Sia chiaro che la costruenda convergenza tra Sinistra & Aperitivo, Pippa Civati e frattaglie di sinistra radicale in nome di un nuovo e futuribile centrosinistra non è affatto in alternativa all'entrismo di Pigliore; semmai, ne è la copertura. Questo percorso ci farebbe perdere altri 20 anni a discutere se il brodo si serve ai padroni da destra o da sinistra. Il futuro - un futuro politico lontano, sia chiaro, perché per lungo tempo arriveranno solo bastonate - sta altrove, ovvero nella capacità di costruire una posizione autonoma dallo schema maggioritario.
Un'altra considerazione. Anche questo episodio si chiama esercizio dell'egemonia. E' inutile guardare solo alla pochezza umana delle persone e denunciarla. Che qui abbiamo a che fare con degli ominicchi, è evidente; ma dirlo serve a sfogarci - il che non fa certo male - e non ci fa fare un passo avanti. Dobbiamo invece capire che quanto sta accadendo chiama in causa anche la pochezza politica delle organizzazioni attuali della sinistra, così permeabili dal trasformismo perché esse stesse coinvolte in un processo di lotta di classe e travolte dal processo di degenerazione complessivo della sfera politica nazionale. In fondo costoro sono stati eletti a capo delle giovanili di due partiti che si definiscono comunisti, e sono stati eletti attraverso una selezione interna, secondo regole precise che formalmente sono state rispettate.
Tutto questo, allora, parla anzitutto di noi: conferma anzitutto la nostra fragilità e la nostra subalternità. Il deficit nella linea politica e nella cultura politica si riflette anche nella formazione e selezione dei quadri: se educhi Migliore a pane e centrosinistra, se non riesci a concepire un orizzonte diverso da quello delle alleanze al ribasso, non è strano che alla fine proprio in nome del centrosinistra costoro vadano nel PD. In fondo sono coerenti con quanto gli è stato insegnato sin da piccoli [SGA].
L'ex di Sel spiega la sua scelta di passare con Renzi
Corriere 27.10.14
Migliore: «L’era delle coalizioni è finita. La sinistra di governo è il Pd»
Dopo l’uscita da Sel, nel giugno scorso, l’iscrizione del Pd della pattuglia di Led (Libertà e democrazia, dieci deputati fino a ieri seduti nel gruppo misto) era nell’aria. Domenica, riuniti in assemblea a Roma, hanno applaudito con trasporto l’invito a tesserarsi del presidente Orfini. Poi lunedì, nella direzione Pd, è arrivato l’annuncio di Renzi: un partito a vocazione maggioritaria aperto a sinistra e a destra, «da Gennaro Migliore a Andrea Romano», ex montiano. Alla fine solo Claudio Fava ha detto no.
Gennaro Migliore
Il fuoriuscito di Sel che ha preferito Firenze “A San Giovanni potrei starci anche io ma in questa fase era giusto andare da Matteo”di Tommaso Ciriaco Repubblica 25.10.14
ROMA In linea d’aria piazza San Giovanni dista 231 chilometri dalla ex stazione Leopolda. Politicamente, molto di più. Gennaro Migliore, un passato tra Prc e Sel, un presente nel Pd, ha scelto la kermesse renziana. «Sì — risponde al telefono — sono a Firenze. Ma lascerei da parte visioni manichee, eviterei la contrapposizione. Semplicemente, ho già organizzato la “Fonderia delle idee” e lavoro per la moltiplicazione del dibattito politico» La provoco: preferisce Renzi alla piazza romana. La “sua” piazza, fino a ieri.
«Non mi provoca, perché per me quella piazza deve avere il massimo successo. Come Led abbiamo aderito, siamo convinti della necessità del dialogo con le ragioni dei lavoratori. È indispensabile nella dialettica democratica del Paese».
Resta la scelta: in queste ore lei è alla Leopolda.
«Io in quella piazza ci potrei stare, è possibile che ci stia prossimamente. In questa fase così delicata di transizione, di passaggio, era giusto essere qui alla Leopolda».
A Roma ci sarà la minoranza del Pd. Contro il premier.
«Per discrezione non entro in una dialettica stratificata nei mesi e negli anni, che precede il mio approdo nel Pd».
Per Renzi la protesta è sindacale, ma anche politica.
«Molto dipenderà dagli organizzatori. Una piazza sindacale è dei lavoratori e, come tale, è una ricchezza».
La piattaforma è molto dura con Palazzo Chigi.
«Credo sia giusto fare di tutto per ascoltare fino in fondo queste obiezioni, anche le più critiche, e poi decidere di procedere con le riforme. Per migliorare una delega troppo generica molto dipenderà dall’azione del Parlamento. Sull’articolo 18 il documento della direzione del Pd è importante. Le forze politiche e sociali si parlino, senza però rientrare nella dimensione concertativa ».
In piazza ci sarà Sel. Da loro ha ricevuto molte critiche.
