mercoledì 22 ottobre 2014

Un infame politico 2.0


Migliore in realtà era già iscritto al PD quando era capogruppo di Rifondazione Comunista.
Sia chiaro che la costruenda convergenza tra Sinistra & Aperitivo, Pippa Civati e frattaglie di sinistra radicale in nome di un nuovo e futuribile centrosinistra non è affatto in alternativa all'entrismo di Pigliore; semmai, ne è la copertura. Questo percorso ci farebbe perdere altri 20 anni a discutere se il brodo si serve ai padroni da destra o da sinistra. Il futuro - un futuro politico lontano, sia chiaro, perché per lungo tempo arriveranno solo bastonate - sta altrove, ovvero nella capacità di costruire una posizione autonoma dallo schema maggioritario.
Un'altra considerazione. Anche questo episodio si chiama esercizio dell'egemonia. E' inutile guardare solo alla pochezza umana delle persone e denunciarla. Che qui abbiamo a che fare con degli ominicchi, è evidente; ma dirlo serve a sfogarci - il che non fa certo male - e non ci fa fare un passo avanti. Dobbiamo invece capire che quanto sta accadendo chiama in causa anche la pochezza politica delle organizzazioni attuali della sinistra, così permeabili dal trasformismo perché esse stesse coinvolte in un processo di lotta di classe e travolte dal processo di degenerazione complessivo della sfera politica nazionale. In fondo costoro sono stati eletti a capo delle giovanili di due partiti che si definiscono comunisti, e sono stati eletti attraverso una selezione interna, secondo regole precise che formalmente sono state rispettate.
Tutto questo, allora, parla anzitutto di noi: conferma anzitutto la nostra fragilità e la nostra subalternità. Il deficit nella linea politica e nella cultura politica si riflette anche nella formazione e selezione dei quadri: se educhi Migliore a pane e centrosinistra, se non riesci a concepire un orizzonte diverso da quello delle alleanze al ribasso, non è strano che alla fine proprio in nome del centrosinistra costoro vadano nel PD. In fondo sono coerenti con quanto gli è stato insegnato sin da piccoli [SGA].

Migliore, la sinistra e il ragù della mamma: «C’è chi pensa che sia l’unico»
L'ex di Sel spiega la sua scelta di passare con Renzi
Corriere 27.10.14

L’annuncio di Migliore: “Mi iscrivo al Pd”Il gruppo Libertà e Democrazia dei transfughi Sel confluirà nel Partito Democratico. Andrea Romano lascia Scelta Civica per il Gruppo Misto, ma guarda già ai dem
La Stampa 22.10.14

Prove tecniche di alleanza fra Sel e sinistra Pd
di Antonio Pitoni Repubblica 22.10.14

Il paradosso, in politica, è sempre in agguato. E così, mentre Matteo Renzi si augura che il Pd possa diventare un partito «in grado di contenere realtà diverse» riconoscendo «diritto di cittadinanza piena» a figure come quella di Gennaro Migliore (Led), può capitare anche che, nello stesso Partito democratico, non manchi chi finisca per riconoscersi, sostenendole, proprio nelle battaglie di Sinistra ecologia e libertà da cui anche Migliore proviene. 

L’occasione è una proposta di legge dei vendoliani in materia di «contrasto alla delocalizzazione» delle aziende italiane. Che oltre a quelle dei deputati del gruppo Sel, può già contare alla Camera sulle firme di un gruppo di colleghi della sinistra Pd. «L’hanno sottoscritta Pippo Civati, Stefano Fassina, Michela Marzano, Luca Pastorino Marco Marchetti e Luciano Agostini – conferma Lara Ricciatti, prima firmataria della proposta –. Del resto, è una risposta di buon senso al nodo delle delocalizzazioni, figlio delle mancanze della politica industriale». 
E mentre le sirene renziane spalancavano a Migliore le porte dei democratici, anche da Led, nato da una scissione interna a Sel, non sono mancate le adesioni. «Anche Claudio Fava, Titti Di Salvo e Martina Nardi hanno firmato», rivela ancora la Ricciatti. 
Prove tecniche di opposizione trasversale? «A me pare, più che altro, un suggerimento (la proposta di Sel, ndr) utilissimo su cui dovrebbe convergere tutto il Parlamento – chiarisce Civati –. Vedo che si è acceso un “Led”, magari potrebbe dare un contributo anche la Lega prendendo atto, invece di prendersela con i disperati delle carrette del mare, che l’esproprio dell’italianità ha ragioni ben diverse».
Ma cosa prevede la proposta di Sel? Una misura su tutte: la decadenza dal beneficio e l’obbligo di restituzione dei contributi pubblici in conto capitale ricevuti per tutte le imprese che, entro tre anni dalla concessione dei finanziamenti, decidessero di delocalizzare non solo in uno Stato extra Ue (come prevedeva la legge di stabilità dell’anno scorso) ma anche in un Paese dell’Unione Europea. Le adesioni sono ancora aperte.


