Stenio Solinas
- il Giornale Dom, 19/10/2014
Mary e Martin un amore fatto di gesso
Una coppia separata Un incidente. Racconto inedito di Scott Fitzgerald
FRANCIS SCOTT FITZGERALD Repubblica 31 10 2014
«SECONDO il dottore quanto tempo ci vorrà ancora? », chiese Mary. Con il braccio buono Martin tirò giù il risvolto del lenzuolo, mostrando al centro della corazza di gesso un’apertura quadrata da cui sporgevano l’addome e la parte inferiore del diaframma. Il braccio slogato era ancora bloccato sopra la testa in un saluto involontario. «È un grande passo avanti», le disse. «Ma c’è voluta l’ondata di caldo perché Ottinger si decidesse ad aprire questa finestra. Non posso dire che il panorama sia granché, ma… hai visto che collezione di fili?». «Sì, li ho visti», rispose la moglie, cercando di sembrare divertita. (...) «Scusami», disse. «Dopo due mesi ti viene la psicologia di un dottore. Tutta questa roba mi affascina. Anzi…», aggiunse con una punta di ironia, «in un certo senso sta diventando la mia vita».
Mary si avvicinò, si sedette accanto al letto e lo sollevò, con tutta l’ingessatura, tenendolo tra le sue braccia esili. Martin era capo ingegnere elettrico presso lo studio e quella caduta da dieci metri non gli costava neanche un centesimo in spese sanitarie. Ma questa — e il fatto che la disgrazia li avesse riuniti dopo una separazione di quattro mesi — era l’unica nota positiva.
«Mi sento così vicina», sussurrò lei. «Perfino attraverso questo gesso». «Ti sembra questo il modo di parlare?». «Sì». «Anche secondo me».
Poi Mary si alzò e si ravviò i capelli luminosi allo specchio. Glielo aveva visto fare cinquecento volte, ma d’un tratto vi colse una traccia di lontananza che lo rattristò.
«Che fai stasera?» le chiese. Mary si voltò, quasi sorpresa. «Mi sembra strano che tu me lo chieda ». «Perché? Me lo dici quasi sempre. Tu sei il mio contatto col bel mondo». «Ma a te piace rispettare gli accordi. Erano questi i patti quando abbiamo deciso di vivere separati». «Come sei puntigliosa ».
«No… ma questo era l’accordo. E comunque non faccio nulla. Bieman mi aveva proposto di andare a un’anteprima, ma lui è così noioso. E hanno telefonato quei francesi ».
«Chi dei due?». Lei gli si avvicinò e lo guardò. «Perché, sei geloso? », disse. «La moglie, ovviamente. O meglio, è stato lui, per essere precisi, ma telefonava per conto della moglie… lei ci andrà. Non ti ho mai visto così». (...) «Vado», disse Mary. «Ti porto qualcosa domani? O stasera, se ti senti solo?». «Stasera no, Sai che di sera sono di cattivo umore, e non mi va che fai tutta questa strada due volte al giorno. Vai... e divertiti ». (...) Alle otto e mezza sollevò la cornetta e la chiamò; la linea era occupata, e ancora occupata era alle nove meno un quarto. Alle nove il telefono era staccato; alle nove e un quarto non rispose nessuno e un po’ prima delle nove e mezza la linea risultava di nuovo occupata. Martin si alzò, si infilò lentamente i pantaloni e con l’aiuto di un inserviente indossò una camicia e una giacca. «Vuole che l’accompagni, signor Harris?» domandò l’inserviente. «No, grazie. Di’ al taxi che scendo subito». (...) Alle dieci e mezza Mary, in camicia da notte, era al telefono. «Grazie per la chiamata. Ma, Joris, se proprio vuoi saperlo, ho un mal di testa atroce. Me ne vado a letto». (...) Si interruppe. Aveva sentito un rumore, qualcosa di pesante che scricchiolava contro la porta del suo appartamento. Poi tre insolite e brevi scampanellate. «C’è qualcuno… chiamami domani mattina» disse. Riagganciò in tutta fretta e si infilò la vestaglia.