«Si parli invece del merito e dei problemi del Paese. Io non polemizzo con gli ex compagni, comunque compagni di sinistra e della mia vita. Ma sui social ho ricevuto attacchi senza motivazioni, ridicoli. C’è chi mi augura addirittura la morte. Chi mi paragona a Razzi e Scilopoti? Una stronzata, una cosa vergognosa».
Sulla via del Pd La sinistra Migliore dei convertiti
di Sandra Amurri il Fatto 28.10.14
Matteo Renzi: “Il Pd è un partito a vocazione maggioritaria, inclusivo, aperto a sinistra e a destra”. Come resistere a un tale richiamo?, deve aver pensato l'ex capogruppo alla Camera di Sel, Gennaro Migliore.
Lasciato il partito di Nichi Vendola a giugno scorso per aderire, assieme ad altri dieci parlamentari a Led, che non sta per lampade a risparmio energetico bensì per Libertà e Diritti, eccolo immortalato con la tessera Pd al Circolo di Trastevere, Roma. Seguito da tutti i fuoriusciti da Sel a eccezione di Claudio Fava, Michele Ragosta, Fabio Lavagno, Alessandro Zan e Nazareno Pilozzi. Ferdinando Aiello, Titti Di Salvo, l'ex tesoriere Sergio Boccadutri che ha lasciato Rifondazione comunista con Vendola per fondare Sel e che di Renzi twittava: “è contro la trasparenza... Renzi si scaglia contro le larghe intese, o dice basta governo Letta oppure la smetta di prenderci in giro”.
GENNARO MIGLIORE è lo stesso che definiva Renzi “un liberista fuori tempo. La retorica della rottamazione, parola densa di cupi significati, che allude a ferrivecchi e sfasciacarrozze, a modelli nuovi e venditori brillanti, è valida solo per chiamare con altro nome una squallida lotta per il potere”. E ancora “Renzi è entrato nel Pd dopo una carriera da seminarista della politica e poi si è presentato con le corone d'aglio e gli amuleti raccontando che bisognava scacciare dal partito i vecchi cardinali”. Uno che “chiama in soccorso l'immaginetta di Tony Blair che è stato il simbolo del cinismo al potere, dell'irrilevanza sistematica della buona fede”.
Chissà se nell'ascoltare il finanziere Davide Serra annunciare alla Leopolda il tesseramento al Pd mentre tuonava contro il diritto di sciopero ha avuto un sussulto di memoria ripensando al Gennaro Migliore prima maniera che definiva la finanza “onnivora” contro “l'economia reale”. E spiegava: “Non tifo Renzi, anzi, è il candidato Pd più lontano dalla mia cultura politica”. Al suo esordio alla Leopolda 5 dal palco ha detto: “Qui ho trovato la parola benvenuto”. Perdendo la parola “coerenza”.
L'ALTRA NEW ENTRY nel Pd della Leopolda, l'ex capogruppo di Scelta Civica, Andrea Romano, ha citato “Penso Positivo di Jovannotti: ”da Che Guevara a Madre Teresa, beh, lui, (sottinteso Migliore) potrebbe essere Che Guevara e io Madre Teresa”. Forte delusione per chi si aspettava di vedere proiettate in contemporanea le immagini del Che e di Madre Teresa che si rivoltavano nella tomba.
Sicuramente a qualcuno, a proposito di una sempre più accreditata candidatura di Migliore a sindaco di Napoli, sarà tornata in mente l'opera di Karl Marx Miseria della Filosofia: “Venne infine il tempo in cui ciò che gli uomini avevano considerato inalienabile divenne oggetto di scambio di traffico... il tempo in cui quelle stesse cose che sino ad allora erano state cimentate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate-virtù, amore, opinione, scienza, coscienza ecc.. tutto divenne commercio. È il tempo della venialità universale in cui ogni realtà morale e fisica divenuta valore venale viene portata al mercato per essere apprezzata al suo giusto valore”.
STA DI FATTO che con l'ingresso di due “compagni” di tale stoffa come Gennaro Migliore (“Mi sono iscritto a un partito della sinistra moderna. Le opinioni diverse non mi preoccupano, e il gioco del ‘con chi stai’ è da partiti ideologizzati. Per me il Pd è oggi l’unico di una sinistra di governo capace di far vivere le nostre idee”) e Sergio Boccadutri d’ora in poi dubitare della matrice di sinistra del Pd renziano, sarà vietato a meno che, davvero non si appartenga a quei rapaci notturni della famiglia degli Strigidi, chiamasi: gufi.
La Storia val bene una fase (paracula)
L’ex Sel Migliore: “In questa ‘fase’ delicata, giusto essere alla Leopolda” Difficile ammettere di essere saliti sul carro del vincitore di Daniela Ranieri il Fatto 28.10.14
Se è vero che il diavolo si nasconde nei dettagli, vale la pena dare un’occhiata alla frase con cui Gennaro Migliore, ex Rifondazione e ex Sel, ha motivato la scelta di disertare la manifestazione della Cgil per andare alla Leopolda: “Io in quella piazza ci potrei stare, è possibile che ci stia prossimamente. In questa fase così delicata di transizione, di passaggio, era giusto essere qui alla Leopolda”.
