nella ricostruzione di Francesco Germinario


Non riesco a capire cosa intenda Carioti; bisogna leggere il libro e chiedere a Francesco [SGA].

Francesco Germinario: Tradizione Mito Storia. La cultura politica della destra radicale e i suoi teorici, Carocci, pp. 214, € 18

Risvolto
In che cosa il radicalismo di destra si è differenziato dai suoi universi ideologici di riferimento, il nazismo e il fascismo? Lungo quali percorsi vi si è collegato? Come ha inteso affrontare il nodo della detestata modernità borghese liberale? Quale rapporto ha instaurato con i pensatori che riteneva più affini, da Spengler a Nietzsche? Il volume intende ricostruire la fisionomia della destra radicale soffermandosi sui suoi teorici più importanti, da Julius Evola a Franco G. Freda e Giorgio Locchi: un'operazione storica necessaria per un'area politica di cui a lungo si è parlato solo in contesti giornalistici e in occasione di vicende di cronaca. 

Conversione al revisionismo
Carioti La Lettura © RIPRODUZIONE RISERVATA

Francesco Germinario, attento studioso dell’antisemitismo e dell’estrema destra, ha appena pubblicato il saggio Tradizione Mito Storia (Carocci, pp. 214, € 18), nel quale analizza il pensiero di autori collocati su posizioni molto radicali come Julius Evola, Franco Freda e Giorgio Locchi. Ma a colpire è soprattutto l’introduzione del libro, nella quale Germinario coglie alcuni significativi punti comuni tra «i progetti rivoluzionari di destra e sinistra nel Novecento», in particolare «la convinzione che il legame sociale assicurato dalla società borghese liberale fosse inconsistente o molto debole». Analoga gli pare anche l’intolleranza di cui davano prova gli ideologi di entrambe le tendenze nel respingere «le mediazioni o i compromessi» con le altre culture, bollate «come narrazioni menzognere». Eppure anni fa, nel saggio Da Salò al governo (Bollati Boringhieri, 2005), il medesimo Germinario attaccava con notevole asprezza gli studiosi che osavano esprimere «una simultanea condanna di comunismo e fascismo, giudicati la morsa che in Italia aveva bloccato una linea di sviluppo liberale». Si ha la sconcertante impressione che il Germinario di oggi cominci ad assomigliare un pochino ai frequentatori dell’aborrito «salotto del revisionismo» preso di mira dalle furenti bordate del Germinario di ieri. Ma in fondo sullo sconcerto prevale il sollievo: tra i due volti dello stesso autore, l’attuale è di gran lunga preferibile al precedente.

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