Migliore: «L’era delle coalizioni è finita. La sinistra di governo è il Pd»

Dopo l’uscita da Sel, nel giu­gno scorso, l’iscrizione del Pd della pat­tu­glia di Led (Libertà e demo­cra­zia, dieci depu­tati fino a ieri seduti nel gruppo misto) era nell’aria. Dome­nica, riu­niti in assem­blea a Roma, hanno applau­dito con tra­sporto l’invito a tes­se­rarsi del pre­si­dente Orfini. Poi lunedì, nella dire­zione Pd, è arri­vato l’annuncio di Renzi: un par­tito a voca­zione mag­gio­ri­ta­ria aperto a sini­stra e a destra, «da Gen­naro Migliore a Andrea Romano», ex mon­tiano. Alla fine solo Clau­dio Fava ha detto no.
Migliore, si iscrive al par­tito in cui tor­nerà il giu­sla­vo­ri­sta Ichino, di cui lei ha fin qui com­bat­tuto le posizioni?
Mi iscrivo a un par­tito della sini­stra moderna. Le opi­nioni diverse non mi pre­oc­cu­pano, e il gioco del ’con chi stai’ è da par­titi ideo­lo­giz­zati. Per me il Pd è lo spa­zio per un’azione poli­tica, oggi l’unico di una sini­stra di governo capace di far vivere le nostre idee. Sono stato nella stessa coa­li­zione di governo con per­sone più a destra di Ichino. Ma le coa­li­zioni elet­to­rali sono supe­rate, oggi serve il plu­ra­li­smo in un solo partito.
Sta descri­vendo un Pd ’spa­zio poli­tico’, pro­prio quello che teme Bersani?
Ho ragio­nato per mesi in Sel sull’idea di campo demo­cra­tico, campo largo. Lo hanno fatto Gof­fredo Bet­tini e Mat­teo Orfini pro­prio sul mani­fe­sto. Il Pd è nato come som­ma­to­ria di forze pre­e­si­stenti. Oggi c’è l’occasione di rilan­ciare un par­tito inte­gral­mente capace di assu­mere demo­cra­zia e par­te­ci­pa­zione come stru­menti di trasformazione.
Le piace il ’par­tito della nazione’?
La defi­ni­zione è di Alfredo Rei­chlin, che non è un uomo di destra, e attiene alla voca­zione nazio­nale. Ma io penso a un par­tito sal­da­mente col­lo­cato nel socia­li­smo euro­peo. Approdo cui il Pd è arri­vato con Renzi.
Come si col­loca Led nella varie­gata geo­gra­fia del Pd?
Non siamo una cor­rente, siamo un’associazione, un luogo di pro­po­sta poli­tica e cul­tu­rale aperto anche a chi non ade­ri­sce al Pd.
L’ex mini­stro Sac­coni, coau­tore del jobs act, diventa suo alleato di governo.
Nel jobs act ci sono cose che vanno pre­ci­sate. La discus­sione che si è fatta nel Pd, con un inter­vento signi­fi­ca­tivo della sini­stra, ha pro­dotto un miglio­ra­mento sull’art.18.
Di cui non c’è trac­cia nella legge delega.
L’eccesso di delega è uno dei problemi.
Ndc bussa alle porte del Pd nella sua Cam­pa­nia. Finirà alleato di Alfano anche lì?
Non credo ci siano le con­di­zioni: lì Ndc è orga­nico alla coa­li­zione di Caldoro.
Voterà sì a una mano­vra molto cri­ti­cata dalla sini­stra Pd, e che aumenta le tasse e pena­lizza i pensionati?
Che aumenti le tasse è discu­ti­bile. L’investimento di due miliardi per detas­sare le nuove occu­pa­zioni sta­bili è quello che chie­de­vamo in que­sti anni. Il segno espan­sivo è dato dal fatto che si arriva al 2,9 per cento: un para­me­tro ottuso, del quale que­sto governo non si mette in osse­quioso rispetto.
Renzi non mette in discus­sione i para­me­tri euro­pei. E il Pd ha votato il pareg­gio di bilan­cio in Costi­tu­zione. Lei era contrario.
Il Pd lo votò all’unanimità, all’epoca la sini­stra interna non fece una piega. Renzi per la prima volta mette in discus­sione alcuni com­por­ta­menti dell’Europa. Per le regole c’è biso­gno di un’alleanza inter­na­zio­nale. E la sini­stra fran­cese, quella che accusa Valls di essere mode­rato, vuole l’asse con Renzi
In Sel difen­deva i pic­coli par­titi can­cel­lati dall’Italicum. Lo farà ancora?
Certo. Il diritto non è dei pic­coli par­titi ma quello dei cit­ta­dini alla rappresentanza.
Andrà alla Leo­polda o dalla Cgil?
Led ade­ri­sce alla mani­fe­sta­zione Cgil. Ma la mani­fe­sta­zione dovrà essere molto uni­ta­ria, e sic­come io sono impe­gnato per­so­nal­mente in que­sto pas­sag­gio poli­tico, non andrò, per evi­tare che la mia pre­senza sia un ele­mento diviso. Andrò alla Leopolda.
Sul caso Sha­la­bayeva ha chie­sto le dimis­sioni di Alfano. Ora è il suo ministro.
Le chie­de­rei di nuovo. Non mi piace quell’Alfano, né quello con­tro la tra­scri­zione dei matri­moni gay. Invece ho sem­pre rite­nuto posi­tiva quello di Mare Nostrum.
I suoi ex com­pa­gni di Sel fanno appello alla sini­stra Pd per una coa­li­zione dei diritti.
Ho sem­pre pen­sato che ci sia molto spa­zio a sini­stra, ma va col­ti­vato con coe­renza. Oggi chi pro­pone una sini­stra di governo deve entrare nel Pd. Chi pensa a una sini­stra alter­na­tiva ha un campo impor­tante, anche buone occa­sioni elet­to­rali. È l’ambiguità che non fun­ziona, l’immagine dell’anguilla.
Da quando la pensa così?
Da sem­pre. Sono sem­pre stato leale a Sel e per que­sto ho spesso atte­nuato le mie opi­nioni. Ho aper­ta­mente soste­nuto che ci saremmo dovuti fon­dere nel Pd in pros­si­mità della coa­li­zione Ita­lia bene comune. Ma all’epoca la diri­genza Pd ragio­nava in uno schema coa­li­zio­nale. Sel era il par­tito della sini­stra di governo che stava nel socia­li­smo euro­peo. Io non ho cam­biato idea.
A Renzi piace Blair. A lei?
No. E di lui soprat­tutto non dimen­tico la guerra in Iraq.

