venerdì 24 ottobre 2014

La cultura italiana del dopoguerra nei ricordi di Corradi Stajano

Destini. Testimonianze di un mondo perduto
Corrado Stajano: Destini. Testimonianze di un mondo perduto, Archinto

Risvolto

"'Destini' di Corrado Stajano è una raccolta di scritti su personaggi che l'autore ha incontrato nel corso della sua vita e che hanno in qualche modo segnato il percorso sociale e culturale italiano. Dal grande banchiere al militante rivoluzionarlo al regista al frate ribelle allo scrittore, una serie di ritratti di uomini (famosi e non) che hanno contribuito a creare un'immagine migliore del nostro paese: con la scrittura sobria e secca che lo caratterizza, l'autore di 'Un eroe borghese' ci offre uno spaccato della vita italiana del secolo scorso raccontata con profonda sensibilità e conoscenza, senza tralasciare l'umanità semplice del 'mondo degli umili'". 


Corrado Stajano e i «maestri» dimenticati di un paese 
Memoria. «Ricordi», alcuni dei protagonisti della storia italiana ritratti da Corrado Stajano 

Niccolò Nisivoccia, il Maniefsto 24.10.2014 


Destini è il titolo del nuovo libro di Cor­rado Sta­jano (Archinto, pp. 182, euro 15). È un libro magni­fico: una rac­colta di dicias­sette ritratti di uomini della cul­tura ita­liana del Nove­cento, chiusa da un capi­tolo dove invece a venir rac­con­tata non è la sto­ria di una per­sona ma quella di una tova­glia di lino bianco, sulla quale per molti anni, dal 1915 al 1947, Giu­seppe Anto­nio Bor­gese e sua moglie Maria invi­ta­rono tutti i loro ospiti, «in segno di ami­ci­zia, a scri­vere con un lapis la pro­pria firma». Oggi quella tova­glia è appesa a una parete della casa dello stesso Sta­jano e di sua moglie Gio­vanna, nipote di Giu­seppe Anto­nio (una donna bella, intel­li­gente, autrice di foto che rap­pre­sen­tano a loro volta testi­mo­nianze impor­tanti del Nove­cento); e forse, attra­verso le cen­ti­naia di nomi che vi sono impressi (da Tagore a Zweig, da Mari­netti, a Croce, da Mus­so­lini a Vit­to­rio Ema­nuele, a De Gasperi), «è ancora più illu­mi­nante delle altre sto­rie di vita di que­ste pagine e fa capire come sono miste­riosi i destini degli uomini, coi loro desi­deri, spe­ranze, scon­fitte».
I destini sono dun­que i pro­ta­go­ni­sti della rac­colta, come lo sono sem­pre nei libri di Sta­jano. Lui per primo ne è con­sa­pe­vole, e ne dà atto nella pre­fa­zione, e altri del resto lo hanno già notato, da ultimo ad esem­pio Paolo Di Ste­fano. È pro­prio così: da sem­pre Sta­jano rac­conta le vite dei sin­goli, e da sem­pre lo fa a par­tire dai par­ti­co­lari e dai luo­ghi, per­ché sono i par­ti­co­lari a rive­lare le per­sone, men­tre i luo­ghi in cui vivono, nei loro carat­teri quasi antro­po­lo­gici, aiu­tano a descri­verle, a fis­sarle nel tempo e nel con­te­sto.
Basti pen­sare, quanto ai luo­ghi, alla descri­zione, nel memo­ra­bile Sov­ver­sivo, delle strade di Pisa lungo le quali, nel 1972, l’anarchico Franco Seran­tini venne ucciso dalla poli­zia durante uno scon­tro di piazza; o all’avvocato Gior­gio Ambro­soli, che Un eroe bor­ghese ini­zia a raf­fi­gu­rarci attra­verso la descri­zione dei locali di una trat­to­ria del quar­tiere di Milano dove abi­tava. Oppure si pensi, quanto ai par­ti­co­lari, a Giu­seppe Fiori (ma il suo vero nome era Pep­pino), gior­na­li­sta e scrit­tore, autore di Una vita di Anto­nio Gram­sci che nel 1966, quando venne pub­bli­cata, aveva rivo­lu­zio­nato «tutto quanto era noto del poli­tico e pen­sa­tore sardo». Nell’amorevole e splen­dido capi­tolo che Destini gli dedica, Fiori sem­bra sve­lato nella sua essenza – di «quel che vera­mente era, una spe­cie di pastore sardo, solo un po’ moder­niz­zato» e «senza fin­zioni – attra­verso quel suo giac­cone sfo­de­rato d’agnello un po’ sfor­mato per­ché cac­ciava là den­tro tutto quanto gli capi­tava in mano». «Sta­jano è grande soprat­tutto come scrit­tore», ha scritto Cesare Segre, ma «il soprat­tutto non esclude affatto le altre qua­lità; al con­tra­rio, può aiu­tare a met­terle meglio in luce».
Chi sono i pro­ta­go­ni­sti dei ritratti di Destini, e cosa li acco­muna, se qual­cosa li acco­muna? Sono, oltre a Giu­seppe Fiori e alla tova­glia di lino della fami­glia Bor­gese, Paolo Vol­poni, Danilo Mon­taldi, Tiziano Ter­zani, Clau­dio Magris, Ago­stino Richelmy, Alberto Caval­lari, Ermanno Olmi, Save­rio Tutino, Padre Turoldo, Cesare Cases, Gior­gio Man­zini, Giu­lio Einaudi, Vin­cenzo Con­solo, Romano Bilen­chi, Franco Caval­lone e Raf­faele Mat­tioli. Gior­na­li­sti, scrit­tori, poeti. Un edi­tore (Einaudi), un ban­chiere che però era anche un edi­tore (Mat­tioli), un notaio che però tra­du­ceva anche i Pea­nuts di Linus e che aveva fon­dato una libre­ria (Caval­lone), un prete che però era anche un poeta (Padre Turoldo). Una comu­nità di vivi e di morti, come direbbe Gio­vanni Raboni; alcuni cele­bri, altri per­lo­più dimen­ti­cati. Ma tutti espres­sione di un’Italia colta e civile e tutti mae­stri, nei loro campi; e soprat­tutto, per usare le parole usate alcuni anni fa dallo stesso Sta­jano nell’introduzione di un altro suo libro che di Destini è parente stretto, Mae­stri e infe­deli, tutti «infe­deli rispetto al tempo sto­rico in cui hanno vis­suto, ano­mali, disub­bi­dienti, non con­for­mi­sti, ribelli, ere­tici» (Mae­stri e infe­deli con­te­neva bio­gra­fie in forma di inter­vi­ste, Destini in forma di rac­conti).
Anche Cor­rado Sta­jano è mae­stro e infe­dele, un testi­mone della Sto­ria: della Sto­ria intesa come memo­ria, nella quale le gesta dei re devono con­tare tanto quanto i pen­sieri e le azioni dei mura­tori che costrui­rono Tebe, come gli rispose una volta Carlo Ginz­burg in un’intervista. Sta­jano col­tiva que­sta mede­sima acce­zione della Sto­ria: nei suoi libri i potenti con­vi­vono con gli umili, e non esi­ste dif­fe­renza fra indi­vi­dui e col­let­ti­vità, per­ché gli uni sono iscritti nell’altra, umili o potenti che siano. Destini lo con­ferma, per­ché ciò che in defi­ni­tiva emerge dalle schegge che con­tiene è il ritratto di un secolo tout court.

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