Una volta alla porta disse con cautela: «Chi è?». Nessuna risposta, solo un rumore ancora più forte — un corpo umano che scivola a terra. «Chi è?». (...) Stavolta riconobbe qualcosa, in seguito non avrebbe saputo dire cosa — la posizione del braccio per terra, un pezzo dell’ingessatura —, ma fu abbastanza per farle aprire immediatamente la porta e chinarsi accanto a Martin. «Chiama il dottore », sussurrò lui. «Caduto per le scale… rotto…». Mentre Mary si precipitava al telefono, Martin chiuse gli occhi. Dottore e ambulanza arrivarono insieme. Quello che Martin aveva fatto era piuttosto semplice, un piccolo capolavoro di sfortuna. Era inciampato sulla prima rampa di scale su cui era salito nelle ultime otto settimane, aveva cercato di reggersi con il braccio ormai inservibile, poi era rotolato giù aggrappandosi e tagliandosi sulla ringhiera. Dopodiché si era trascinato per cinque minuti fino alla porta di Mary.
Mary avrebbe voluto gridare «Perché? Perché?», ma non c’era nessuno ad ascoltarla. Martin si risvegliò quando lo avevano già adagiato sulla barella per portarlo in ospedale, sistemare le nuove fratture con una nuova ingessatura e ricominciare tutto da capo. Nel vedere Mary proruppe: «Non venire. Non voglio nessuno intorno quando… quando… dammi la tua parola d’onore che non verrai! ».
L’ortopedico disse che le avrebbe telefonato nel giro di un’ora. E dopo appena cinque minuti Mary rispose al telefono pensando già che fosse lui.
«Non posso parlare, Joris» disse. «C’è stato un incidente orribile... ». «Posso esserti utile?». «Ora è tutto finito. Era mio marito che...». D’un tratto Mary si rese conto che tutto voleva tranne che aspettare da sola le notizie dall’ospedale. «Va bene, vieni» disse. «Mi puoi accompagnare là se hanno bisogno di me».
Rimase seduta accanto al telefono ad aspettarlo e, quando suonò il campanello, scattò in piedi gridando: «Perché? perché?» scoppiò a piangere. Mezz’ora dopo arrivò la notizia che la spalla di Martin era stata di nuovo curata, e che lui dormiva sotto l’effetto dell’etilene e non si sarebbe svegliato prima del mattino seguente. Joris Deglen fu molto dolce, le fece stendere le gambe sul divano, le sistemò un cuscino dietro le spalle e rispose ai suoi incessanti «Perché?» dando ogni volta una spiegazione diversa: Martin aveva avuto un momento di delirio; si era sentito solo; finché, a un certo punto, disse la verità che aveva compreso da tempo: Martin era geloso.
«È stato questo», disse Mary, con amarezza. «Dovevamo essere liberi, solo che io non ero libera. Potevo solo agire di nascosto, alle sue spalle».
Adesso lo era, però, libera come l’aria. E più tardi, quando lui disse che non se ne sarebbe andato ma che sarebbe rimasto seduto in soggiorno a leggere finché lei non si fosse calmata, Mary andò in camera sua con le idee chiare come il cielo del mattino. Quella sera, dopo che si fu spogliata per la seconda volta, si fermò per qualche istante davanti allo specchio a sistemarsi i capelli e a sgombrare la mente da qualunque pensiero che riguardasse Martin, se non che stava dormendo e al momento non provava dolore. Poi aprì la porta della camera e, attraverso il corridoio, disse a gran voce verso il soggiorno: «Vuoi venire a darmi la buonanotte?».
Traduzione di Roberto Serrai © RIPRODUZIONE RISERVATA Il testo di Francis Scott Fitzgerald che in parte anticipiamo, Scolpito nel gesso, è inedito in Italia e compare ora in Fuori dai giochi
Massimiliano Castellani Avvenire 12 novembre 2014
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