Gennaro Migliore
Il fuoriuscito di Sel che ha preferito Firenze “A San Giovanni potrei starci anche io ma in questa fase era giusto andare da Matteo”di Tommaso Ciriaco Repubblica 25.10.14
ROMA In linea d’aria piazza San Giovanni dista 231 chilometri dalla ex stazione Leopolda. Politicamente, molto di più. Gennaro Migliore, un passato tra Prc e Sel, un presente nel Pd, ha scelto la kermesse renziana. «Sì — risponde al telefono — sono a Firenze. Ma lascerei da parte visioni manichee, eviterei la contrapposizione. Semplicemente, ho già organizzato la “Fonderia delle idee” e lavoro per la moltiplicazione del dibattito politico» La provoco: preferisce Renzi alla piazza romana. La “sua” piazza, fino a ieri.
«Non mi provoca, perché per me quella piazza deve avere il massimo successo. Come Led abbiamo aderito, siamo convinti della necessità del dialogo con le ragioni dei lavoratori. È indispensabile nella dialettica democratica del Paese».
Resta la scelta: in queste ore lei è alla Leopolda.
«Io in quella piazza ci potrei stare, è possibile che ci stia prossimamente. In questa fase così delicata di transizione, di passaggio, era giusto essere qui alla Leopolda».
A Roma ci sarà la minoranza del Pd. Contro il premier.
«Per discrezione non entro in una dialettica stratificata nei mesi e negli anni, che precede il mio approdo nel Pd».
Per Renzi la protesta è sindacale, ma anche politica.
«Molto dipenderà dagli organizzatori. Una piazza sindacale è dei lavoratori e, come tale, è una ricchezza».
La piattaforma è molto dura con Palazzo Chigi.
«Credo sia giusto fare di tutto per ascoltare fino in fondo queste obiezioni, anche le più critiche, e poi decidere di procedere con le riforme. Per migliorare una delega troppo generica molto dipenderà dall’azione del Parlamento. Sull’articolo 18 il documento della direzione del Pd è importante. Le forze politiche e sociali si parlino, senza però rientrare nella dimensione concertativa ».
In piazza ci sarà Sel. Da loro ha ricevuto molte critiche.
«Si parli invece del merito e dei problemi del Paese. Io non polemizzo con gli ex compagni, comunque compagni di sinistra e della mia vita. Ma sui social ho ricevuto attacchi senza motivazioni, ridicoli. C’è chi mi augura addirittura la morte. Chi mi paragona a Razzi e Scilopoti? Una stronzata, una cosa vergognosa».

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