Capito? Lui nemmeno ci voleva andare, fosse stato per lui sarebbe andato in piazza, dove peraltro può benissimo andare un altro giorno, ma “questa fase” gli ha imposto di andare alla festa di Matteo. Del resto, le transizioni sono spesso delicate e dolorose, come spiegò Daniele Luttazzi illustrando le tre fasi dell’ultimo ventennio: pressione; accesso doloroso; sottomissione volontaria, culmine di ogni manovra di sfondamento. E se B. ci ha fatto provare le gioie della rinuncia a ogni resistenza, ora è Renzi, col suo governo 2.0, a introdurci nella quarta fase, e viceversa a introdurre la quarta fase in noi: quella della complicità. Migliore ha solo capito che la fase impone di assecondare l’introduzione con solerzia, scattando selfie.
Versione 2.0 dello Zeitgeist, la fase ha la Storia dalla sua parte. Migliore, come Hegel alla finestra, ha visto passare Matteo in Smart e ha rinvenuto in lui lo spirito del mondo. Fa niente se c’è stata anche una fase, nel 2012, in cui pensava dunque twittava che su mafia e sud “Renzi rimane agli stereotipi protoleghisti”, e “conciona su futuro e genericità assortite”. Quella era una fase necessaria al precisarsi dell’obiettivo. Già a giugno, uscendo da Sel, fasizzava: “Chi non ha capito che questa è una fase in cui il governo non può essere una sorta di anatema e che bisogna confrontarsi laicamente, commette un gravissimo errore”, e “la fase di trasformazione va affrontata con la capacità di starci dentro per dare un contributo”. L’inquestafasismo non l’ha certo inventato Migliore. La storia della Repubblica parte con Togliatti che arretra sull’art. 7 in nome della “pace religiosa”, e prosegue con Berlinguer che motiva il compromesso storico con la fase determinata dal golpe cileno. Ma dal Migliore a Migliore la parabola è stata ri pida, disseminata di un’infiorata di fasisti, frattaglie parlamentari che mettendosi di traverso o di dritto hanno affossato governi o sostenuto accrocchi, dandoci a intendere che dietro il loro funambolismo ci fosse un disegno, la coscienza di un telos, di un obiettivo messianico di inesorabile progresso.
E se alle fasi di quella masnada del Pdl siamo abituati (d’altronde, la loro reputazione consiste nel non averne), il fasismo di centro-sinistra (dove il trattino è a sua volta una fase) è stato qualcosa di più sottile dell’opportunismo da due lire, si fa per dire, dei De Gregorio, Scilipoti, Razzi.
D’Alema ha usato le fasi per sdoganare tatticismi e crostate, insieme alla tagliola logica del benaltrismo che scalza le priorità a favore di una classifica più conveniente. Tre anni fa ancora diceva: “La riforma della Giustizia non è fra le priorità del Paese in questa fase, che sono disoccupazione e Mezzogiorno”.
E al capezzale del governo Prodi, spingendo sulla “vocazione maggioritaria” Veltroni cercava l’intonazione: “Penso che, soprattutto in questa fase, l'Italia abbia bisogno di un tono di voce volto a costruire e non a distruggere, a dialogare e non a litigare”. Il tono di voce era sbagliato: quello giusto lo ha trovato Renzi, portandoci nella fase del Patto del Na zareno.
OGGI I FIGLI minori della politica scimmiottano una lungimiranza da statisti per andare alla festa del mejo fico del bigoncio, rifilando l’inquestafasismo paraculo a chi li vota(va) invece di ammettere di essere volati in soccorso del vincitore. Lo sanno bene Fassino, Moretti, Orlando, Franceschini, Picierno: i primi sono i primi e la Storia dimentica i vinti. La fase risucchia ogni remora e incoraggia un bullismo da scuola media (Ah-ah! Pier Luigi ha preso il 25%! Rosy
non sa usare l’iPhone!); del resto è iniziata con un do loroso passaggio ai danni di Letta, a opera di uno che ora governa con voti non suoi. Renzi ha sfondato il cavallo di Troia da cui voleva muovere all’assalto del partito e del potere (degli altri) e col legno ci ha fatto le assi della Leopolda.
A CALCARLE, oltre a Migliore, la meglio gioventù mischiata al capitalismo più smart e a una neo-classe politica la cui ideologia di ri ferimento è la filosofia Apple, prototipo della start-up che diventa padrona del lavoro e delle sinapsi del mondo. Gente che ha capito che il posto fisso, il proprio, in questa fase non si tutela andando in piazza a reclamarlo con Landini e Camusso, ma proprio alla Leopolda, da dove Renzi ci sputa sopra in nome del futuro.
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